Scrivere è sempre nascondere qualcosa, in modo che poi venga scoperto.

- Italo Calvino -

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17.12.10

Da leccarsi i baffi

La pasticceria Da leccarsi i baffi vanta una tradizione centenaria. Il nonno del nonno, del nonno di Pinot la aprì nel centro di Risone tanto e tanto tempo fa e oggi, all'interno della vetrinetta all'ingresso, si può ancora osservare il massiccio libro di ricette scritto a mano in bella calligrafia dall'avo di Pinot, il sig. Chardonnay. Da generazioni, Pinot e Chardonnay erano gli unici nomi ammessi per i primogeniti maschi di famiglia!
Ma torniamo alla pasticceria. Il negozio si trova sulla piazza principale di Risone, proprio di fronte al mercato dei fiori. Ogni giorno, la vecchia serranda verde bosco viene alzata alle 4.00 e una lucina si accende. Il cartello sulla porta rimane su "chiuso" fino alle 8.00, quando Pinot apre la sua pasticceria ai clienti e programma tutte le consegne a domicilio, da affidare a Marcel, il suo fidato collaboratore. Marcel è un ometto bassotto, con sottilissimi baffetti neri e ciglia foltissime. Quando è al lavoro, l'uomo indossa una salopette blu navy con un dolcevita in lana rossa, "per proteggere la gola!".
Ci sono quattro ordini quotidiani da consegnare a domicilio. La Signora Quoqui, una contessa decaduta e quindi abbandonata dalle amicizie snob, ma molto ricercata fra gli arrampicatori sociali di zona. Non rinuncerebbe mai ai suoi croissant freschi e appena sfornati! La sua famiglia ordina i cornetti da generazioni e ovviamente sempre e solo quelli di Da leccarsi i baffi. Nel corso delle diverse generazioni della famiglia Quoqui, l'ordine è andato scalando di numero, ma nessuno dei membri di questo rinomato blasone rinuncerebbe al piacere di ricevere il pacchettino di carta rosa antico, richiusa dall'inconfondibile nastro in raso marrone. La seconda consegna è un bell'impiccio per il signor Marcel, perché la famiglia Peu vive ai confini estremi del paesino, in mezzo ai campi di lavanda, dove la nebbia si alza piuttosto spesso. La signora Peu ordina sempre quattro cornetti alla marmellata, uno al cioccolato, uno alla crema, due pere e cioccolato, uno con la pasta di mandorle e altri due, di farina integrale. Ebbene sì, i piccoli Peu sono in nove e presto diventeranno dieci! Da quando è in dolce attesa, la signora Peu ha molto appetito, tanto che i due cornetti di farina integrale e marmellata ai mirtilli sono soltanto per lei; al contrario, suo marito Pierre non può gustare nessuno dei dolcetti, viste le sue innumerevoli intolleranze alimentari e allergie. La terza consegna riporta il signor Marcel in centro, si tratta infatti dell'ufficio postale, dove le cinque impiegate ricevono ogni giorno i loro cinque bomboloni alla crema, da abbinare al caffè fumante del bar all'incrocio. Infine, l'ultima consegna. In realtà non si tratta di un vero e proprio cliente, ma una sorta di "voto" rispettato e onorato da ogni generazione della famiglia di pasticceri. Dodici cornetti vengono trasportati, all'interno di una grande scatola in cartone, fino all'orfanotrofio della città, dove vengono distribuiti a tutti gli ospiti. I bimbi accolgono l'arrivo del furgoncino rosso, correndogli incontro festosi. Risantine e gridolii, un vociare allegro che forma un gran baccano per le orecchie stanche e vecchie del signor Marcel! Si racconta che questa tradizione sia stata inaugurato dal signor Chardonnay in persona, il fondatore dell'antica pasticceria. Sembra infatti, che i genitori naturali del bimbo Chardonnay lo abbiano affidato alle cure benevole delle Sorelle della Carità, che ancora oggi si occupano degli orfanelli. Un destino che ha reso possibile la sua ascesa nell'Olimpo della pasticceria! Il suo babbo adottivo aveva infatti un forno, dove il bimbo imparò l'arte degli impasti e dove sperimentò nuove ricette, ottenendo leccornie senza pari. Schernito dai compagni per il suo passatempo culinario e quindi troppo femminile, Chardonnay continuò convinto per la sua strada, ottenendo riconoscimenti, premi e attestati; la sua fama superava di gran lunga il chiacchiericcio dei suoi compagni di scuola! Così, dopo un'intera vita passata a preparare torte a più piani, a mescolare con cura la Crème Chantilly, a decorare pazientemente le minuscole paste con la sua sac à poche, Chardonnay divenne una leggenda dei dolciumi, un marchio di qualità ed esclusività, richiamando l'attenzione di importanti critici culinari da tutto il mondo. Il suo personalissimo manuale di ricette contiene anche un consiglio per i suoi discendenti e per tutti i visitatori del suo regno: "Les mots de l'envie sont pour le vent, mais fixe-tu tes rêves avec ton coeur!" che significa: Le parole dell'invidia sono per il vento, ma fissa con il cuore i tuoi sogni!"

14.12.10

La calma e la fretta

Romano è molto curioso. Trascorre la maggior parte delle sue giornate appollaiato alla finestra del suo appartamento, osservando la strada, la gente, le auto, il vigile che mette le multe, Callisto che porta via la spazzatura e i capricci dei bambini, che si fanno trascinare urlando a squarciagola. Anche oggi è possibile intravederlo dal viale degli Ippocastani, mentre guarda dall'alto in basso la vita del paesello. Sembra che sia particolarmente attirato dalla signora Mariolina, la quale, con non troppa eleganza, sta cercando disperatamente di pulire la suola del suo stivaletto in camoscio, rovinosamente finito sulla cacca di Attila, l'American Staffordshire del fruttivendolo. Sembra quasi che ne sorrida compiaciuto. Romano è un tipo veramente pigro, quindi, quando non curiosa nella vita degli altri, trascorre il suo tempo sulla poltrona in pelle color tabacco dove, una coperta in calda lana bianca è stata posta per accontentare i suoi lussuosi bisogni da viziato. Anche in casa, la sua accidia è silenziosamente fastidiosa. Affondato nella candida coperta, scruta con sguardo inquisitorio i gesti dei suoi famigliari, che accolgono il lavativo, quasi felici di poter gioire della sua pesante presenza in casa.
Quando il pigrone abbandona il suo caldo trono di bambagia, lo fa per un preciso e impellente bisogno, come nutrirsi e andare in bagno. In queste occasioni rarissime, i suoi movimenti sono noiosamente lenti e faticosi, vederlo raggiungere la meta è quasi una liberazione. Un passo e un altro, un altro passo e un altro ancora, uno... due..., uno... due... Tornato alla sua postazione alla finestra, Romano viene attirato dal camioncino della nettezza urbana. L'operatore ecologico indossa una tuta grigia, con catarifrangenti giallo shock, motivo forse dell'interesse suscitato in lui. Proprio mentre l'uomo stava caricando l'ultimo sacco, Callisto compare sul ciglio opposto della strada e preso da uno scatto, comincia a correre e correre con la bocca spalancata in qualche imprecazione. " Che cosa gli passa per la testa? Tutta quella fretta, ma per cosa poi?" pensò Romano flaccidamente. Ed ecco, che affrontata eroicamente la strada e i vari piloti stressati del lunedì mattina, prontamente Callisto afferra il sacco nero del bar e comincia a ricorrere il camioncino della nettezza urbana, ormai avviato verso un nuovo punto di raccolta. Scatto, corsa, devia la signora Mariolina, dribbla l'aiuola, scavalca Attila, sorpassa il Michelino con il monopattino, raggiunge Miscell, la ragazza dell'edicola (un pensiero di Romano si sofferma su quel nome, sull'atrocità di quell'ortografia e un lungo sospiro di sollievo sbuffa via quel pensiero), scivola sulla lastra di ghiaccio rimasta dall'ultima nevicata ed ecco, lancia il sacco nero che svolazza sopra le chiacchiere mattutine del viale e cade nel furgoncino, ignaro del nuovo carico. Callisto è completamente soddisfatto e Romano ridacchia dello spasmo e del rossore del maldestro barista.
Uno scrosciante rumore distoglie gli occhioni di Romano dalla scena, richiamandolo a una necessità ancora più forte della sua curiosità: l'appetito. Sono le crocchette dentro alla loro busta ermetica che, in un tintinnio croccante, stanno ricadendo nella ciotola! Romano sfodera il suo passo più veloce e con la sua andatura, raggiunge la sua ciotola con la coda dritta e sollevata, leccandosi i baffi per il prossimo spuntino.

7.12.10

Aspettando il Natale...

In una fredda notte di un dicembre lontano, una piccola luce si accendeva ogni sera alla stessa ora, nella casa bianca alle porte del paesino. Dalla finestrella, si poteva scorgere un tavolino di legno, illuminato da una candela mezza consumata, dove un bimbo con il cappotto scriveva su un foglio. Nella cameretta non si scorgeva altro che un letto sbilenco, con una coperta rattoppata di pezze smunte e irregolari, da cui sbucava un minuscolo orso di panno: Miro. Il bimbo scriveva con cura, seguendo le righe stampate sul foglio, quando una donna entrò nella stanza, gli diede un soffice bacio sul piccolo naso arrossato, ripose la penna nell'astuccio in legno e rimboccò la vecchia coperta al bimbo, che prima di mettersi a letto con il suo cappotto marrone e con Miro, invitò la mamma a pregare con lui. La finestrella diventò subito nera e la porta si richiuse piano, lasciando una sottile fessura di luce gialla lungo il pavimento.
Gli occhi del bimbo con il cappotto si abbandonarono a un sonno tranquillo, pieno di sogni e Miro, sicuro che il suo padroncino fosse ormai addormentato, sgattaiolò fuori dalla coperta e con mille e un passettino raggiunse il tavolino, sedendosi sul foglio a righe. Dalla finestra filtrava qualche raggio di luna, accentuato dai riflessi luminosi della neve, permettendo a Miro di leggere quanto appena scritto dal bimbo con il cappotto...

Caro babbo, 
è tanto bello questo dicembre qui a casa! Gli alberi del vialetto sono pieni di neve e si può scivolare sul ghiaccio. La mamma mi ha cucito dei guanti bellissimi: sono di tutti i colori e non sento quasi freddo. Vorrei tanto che tu fossi qui, per giocare con te a palle di neve e far crescere un grande pupazzo nel parco vicino alla scuola. Presto scriverò la mia letterina e so già cosa desidero! Chiederò di farti tornare dalla guerra e restare sempre con noi!
Se la mamma avrà i soldini per il francobollo, presto ti manderò questa lettera. Ti voglio tanto bene. 


Miro tirò su con il naso cucito di filo nero. Il suo padroncino aveva bisogno del suo aiuto. Un guizzo di luce rosata brillò nella cameretta e una piccola stella si posò sul tavolino, davanti a Miro. - Ciao Miro, che cosa posso fare per te? - chiese gentilmente la stellina. Miro spiegò all'amica la situazione e la stella ascoltò attentamente, fino a quando prese a brillare ancora più forte, illuminando ogni angolo buio della cameretta e facendo luce anche giù in strada. Veloce come un lampo, la stella schizzò fuori dalla finestra, sotto lo sguardo vigile del gattone del vicino, che seguì il bagliore con i suoi grandi occhi gialli e furbi. Il bimbo dormiva con il suo cappotto, stringendo un lembo della coperta, a cui Miro si sostituì gentilmente, con un gesto impercettibile. La notte piano piano ritirò il suo mantello dai tetti, dalle strade e dagli alberi intorpiditi dal gelo e sbiancati da una leggera coltre di neve, che continuava a cadere dal cielo sempre più chiaro.
Il mattino salutò il paesino con un freddo pungente, nel giorno della Vigilia di Natale. Il bimbo con il cappotto schiuse gli occhi, quando la voce della mamma arrivò fino alla sua cameretta. Un sorriso grande illuminò il suo faccino pallido alla vista della neve e dopo essersi lavato, prese il latte bollito sulla stufa con la mamma. Riordinato il suo letto, prese a disegnare con qualche pastello il suo foglio a righe e lo ripiegò con cura. Portato il foglio alla mamma, le chiese di inviarlo al babbo, ma la donna, con uno sguardo affranto, spiegò al bimbo che i pochi soldini rimasti erano serviti a pagare la mezza gallina per il giorno di Natale, quando sarebbe arrivata anche la nonna a pranzare con loro. Il bimbo rispose con un sorriso, per non rattristare la mamma e riportò la letterina nella sua camera, affidandola alle braccia pelose di Miro, per poi ritornare in cucina. L'orsetto, solo sul letto, sorrise compiaciuto...
Il giorno di Natale, la stufa sbuffava, i letti erano già tutti fatti e la povera tavola era pronta, decorata con qualche ramo di pino, delle pigne e una bella candela bianca. La nonna era arrivata portando un cesto di mandarini per il suo bel nipotino, delle bianche patate bollite per il pranzo e uno scialle azzurro per la mamma. Era tutto pronto e anche Miro era invitato a tavola! Quando tutti stavano prendendo posto, bussarono alla porta. Le facce sorprese si guardarono e il bimbo corse alla porta spalancandola, scoprendo il suo regalo tanto aspettato: "Sono a casa piccolo mio e non andrò mai più via!".

Quand le chat dort, les souris dansent

Carissime amiche,
ho pensato di accogliervi nella mia casetta, con la frase che trovate anche all'ingresso della mia casa "reale" e più precisamente sul mio zerbino (che il mio ragazzo non ha particolarmente gradito -.-).
Spero che nel mio monolocale componibile, possiate trovare qualcosa di interessante, altrimenti lasciatemi un commento... ^.^

Bacio