Scrivere è sempre nascondere qualcosa, in modo che poi venga scoperto.

- Italo Calvino -

Pagine

12.10.16

IMS16: Nives e Romano, insieme si scala ogni montagna



C’era una volta una grande montagna candida e tranquilla.
Se ne stava appollaiata tra il Nepal e l’India e trascorreva la maggior parte del suo tempo, sorseggiando te di Darjeeling. Da lontano, in una piccola casa vicino alle Alpi Giulie, qualcuno sogna di conquistarne la vetta…

Inizia così la storia di Nives e Romano, una coppia di alpinisti che non ha perso la loro curiosità infantile diventando grandi.
Le loro avventure sulle montagne più alte del mondo hanno reso Nives una delle poche donne alla conquista delle 14 vette che superano gli 8000 m sul livello del mare. Le loro ascese sono in stile alpino, cioè senza l’uso di ossigeno – a simili altitudini l’aria è povera di questo componente essenziale al corpo umano, quindi si fa molta più fatica a fare qualsiasi cosa – e senza servirsi di portatori, vale a dire persone del posto, pagate per il trasporto dei materiali e dei bagagli.

Si tratta di Nives e Romano, una coppia di alpinisti che, giorno dopo giorno, sognano la vetta della montagna, risparmiando il denaro necessario per il lungo viaggio, i permessi per la salita e tutto il costoso materiale per affrontare una montagna così grande. Il Kangchenjunga resta impassibile, incurante dei piccoli progetti degli umani. Finalmente, Nives e Romano possono fissare la data per la salita e partire per il loro viaggio di scoperta e conquista.

Romano, guida alpina, ma soprattutto traino della cordata – il gruppo di alpinisti che affronta insieme un’ascesa – durante la salita è costretto a fermarsi: non si sente bene. Nives, ormai vicina a completare tutte le salite delle montagne più alte come prima donna, decide di rinunciare alla vetta e restare con lui. Nives non rinuncia a una semplice cima, ma a un record e a tutti i benefici che questo potrebbe significare.

La storia di Nives e Romano insegna il valore della pazienza, così come dell’amicizia. Più della fama, della gloria, per Nives conta il bene che vuole a Romano. Per lei è più importante salire insieme, piuttosto che salire e basta. Saper aspettare non è facile, ma lei sa che iI Kangchenjunga resta lì e li attenderà al prossimo tentativo. Tuttavia, essere così vicini  alla vetta e rinunciare costa tanta fatica e questa prova, più di tutte le altre scalate, dimostra la forza interiore di questa donna. 
Nives sa aspettare e rispettare il suo compagno di avventura e questo li ripagherà: torneranno dalla montagna il 17 maggio 2014 e raggiungeranno la vetta insieme, come hanno sempre fatto. 



IMS.Youth.camp ha raccontato questa storia a 1.500 studenti delle scuola primaria e secondaria della zona di Euregio, nel contesto dell’edizione 2016 dell’International Mountain Summit. Il tema di questa edizione affronta il rapporto tra uomo e montagna, intesa anche come montagna interiore. Malattia e rinuncia divengono quindi centrali e motivo di riflessione per i ragazzi coinvolti in questa esperienza e chiamati a confrontarsi sui propri obiettivi e sul superamento dei loro limiti interiori. 

La storia di Nives e Romano è raccontata nell'appassionante libro di Nives Meroi Non ti farò aspettare






7.10.16

Compito: disegna una montagna

Un giorno la maestra ci chiese di disegnare una bella MONTAGNA con un paesaggio alpino. 

Contento, presi carta e matita, ispirato dalla gita con mamma e papà della domenica prima. Sul sentiero avevo visto tantissimi alberi di forme diverse e sul sentiero era bellissimo affondare i piedi nei mucchi di FOGLIE colorate e scricchiolanti. Per una volta, sapevo benissimo cosa disegnare. 

Dopo aver tracciato i profili della mia montagna e qualche ciuffo d'erba annoiato e ingiallito, aggiunsi una bella casetta di pietra grigia e sopra scrissi il nome del rifugio

Sulla cima più alta delle 7 vette principali della mia montagna, disegnai un cartello con scritto "1875", l'altezza esatta dove era posta la croce che avevo conquistato con un po' di capricci, ma vi assicuro, anche tanta FATICA. 

Cominciai a colorare il mio disegno di arancione, GIALLO, rossiccio e anche marroncino chiaro e nocciola. 

Soddisfatto, consegnai il mio disegno alla maestra che mi guardò storto, dietro un paio di occhiali talmente spessi da deFoRMaRe i suoi piccoli occhi marroni. Mi disse di non scherzare e di rifare il disegno. E di usare il verde, perché la natura è di quel colore. 
Il Resegon - grande sega - una grande montagna che
divide le valli lecchesi e bergamasche alle sue pendici.

Io NON SCHERZAVO affatto. Durante l'intervallo restai al mio banco e la maestra ERSILIA, che aveva un grembiule bianco con disegnato sopra un asino che portava in groppa un cane con sopra un gatto con un gallo sul dorso, mi chiese cosa non andasse. Le mostrai il disegno e lei esclamò: "GENIALE!" 

Appese il disegno all'ingresso, accanto alla targa della scuola. Qualche giorno dopo, lo mandò persino a un concorso di disegno del CAI. Vinsi il secondo premio e fu uno dei giorni più belli di tutta la scuola! 

Morale: mai fidarsi del giudizio di chi ha gli occhi troppo piccoli. Corrispondono ai loro occhi del CUORE. 
Premio di Orsetti gommosi per la conquista del Resegone

1.10.16

Le montagne nascono d'inverno


C’era una volta, tanto tempo fa, una grande, immensa, sconfinata terra pianeggiante, coltivata a granoturco. File e file di piantine ordinate se ne stavano come in coda per kilometri, fino a dove lo sguardo poteva immaginare l’orizzonte, il posto in cui il sole se ne andava a dormire ogni sera, dopo aver messo il pigiama. 

Quella distesa di terra brulla si nutriva dei caldi raggi del sole, gustandone la luce con pacata lentezza, per non perdere alcun beneficio. Un calmo pasto da consumare per tutto il giorno, fino al tramonto. Tutto quel sole metteva però una gran sete alla terra piatta del campo di granoturco, costringendola a cercare con affanno un po’ di gocce giù e ancor più giù in profondità, sotto le tane buie dei conigli, oltre i depositi di sabbia o argilla, là dove la terra è scura e bagnata. 

Poi, a volte, un fresco temporale dissetava tutto il grande campo. La terra piatta si chiedeva spesso da dove arrivasse tutta quell’acqua un po’ salata e così buona, che viaggiava su vagoni di nuvole grigie e stanche. Le instancabili viaggiatrici del cielo arrivavano compatte e basse e la terra sapeva che di lì a poco la sua sete sarebbe stata placata dal generoso regalo delle amiche di lassù, che raccontavano sempre belle storie, di paesi lontani. 

Spesso, dopo l’andirivieni delle nuvole, arrivava la coltre umida e spessa della nebbia che si accompagnava al primo, temutissimo gelo. Se fosse arrivato troppo presto, il freddo avrebbe messo a dura prova le povere piantine, congelate dalla sua morsa letale. Se fosse arrivato per tempo, il raccolto sarebbe già stato compiuto e il campo avrebbe potuto addormentarsi tranquillo, sotto una morbida coperta di neve bianca. 

La terra piatta poteva allora dormire, riposare e crescere un poco. Perché si sa, le terre piatte sono come i cuccioli che durante il sonno crescono. Così, ogni inverno, la terra piatta del campo cresceva e ogni anno, il suo sguardo poteva arrivare più lontano, vedere le nuvole arrivare dal mare e riposare più a lungo. Mano a mano che si alzava di statura, l’inverno si allungava e nel suo riposo, la terra cresceva compiaciuta. 

Durante le tiepidi estati, la terra non soffriva quasi più la sete, ma si divertiva con il solletico delle mucche e degli alpinisti che la scalavano con grande impegno. La sua erba diveniva più buona, il granoturco cresceva ancora e la terra che era piatta diventava a punta, come un grande triangolo che nascondeva il sole mentre si metteva in pigiama.

Un giorno d’inverno, una bambina guarda la montagna davanti alla sua casa, mentre la mamma le pettina i lunghi capelli biondi prima di andare a scuola. 

“Mamma guarda! La montagna è cresciuta rispetto allo scorso anno!” E la montagna, già protetta dalla prima e ancor leggera coperta di neve, sorrise.