Scrivere è sempre nascondere qualcosa, in modo che poi venga scoperto.

- Italo Calvino -

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31.1.18

Piccola storia di gennaio: Carona



Da http://forum.valbrembanaweb.com/
"Ciaspolata notturna nel Borgo di Pagliari" di IW2LBR. 

Un piccolo lago incastonato fra le rocce antiche di una stretta vallata. Attorno, i pendii ripidi delle montagne - cavalcati soltanto da Abeti, Pini e Larici, le piante più robuste e le sole capaci di affrontare i rigidi inverni - ogni primavera scaricavano le acque gelide dei nevai a fondovalle dove, con il passare del tempo, si formò il piccolo lago. Gelato dall’inverno, il sole d’agosto non riusciva a penetrarne le profondità, così che le sue acque restassero sempre pungenti.
Attorno al piccolo lago, una manciata di case, con pesanti tetti in ardesia da cui sbuffavano nuvole di fumo, diventarono rifugio per le famiglie di pastori, casari, minatori: la gente ruvida di montagna. I loro mestieri raccontavano di questa gente, ne riempivano e appesantivano le giornate e ne disegnavano pensieri e parole. Il lavoro era prima di tutto, dopo Dio, questo è chiaro. Svettava per questo un campanile, casa sicura per la campana del paese. Un messaggero veloce, puntuale nella comunità, a suon di festa, ma anche a rintocco di morte. La vita trascorreva lenta, nel suo incedere normale, genuino, duro. Non c’era niente, se non duro lavoro e miseria, legna da raccogliere e pascoli da brucare, bestie da mungere e panni da lavare. I grandi pensieri erano lontani da qui, restavano ingarbugliati nelle vette in cima alle montagne, senza poter giungere in paese. La gente si preoccupava di ciò che c’era da fare, senza perdersi in chiacchiere o in altre fantasticherie. I bambini crescevano, a volte morivano e quando potevano, giocavano con qualche ramo, cavalieri di un bosco incantato, di fortini e battaglie, di tempo rubato al lavoro, fra sussurri di piccoli preziosi segreti, mani piene di amarene o nocciole mature, ricchezze di un mondo passato, dimenticato. Ricette antiche, di sapori poveri, ricchi soltanto di tradizione, tramandata di padre in figlio e di madre in figlia. Risorse preziose da far fruttare con la cura di chi non ha niente, con lo sguardo di chi deve provvedere e di chi teme l’inverno e la fame. Un formaggio, una manciata di granoturco, qualche patata per qualche uovo, un po’ di sale e magari un po’ di carne. Niente si butta, tutto ha il suo posto. Oggi una bottega vende la tradizione come vero cibo e i vecchi sorridono, sotto i baffi di chi ha visto tutto, di chi sa e sta zitto. Nella semplicità di ogni giorno, nasceva la sapienza dei vecchi, la loro visione spontanea del mondo e delle cose, i rimedi per i problemi e le preghiere per quelli troppo grandi. Il rispetto per loro era sacro, il loro posto nella comunità prezioso. Il silenzio non era disagio, ma virtù pregiata. L’attesa era paziente, la pretesa bandita.
Il paese si addormenta nella nebbia bassa della sera, mentre il sole lambisce le ultime cime, portando in cielo le preghiere di chi spera. Un piccolo lago, una manciata di case e un pulviscolo di stelle fiorisce piano nella notte gelida.