Scrivere è sempre nascondere qualcosa, in modo che poi venga scoperto.

- Italo Calvino -

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28.2.18

Storia allegra di Febbraio: Valtorta

Mucchi di neve bagnata, ceneri nel vento di lunghe serate d’inverno si alzano dai camini del borgo ancora addormentato, prima che il sole giunga sui tetti e risvegli le case. Sul selciato della piccola via, il prevosto sotto al suo cappello sussurra a memoria le lodi, mentre si affretta per la Messa prima. Una scodella di latte fumante, caldo di legna, qualche tozzo di pane raffermo per poi correre in Chiesa, con lo sguardo basso, con le preghiere sulle labbra, con i peccati da farsi perdonare sul petto. Nelle case, la stufa è già calda, per cuocere la polenta del mezzogiorno e qualche frittella alle mele, che profuma di zucchero le strade, prima del silenzio delle Ceneri. I monelli corrono già sulla piazza, dove un gessetto traccia il loro piccolo mondo. Con un salto si fanno viaggi lontani, a bordo di ali di fantasia, di treni immaginari e carrozze solo pensate. Il cappotto e le calze della festa sembrano sempre troppo corti per riscaldare le gambe arrossate dal freddo gelato, che scappa via dai canaloni sul fianco scuro della montagna, ancora carichi di neve e ghiaccio. Ma la scuola è chiusa e questo scalda più di mille maglioni, il Carnevale è vicino, con i suoi scherzi e i suoi balli. Le maschere attendono pazienti, avvolte in stracci e riposte con cura in cima all’armadio, patria di tarli e nafta, tra ricordi preziosi e povere stoffe, riposte come broccati e sete nei ripiani smangiati. Presto scenderanno per strada, nella musica delle vecchie ballate, nascondendo le fatiche dietro ai loro ghigni, oscureranno i pensieri con i volti esagerati e sfacciati dei diavoli, di bestie di legno e di latta.

Foto: Pagina Facebook Il Carnevale di Valtorta