tag:blogger.com,1999:blog-30466141127190414472024-03-14T09:25:42.199+01:00La Baita di VetroBenvenuti! La Baita di Vetro è il rifugio dopo una lunga camminata, è la tazza fumante di te, la fetta di torta e il piumone piegato sul letto, dopo aver trascorso la serata con il naso all'insù fra le stelle.
Anonymoushttp://www.blogger.com/profile/00757936140595998042noreply@blogger.comBlogger98125tag:blogger.com,1999:blog-3046614112719041447.post-77106472601046547062018-05-26T07:19:00.002+02:002018-05-26T07:28:26.929+02:00Storia devota di Maggio - San Pellegrino Terme<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://www.viverebergamo.it/wp-content/uploads/2018/05/Festa-della-Madonna-di-Caravaggio-San-Pellegrino-Terme.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="465" data-original-width="579" height="320" src="https://www.viverebergamo.it/wp-content/uploads/2018/05/Festa-della-Madonna-di-Caravaggio-San-Pellegrino-Terme.jpg" width="400" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Foto: vivere Bergamo </td></tr>
</tbody></table>
<br />
Lentamente. Così si diffuse l’orrenda notizia, portando con sé paura e sconforto, amarezza e pianto. In tempo di guerra son poche le festanti lettere, le buone novelle e le salde speranze. Son gioie costose, lusso di pochi e sogno di troppi.<br />
<br />
Era ormai il calar della sera e fu il parroco a darne rapporto, con l’animo pesante di chi è pervaso dalla preoccupazione e con lo sguardo nel cielo, di chi si affida a Qualcuno di più grande. Lo disse piano, la voce se l’era portata via il nodo stretto sulla gola. Lo disse lentamente, come se tutti dovessero comprendere. Lo disse con cura, perché certe parole portano il peso profondo di una morte annunciata.<br />
<br />
Eppure, quando la speranza avrebbe dovuto abbandonarli, quando l’abisso pareva sorprenderli, quando tutto sembrava ormai perduto, la piccola comunità non si arrese e raccolse le forze in un piccolo e possente grido di fiducia. Una voce che da fievole preghiera, calata nel vento, si fece più forte, canto di gloria e di supplica da condurre lassù, fra le nubi rosate della sera, dove i putti e gli angeli danno lode al Padre. Piccola condivisa speranza, da portare fino in cielo per chiedere grazia e speranza, per chiedere la vita. La affidarono a Lei, che il peccato degli uomini non aveva conosciuto, perché intercedesse presso il nostro Signore e la fede devota, consacrata in un voto, dette germoglio.<br />
<br />
Santuario di gioia, luogo del cuore, <br />
ogni anno si torna per lodare il Signore. <br />
Un mese di fila, senza perdere sera, <br />
le gente si ritrova raccolta in preghiera. <br />
La dolce Madonna il grido ha ascoltato <br />
e il piccolo paese, dal martirio ha salvato. <br />
Un mese dal voto è festa di Maggio, <br />
del popol fedel e del suo devoto coraggio.Anonymoushttp://www.blogger.com/profile/00757936140595998042noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-3046614112719041447.post-9683543601798743662018-04-28T07:57:00.000+02:002018-04-30T21:41:04.264+02:00Storia chiassosa di Aprile - Zogno<div class="MsoNormal" style="-webkit-text-size-adjust: auto; font-family: Calibri, sans-serif; font-size: 11pt; margin: 0cm 0cm 0.0001pt;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="-webkit-text-size-adjust: auto; font-family: Calibri, sans-serif; font-size: 11pt; margin: 0cm 0cm 0.0001pt;">
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://4.bp.blogspot.com/-NbiLxtQWps4/WudxOegMjgI/AAAAAAAABKI/z4727LZ05PIr2C191fLz5InO8gE6rfEsQCLcBGAs/s1600/IMG_4132.JPG" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="1200" data-original-width="1600" height="480" src="https://4.bp.blogspot.com/-NbiLxtQWps4/WudxOegMjgI/AAAAAAAABKI/z4727LZ05PIr2C191fLz5InO8gE6rfEsQCLcBGAs/s640/IMG_4132.JPG" width="640" /></a></div>
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="-webkit-text-size-adjust: auto; font-family: Calibri, sans-serif; font-size: 11pt; margin: 0cm 0cm 0.0001pt;">
<br />
Aprile è per Zogno e per la tirada di töle, che caccia l’inverno nel fragore<o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="-webkit-text-size-adjust: auto; font-family: Calibri, sans-serif; font-size: 11pt; margin: 0cm 0cm 0.0001pt;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="-webkit-text-size-adjust: auto; font-family: Calibri, sans-serif; font-size: 11pt; margin: 0cm 0cm 0.0001pt;">
E’ già qualche giorno che una cauta primavera muove i suoi passi di bocciolo e tepore, tra scrosci di pioggia e vento frizzante, ancora pregno delle freddi nevi tardive. La luce è tornata e sulla Valle un nuovo entusiasmo si effonde: tutto si muove, tutto si risveglia. Per dare coraggio a questa rinascita pura, la tradizione insegna attraverso i ricordi di coloro che l’oggi non lo tiene a memoria, che si rende necessario far scappare l’inverno, allontanarlo, spaventarlo finché non giunga, di nuovo, il suo tempo di ghiaccio e candido freddo. <o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="-webkit-text-size-adjust: auto; font-family: Calibri, sans-serif; font-size: 11pt; margin: 0cm 0cm 0.0001pt;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="-webkit-text-size-adjust: auto; font-family: Calibri, sans-serif; font-size: 11pt; margin: 0cm 0cm 0.0001pt;">
Il raduno è sul grande piazzale, dove ogni sabato bancarelle vocianti attirano curiosi e perditempo, beffardi monelli e malfidenti comari in cerca di un buon affare. La folla è ammucchiata in un solo e piccolo spicchio, fra le auto di chi ha perso il cammino o forse si è solo fermato per un buon bicchiere di vino. <o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="-webkit-text-size-adjust: auto; font-family: Calibri, sans-serif; font-size: 11pt; margin: 0cm 0cm 0.0001pt;">
Nonni e bambini, figli e fratelli, tutti schierati con armi di filo intrecciato a rottami, scatole vecchie, barili ammaccati chiamati a raccolta per sconfiggere l’esercito di cristallo del Vecchio canuto, ormai ridotto a poltiglia, ma ancor in vigor per soffiare di ghiaccio e gelida meraviglia... <o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="-webkit-text-size-adjust: auto; font-family: Calibri, sans-serif; font-size: 11pt; margin: 0cm 0cm 0.0001pt;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="-webkit-text-size-adjust: auto; font-family: Calibri, sans-serif; font-size: 11pt; margin: 0cm 0cm 0.0001pt;">
Si è pronti! Si parte! <o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="-webkit-text-size-adjust: auto; font-family: Calibri, sans-serif; font-size: 11pt; margin: 0cm 0cm 0.0001pt;">
Il fragore è di tuono, il baccano infernale, <o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="-webkit-text-size-adjust: auto; font-family: Calibri, sans-serif; font-size: 11pt; margin: 0cm 0cm 0.0001pt;">
per le vie del paese non v’è canto dove poter rimediare! <o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="-webkit-text-size-adjust: auto; font-family: Calibri, sans-serif; font-size: 11pt; margin: 0cm 0cm 0.0001pt;">
E’ la voce di festa del popol contadino<o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="-webkit-text-size-adjust: auto; font-family: Calibri, sans-serif; font-size: 11pt; margin: 0cm 0cm 0.0001pt;">
che chiede a quel vecchio di accettar il suo destino. <o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="-webkit-text-size-adjust: auto; font-family: Calibri, sans-serif; font-size: 11pt; margin: 0cm 0cm 0.0001pt;">
Nel cappotto di neve e con il suo sguardo di ghiaccio, <o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="-webkit-text-size-adjust: auto; font-family: Calibri, sans-serif; font-size: 11pt; margin: 0cm 0cm 0.0001pt;">
il vecchio riparte per un viaggio all’addiaccio. <o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="-webkit-text-size-adjust: auto; font-family: Calibri, sans-serif; font-size: 11pt; margin: 0cm 0cm 0.0001pt;">
E se questa battaglia parrebbe una fine, <o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="-webkit-text-size-adjust: auto; font-family: Calibri, sans-serif; font-size: 11pt; margin: 0cm 0cm 0.0001pt;">
della nuova Primavera è solo il giusto confine.</div>
Anonymoushttp://www.blogger.com/profile/00757936140595998042noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-3046614112719041447.post-23601806766070282222018-03-31T00:31:00.004+02:002018-03-31T00:31:56.001+02:00Storia familiare di Marzo: San Giovanni Bianco<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://1.bp.blogspot.com/-KnDL0brjgBs/Wr66dZic84I/AAAAAAAABJg/QsJazDP7aMkh3fOCPKieeqSIyUylWlZugCLcBGAs/s1600/nonno%2Bgiacomo.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="652" data-original-width="960" height="271" src="https://1.bp.blogspot.com/-KnDL0brjgBs/Wr66dZic84I/AAAAAAAABJg/QsJazDP7aMkh3fOCPKieeqSIyUylWlZugCLcBGAs/s400/nonno%2Bgiacomo.jpg" width="400" /></a></div>
<br /><br /><br />Il pentolino del latte con il manico bruciacchiato dalla fretta delle mattine d’inverno era appena stato tolto dal fuoco, per consegnarne il nutriente contenuto all’accogliente tazza colorata. Lui era già sulla porta, appoggiato alla maniglia in ottone, con il suo passo pesante e il suo profumo di colonia antica. Dopo le solite domande sulle scartoffie della bottega, esordì: “N’do a Mesa, dopo rie a to la tüsa”.<br /><br />Il rito perenne della mattina si svolgeva sempre uguale: la porta si apriva in un gesto lento, un “permesso” beffardo e il suo claudicante avanzare per raggiungere l’affaccendarsi giornaliero di mia madre, in modo da accordarsi sulle commissioni della giornata, sulle decisioni grandi da prendere. Non ascoltavo, non capivo, continuando a dedicarmi al mio latte e allo strato di panna da evitare, per non ritrovarlo appiccicato alla superficie liscia dei biscotti. Mi salutava in italiano, con la sua voce gorgogliante, avvisandomi che sarebbe andato a prendere l’auto e che mi avrebbe aspettata di sotto. Con la sufficienza dell’inganno che tutto non sarebbe mai cambiato, annuivo senza entusiasmo, continuando a fissare il mio latte, infranto dall’inzuppare continuo dei biscotti.<br /><br />C’erano poi i giorni di festa, il tempo inderogabile della Messa e il pranzo in famiglia, nonostante tutte le carte, nonostante tutte le preoccupazioni e le liti affogate nei calici di succo d’uva, come lo chiamava lui. Ricorda di santificare le feste. Nel buio della chiesa, nel bisbiglio del confessionale, questo peccato non fu mai pronunciato dalla sua bocca, di questo, ne sono certa. E santificarle, significava anche tramandarne il valore, raccontarne il senso, viverne la gioia.<br /><br />Lo stesso fu quel giorno, quando si festeggiava la Spina. La pioggia di marzo avvolgeva le prime cime attorno a casa in soffici nuvole bianche che pesavano sui grandi come blocchi di marmo pregiato. Nei boschi qualche timido germoglio già si schiudeva, trapuntando il tappeto morbido del sottobosco con preziose gemme di Anemoni e Campanelle, Primule e Muscari. A valle, l’erba tornava brillante, riempiendo di nuova energia i prati radi e ingialliti. L’aria frizzante ricordava che l’inverno lasciava con fatica il suo trono e solo il leggero tepore del meriggio lasciava presagire ciò che il bosco aveva già intuito.<br /><br /><br />Si partiva presto, di buon mattino, per partecipare a Messa prima. I ritardi vezzosi di mia nonna indisponevano la sua impazienza di uomo costantemente attivo, sfogata sul clacson della sua Tipo 1.100 per richiamare all’ordine la compagna di una vita, di investimenti e debiti, di dolore e soddisfazione, di stenti e realizzazione, in quell’equilibrio instabile che sorregge le coppie e che incomprensibile si rivela a chi guarda e giudica. La vecchia strada tortuosa risaliva lungo il fiume ancora spumoso delle nevi dicembrine, solcato dal ponte mozzo, vessillo dell’antica e ormai dimenticata ferrovia. Da lì iniziava la festa, con lumi alle finestre, drappi colorati e fiumane di chiacchiere e pettegolezzi in cammino verso la grande chiesa.<br /><br />Dopo la Messa e le visite ai parenti, veniva il mio turno. Abbandonava la macchina un po' dove capitava, tanto da non dar fastidio a nessuno, per far visita in chiesa, ancora una volta e prima di tutto il resto. Poi la passeggiata sul viale, con i banchetti carichi di doni e dolciumi, con il profumo dello zucchero filato, delle frittelle e della plastica delle bambole diligentemente sedute in attesa. Ad occhi sgranati, pieni di meraviglia avevo la possibilità di scegliere un dono: cavalli volanti, bambole parlanti, tazzine e stoviglie, passeggini e culle.<br /><br />E il nonno, che mal gradiva aspettare, per me riscopriva l’attesa, grato e fiero della mia sincera gioia di bambina.Anonymoushttp://www.blogger.com/profile/00757936140595998042noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-3046614112719041447.post-58076616004521705472018-02-28T21:48:00.000+01:002018-03-15T22:50:09.231+01:00Storia allegra di Febbraio: ValtortaMucchi di neve bagnata, ceneri nel vento di lunghe serate d’inverno si alzano dai camini del borgo ancora addormentato, prima che il sole giunga sui tetti e risvegli le case. Sul selciato della piccola via, il prevosto sotto al suo cappello sussurra a memoria le lodi, mentre si affretta per la Messa prima. Una scodella di latte fumante, caldo di legna, qualche tozzo di pane raffermo per poi correre in Chiesa, con lo sguardo basso, con le preghiere sulle labbra, con i peccati da farsi perdonare sul petto. Nelle case, la stufa è già calda, per cuocere la polenta del mezzogiorno e qualche frittella alle mele, che profuma di zucchero le strade, prima del silenzio delle Ceneri. I monelli corrono già sulla piazza, dove un gessetto traccia il loro piccolo mondo. Con un salto si fanno viaggi lontani, a bordo di ali di fantasia, di treni immaginari e carrozze solo pensate. Il cappotto e le calze della festa sembrano sempre troppo corti per riscaldare le gambe arrossate dal freddo gelato, che scappa via dai canaloni sul fianco scuro della montagna, ancora carichi di neve e ghiaccio. Ma la scuola è chiusa e questo scalda più di mille maglioni, il Carnevale è vicino, con i suoi scherzi e i suoi balli. Le maschere attendono pazienti, avvolte in stracci e riposte con cura in cima all’armadio, patria di tarli e nafta, tra ricordi preziosi e povere stoffe, riposte come broccati e sete nei ripiani smangiati. Presto scenderanno per strada, nella musica delle vecchie ballate, nascondendo le fatiche dietro ai loro ghigni, oscureranno i pensieri con i volti esagerati e sfacciati dei diavoli, di bestie di legno e di latta.<br />
<div>
<br />
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<a href="https://www.facebook.com/Il-carnevale-di-Valtorta-320881241267682/" target="_blank">Foto e info</a></div>
<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://1.bp.blogspot.com/-jAwQdf3-we0/Wqrp9OGTvAI/AAAAAAAABI4/QcG2CEUA9DAYIYTGCVLQTrrIdtTAL9T_gCLcBGAs/s1600/Valtorta1.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="425" data-original-width="960" height="281" src="https://1.bp.blogspot.com/-jAwQdf3-we0/Wqrp9OGTvAI/AAAAAAAABI4/QcG2CEUA9DAYIYTGCVLQTrrIdtTAL9T_gCLcBGAs/s640/Valtorta1.jpg" width="640" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Foto: Pagina Facebook Il Carnevale di Valtorta</td></tr>
</tbody></table>
</div>
Anonymoushttp://www.blogger.com/profile/00757936140595998042noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-3046614112719041447.post-75813192866397103552018-01-31T22:12:00.000+01:002018-02-01T19:26:03.680+01:00Piccola storia di gennaio: Carona<br />
<div style="text-align: center;">
<br /></div>
<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://3.bp.blogspot.com/-5mtQ8_W8MOM/WnItElNWOtI/AAAAAAAABHY/YUnbAdFwo8k37zIeWYaAeHCsRi5wwkUAACEwYBhgL/s1600/Pagliari-Carona7.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="601" data-original-width="900" height="425" src="https://3.bp.blogspot.com/-5mtQ8_W8MOM/WnItElNWOtI/AAAAAAAABHY/YUnbAdFwo8k37zIeWYaAeHCsRi5wwkUAACEwYBhgL/s640/Pagliari-Carona7.jpg" width="640" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Da http://forum.valbrembanaweb.com/ <br />
"Ciaspolata notturna nel Borgo di Pagliari" di IW2LBR. </td></tr>
</tbody></table>
<blockquote type="cite">
<div class="WordSection1" style="page: WordSection1;">
<div class="MsoNormal" style="margin: 0cm 0cm 0.0001pt;">
<span style="font-family: "calibri" , sans-serif; font-size: 11pt;"><br />Un piccolo lago incastonato fra le rocce antiche di una stretta vallata. Attorno, i pendii ripidi delle montagne - cavalcati soltanto da Abeti, Pini e Larici, le piante più robuste e le sole capaci di affrontare i rigidi inverni - ogni primavera scaricavano le acque gelide dei nevai a fondovalle dove, con il passare del tempo, si formò il piccolo lago. Gelato dall’inverno, il sole d’agosto non riusciva a penetrarne le profondità, così che le sue acque restassero sempre pungenti.</span></div>
<div class="MsoNormal" style="font-family: Calibri, sans-serif; font-size: 11pt; margin: 0cm 0cm 0.0001pt;">
<o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="font-family: Calibri, sans-serif; font-size: 11pt; margin: 0cm 0cm 0.0001pt;">
Attorno al piccolo lago, una manciata di case, con pesanti tetti in ardesia da cui sbuffavano nuvole di fumo, diventarono rifugio per le famiglie di pastori, casari, minatori: la gente ruvida di montagna. I loro mestieri raccontavano di questa gente, ne riempivano e appesantivano le giornate e ne disegnavano pensieri e parole. Il lavoro era prima di tutto, dopo Dio, questo è chiaro. Svettava per questo un campanile, casa sicura per la campana del paese. Un messaggero veloce, puntuale nella comunità, a suon di festa, ma anche a rintocco di morte. La vita trascorreva lenta, nel suo incedere normale, genuino, duro. Non c’era niente, se non duro lavoro e miseria, legna da raccogliere e pascoli da brucare, bestie da mungere e panni da lavare. I grandi pensieri erano lontani da qui, restavano ingarbugliati nelle vette in cima alle montagne, senza poter giungere in paese. La gente si preoccupava di ciò che c’era da fare, senza perdersi in chiacchiere o in altre fantasticherie. I bambini crescevano, a volte morivano e quando potevano, giocavano con qualche ramo, cavalieri di un bosco incantato, di fortini e battaglie, di tempo rubato al lavoro, fra sussurri di piccoli preziosi segreti, mani piene di amarene o nocciole mature, ricchezze di un mondo passato, dimenticato. Ricette antiche, di sapori poveri, ricchi soltanto di tradizione, tramandata di padre in figlio e di madre in figlia. Risorse preziose da far fruttare con la cura di chi non ha niente, con lo sguardo di chi deve provvedere e di chi teme l’inverno e la fame. Un formaggio, una manciata di granoturco, qualche patata per qualche uovo, un po’ di sale e magari un po’ di carne. Niente si butta, tutto ha il suo posto. Oggi una bottega vende la tradizione come vero cibo e i vecchi sorridono, sotto i baffi di chi ha visto tutto, di chi sa e sta zitto. Nella semplicità di ogni giorno, nasceva la sapienza dei vecchi, la loro visione spontanea del mondo e delle cose, i rimedi per i problemi e le preghiere per quelli troppo grandi. Il rispetto per loro era sacro, il loro posto nella comunità prezioso. Il silenzio non era disagio, ma virtù pregiata. L’attesa era paziente, la pretesa bandita.<o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="font-family: Calibri, sans-serif; font-size: 11pt; margin: 0cm 0cm 0.0001pt;">
Il paese si addormenta nella nebbia bassa della sera, mentre il sole lambisce le ultime cime, portando in cielo le preghiere di chi spera. Un piccolo lago, una manciata di case e un pulviscolo di stelle fiorisce piano nella notte gelida.<br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
</div>
<br /></div>
</div>
</blockquote>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
</div>
Anonymoushttp://www.blogger.com/profile/00757936140595998042noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-3046614112719041447.post-5108524630304805412017-09-07T06:00:00.000+02:002017-09-07T06:00:02.489+02:00A Limone per un weekend extreme!<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
</div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
</div>
<i>Finisce l'estate, non finisce il divertimento! Due giorni a Limone sul Garda, per scoprire i sentieri della Limone Skyrunning Extreme</i><br /><br /><br />Sarà che il mio sport preferito si può praticare in tutte le stagioni, sarà che stare all'aria aperta per me è sempre meglio che chiusa in una palestra, ma l'arrivo di settembre e di un po' di pioggia non mi toglie certamente il sorriso, anzi!<div>
<br /><table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://1.bp.blogspot.com/-cO2yWSHF-_M/WbBGBkibm8I/AAAAAAAABE0/PevN3pMnfy00fsZhb1lFlJ3OZyPSz0VJACEwYBhgL/s1600/01.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="900" data-original-width="1600" height="360" src="https://1.bp.blogspot.com/-cO2yWSHF-_M/WbBGBkibm8I/AAAAAAAABE0/PevN3pMnfy00fsZhb1lFlJ3OZyPSz0VJACEwYBhgL/s640/01.jpg" width="640" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Foto: www.yourbigstories.com</td></tr>
</tbody></table>
<br />La brevissima fuga sul Lago di Garda per testare il percorso della <a href="http://www.limonextreme.com/it">Limone Skyrunning Xtreme</a> è una meravigliosa occasione per scoprire nuovi sentieri davvero spettacolari, conoscere degli atleti top e scambiare quattro chiacchiere su allenamenti e materiali con altri appassionati del settore. Limone sul Garda è ancora nel pieno della sua alta stagione, anche se settembre sembra essere un periodo speciale per vivere il Garda: un clima mite che permette ancora di godere a pieno di questo paradiso outdoor, senza l'affollamento tipico dei mesi estivi. Cosa chiedere di meglio per correre?<table cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="float: right; margin-left: 1em; text-align: right;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://4.bp.blogspot.com/-jxUEIC-0DHo/WbBFtaYfCbI/AAAAAAAABEw/9JsVUhPlfYsMUdRttxE53x7DH12CFXplwCLcBGAs/s1600/21272572_10214605483910136_5522353453494552794_n.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; margin-bottom: 1em; margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="960" data-original-width="720" height="320" src="https://4.bp.blogspot.com/-jxUEIC-0DHo/WbBFtaYfCbI/AAAAAAAABEw/9JsVUhPlfYsMUdRttxE53x7DH12CFXplwCLcBGAs/s320/21272572_10214605483910136_5522353453494552794_n.jpg" width="240" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Foto: Giorgio Pulcini</td></tr>
</tbody></table>
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Il clima è quello di una tipica giornata di fine estate, con qualche nuvola che scarica due gocce rinfrescanti e un arcobaleno che spunta dietro le onde del piccolo <a href="https://gardaescursioni.com/escursioni/biglietti/limone-malcesine/" target="_blank">battello</a>, già diretto verso Malcesine. </div>
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Dopo una spremuta fresca di limoni, non resta che attaccare le viuzze del centro, per raggiungere la quiete del bosco, attraverso la valle del Singol. I ripidi e nervosi tornanti della mulattiera conducono fino al terzo chilometro dove - fortunatamente! - inizia un tratto di mangia e bevi per prepararsi alla discesa a rotta di collo verso il lungolago Marconi. 10km "<i>xtreme"</i> - come suggerisce il nome della manifestazione - e sicuramente all'altezza delle gare gemelle più blasonate, di cui potete trovare la descrizione del percorso <a href="http://www.limonehotels.com/index.asp?menu=280%2E312" target="_blank">qui</a> e scaricare le tracce sia della <a href="http://www.limonextreme.com/it/vertical-kilometer-gr%C3%A8ste-de-la-mugh%C3%A9ra-13102017" target="_blank">Vertical</a>, - tappa del <a href="http://www.vkworldcircuit.com/" target="_blank">Vertical Kilometer World Circuit</a> - sia della <a href="http://www.limonextreme.com/it/limone-extreme-skyrace-141017" target="_blank">Skyrace</a> - prova dello <a href="http://it.skyrunnernationalseries.com/" target="_blank">Skyrunner Italy Series</a> e degli <a href="http://www.skyrunnerworldseries.com/" target="_blank">European Skyrunning Champs</a>.</div>
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I passi, questa volta, sono stati condivisi con alcuni degli atleti del team <a href="http://www.dynafit.com/it_it/blog/athletes/" target="_blank">Dynafit</a>, specialisti di corsa, ma soprattutto grandi appassionati di sport e di sentieri, proprio come tutti noi comuni runner mortali e domenicali. Ora bisogna mettersi sotto e prepararsi a questi 10km, sicuramente da non sottovalutare! Stay tuned! </div>
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Per trovare qualche idea per il vostro soggiorno, cliccate sul sito del <a href="http://www.limonehotels.com/" target="_blank">Consorzio Turistico Limonese</a>.</div>
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Io ho dormito in riva al lago, nello splendido <a href="http://www.dulac-limone.it/" target="_blank">Hotel du Lac</a> che vi regalerà una colazione da campioni!</div>
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<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://4.bp.blogspot.com/-c9gC3hdp9aQ/WbBJagEusiI/AAAAAAAABFA/eYxKu4aIx602GMpFhjxMf4g65Hc1CxuFgCLcBGAs/s1600/Schermata%2B2017-09-06%2Balle%2B21.15.02.png" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="698" data-original-width="1042" height="428" src="https://4.bp.blogspot.com/-c9gC3hdp9aQ/WbBJagEusiI/AAAAAAAABFA/eYxKu4aIx602GMpFhjxMf4g65Hc1CxuFgCLcBGAs/s640/Schermata%2B2017-09-06%2Balle%2B21.15.02.png" width="640" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Foto: Gallery www.dulac-limone.it</td></tr>
</tbody></table>
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Anonymoushttp://www.blogger.com/profile/00757936140595998042noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-3046614112719041447.post-62899896771710822642017-08-16T20:53:00.000+02:002017-08-16T20:53:00.245+02:00Tra mare e montagna: Portovenere <br /><h3 style="text-align: center;">
<i>Ci sono luoghi che meritano un ritorno e Portovenere è uno di questi. </i></h3>
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<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://1.bp.blogspot.com/-EELDps72PKg/WZSCL5XWZXI/AAAAAAAABDo/4TuPl7MKqKIb2rFU6Lzxa4-3WXQmW7VsQCEwYBhgL/s1600/IMG_9386.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="1200" data-original-width="1600" height="480" src="https://1.bp.blogspot.com/-EELDps72PKg/WZSCL5XWZXI/AAAAAAAABDo/4TuPl7MKqKIb2rFU6Lzxa4-3WXQmW7VsQCEwYBhgL/s640/IMG_9386.jpg" width="640" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Il sagrato del Santuario della Madonna Bianca</td></tr>
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Sarà la pittoresca borgata affacciata sul mare - divenuta patrimonio dell’<a href="http://whc.unesco.org/en/list/826">UNESCO</a> dal 1927 - sarà il respiro gotico della chiesa di San Pietro, costruita sulle antiche rovine del tempio dedicato a Venere o le frequentazioni letterarie di poeti come Lord Byron, D’Annunzio o Montale o forse l’insieme di tutti questi aspetti a crearne il fascino magnetico? Resta il fatto che qui, ci sia un’atmosfera speciale, da condividere soltanto con persone altrettanto preziose. </div>
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<br />Bene, ma dove dormire nella settimana prima di Ferragosto?! Trovare un posto era già un’impresa e trovarne uno ad un prezzo ragionevole sembrava impossibile. La soluzione? Scgegliere una sistemazione poco comune per un luogo di mare, come quella di un rifugio di Montagna! Ci ritroviamo così al <a href="http://www.rifugiomuzzerone.it/">Rifugio Muzzerone</a>, costruito sul fianco orientale del Monte omonimo, sopra Portovenere. Il rifugio è raggiungibile in auto dal paese Le Grazie, seguendo le indicazioni per la palestra di roccia, fino allo spiazzo dove lasciare l’auto. Da qui, 10 minuti su facile sentiero vi condurranno al rifugio. Un affaccio impareggiabile sul Golfo dei Poeti e sull’isola Palmaria e una posizione strategica per incamminarsi lungo i sentieri liguri (Altavia delle 5 terre AV5T, Sentiero Ligure e Alta Via dei Monti Liguri) a 25€ a notte e 45€ in mezza pensione. </div>
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<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://1.bp.blogspot.com/-8boBNlI7kMA/WZSCJR_Sw2I/AAAAAAAABDo/bkyrr9G0RNs9I9xQH8nJDNlXhlMkgfsCACEwYBhgL/s1600/IMG_9409.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="1200" data-original-width="1600" height="480" src="https://1.bp.blogspot.com/-8boBNlI7kMA/WZSCJR_Sw2I/AAAAAAAABDo/bkyrr9G0RNs9I9xQH8nJDNlXhlMkgfsCACEwYBhgL/s640/IMG_9409.jpg" width="640" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Alba dal Rifugio Muzzerone</td></tr>
</tbody></table>
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<br />Il rifugio è spartano. Camerate da 6 posti letto, spoglie e rustiche e un ambiente esterno forse da sistemare: qualche stuoia a coprire i locali di servizio e un po’ di ordine renderebbero il tutto sicuramentè più accogliente. Qui sembra però che si guardi al sodo, piuttosto che all’apparenza. Un’accoglienza spiccia, capace però di offrire una cucina autenticamente tipica e squisita, apprezzata anche dai local, così come di fornire precise indicazioni per rocciatori, trekker e trail runner. <br /><br />Così, due brevi giornate divengono l’occasione per due percorsi mozzafiato tutti da correre: il trailtour dell’isola Palmaria e delle 5 Terre. <br /><br /><br /><h4>
Trail tour Isola Palmaria</h4>
Distanza: 7km<br />Dislivello: 303 m D+<br />Fondo: strada bianca, sentiero facile <br /><div style="text-align: left;">
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<br />A meno che non vogliate farvi un tuffo, per attraversare il sottile tratto di mare delle Bocche, che divide Portovenere dall’isola Palmaria, con 5€ i <a href="http://www.barcaioliportovenere.com/">Barcaioli di Portovenere</a> vi offriranno un servizio di treghettaggio andata e ritorno. Sbarcati a Torrizzo, partiamo per il nostro trailtour che, secondo le indicazioni, richiede circa due ore per completare il giro dell’isola. Il dislivello non è severo, ma il caldo si fa sentire per noi che siamo abituati al fresco delle nostre Prealpi. Consigliatissimo un cappello e una piccola scorta idrica per rinfrescarsi e idratarsi, nonostante a metà del giro sia possibile una pausa presso lo stabilimento balneare di Pozzale. Qui, presso la cava abbandonata di marmo nero dorato, un’impareggiabile vista sull’isola di Tino. È il momento di una foto. </div>
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<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://3.bp.blogspot.com/-Q_1njXKHgoE/WZSBTnD5ilI/AAAAAAAABDc/A4a4VFJnWWQZ8XwoP0jSO8qnaGkiiGWKgCEwYBhgL/s1600/IMG_9411.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="1200" data-original-width="1600" height="480" src="https://3.bp.blogspot.com/-Q_1njXKHgoE/WZSBTnD5ilI/AAAAAAAABDc/A4a4VFJnWWQZ8XwoP0jSO8qnaGkiiGWKgCEwYBhgL/s640/IMG_9411.jpg" width="640" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">L'isola del Tino dalle cave di Palmaria</td></tr>
</tbody></table>
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<br />Dopo questo tratto, si riparte in salita verso la vetta dell’isola, affrontando il dislivello più impegnativo e soleggiato. Faccia a faccia con il mare aperto che qui s’infrange sulle alte e compatte scogliere dell’isola, fino al vecchio appostamento militare da dove poi, attraverso ripido e scosceso sentiero, si fa velocemente ritorno alle spiagge affollate e alle chiacchiere di Torrizzo. <br /><br /><br /><h4>
Trail tour 5 Terre </h4>
Distanza: 28km<br />Dislivello: 1.656 m D+<br />Fondo: sentiero <br /><br />Se i vari siti di promozione turistica consigliano di percorrere questo itinerario da Monterosso verso Portovenere, in modo da godere di un dislivello più dolce, io vi consiglio il contrario. Perché? a) È più allenante; b) se deciderete di fare anche ritorno di corsa, la seconda parte sarà meno impegnativa.<br />Lasciato il nostro rifugio, torniamo verso il parcheggio, da cui scendiamo brevemente su strada asfaltata per giungere alla forcella che ci riporta su sentiero in direzione di Campiglia (CAI 2h30’). Se come noi, passerete di mattina, imperdibili caffè e spremuta presso l’alimentari sulla Piazza della Chiesa, se passerete di pomeriggio, magari rientrando, consigliamo un aperitivo presso il Piccolo Blu. <br />Lasciato il minuscolo abitato, seguendo le indicazioni per il Colle del Telegrafo, si giunge in fretta a Riomaggiore, il primo villaggio delle 5 Terre. Da qui, un tempo era possibile proseguire verso le altre cittadine lungo la Via dell’Amore, percorso pedonale, completamente affacciato sul mare. Purtroppo, a seguito delle frane e delle alluvioni del 2012, il sentiero continua ad essere chiuso. E qui siamo in molti a dispiacercene, soprattutto davanti all’imbocco del camminamento, sbarrato da un cancello, che lascia inebetiti molti turisti. Presso l’ufficio turistico, potrete vagliare tutte le alternative, scegliendo quella più adatta alle vostre gambe. Attenzione ad altre eventuali chiusure per manutenzione. Il sentiero CAI506 sembra essere uno dei più caratteristici, incrociando sia il sentiero dei Santuari che quello delle Vigne e battendo il percorso dello Sciacchetrail, gara a cui sicuramente faremo un pensiero, visti gli scenari maestosi. Via via, seguendo quello che diviene il sentiero Azzurro, facciamo tappa in ciascuna delle 5 Terre, consumando un’ottima focaccia a Manorala, innamorandoci di Corniglia, sorridendo agli ombrelloni giganti di Venazza e sognando un mega gelato a Monterosso. Una nota stonata, che fa storcere il naso a molti trekker, è il costo di 7,50€ richiesto per attraversare il tratto compreso tra Corniglia- Vernazza e Monterosso, a copertura degli interventi di manutenzione che la stagione piovosa rende necessari. Acquistando la <a href="http://www.cinqueterre.eu.com/it/">card delle 5 Terre</a> (16€ prezzo in alta stagione per il 2017), questo costo viene indubbiamente ammortizzato grazie alle varie agevolazioni garantite, ma per noi che ci fermeremo soltanto pochi giorni non ha molto significato. </div>
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<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://2.bp.blogspot.com/-CbQnwYvWT-s/WZSPJYMS9dI/AAAAAAAABEM/62u_RfWCmoozLc7BjYBz5lqAt2o9O7QLwCEwYBhgL/s1600/IMG_9402.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="1349" data-original-width="1600" height="538" src="https://2.bp.blogspot.com/-CbQnwYvWT-s/WZSPJYMS9dI/AAAAAAAABEM/62u_RfWCmoozLc7BjYBz5lqAt2o9O7QLwCEwYBhgL/s640/IMG_9402.jpg" width="640" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Vernazza</td></tr>
</tbody></table>
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<br />Il fondo è polveroso, a tratti sassoso e scosceso, ma mai particolarmente tecnico, se non in condizioni di pioggia. Nel complesso, si tratta di un percorso collinare, caratterizzato da alcune salite su scalinate sassose che richiedono un po’ di fatica, ma che ricompensano sempre con scorci pazzeschi sul mare. Lungo il sentiero troverete fontane nei paesini, è quindi consigliata una scorta idrica da avere con sé. </div>
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<table cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://1.bp.blogspot.com/-dIVsqDjqo-c/WZSSH_UgdtI/AAAAAAAABEU/c9iNJeUBqnce47HVC1zVql6Lev6W1DtRACLcBGAs/s1600/IMG_9394.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; margin-bottom: 1em; margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="1200" data-original-width="1600" height="480" src="https://1.bp.blogspot.com/-dIVsqDjqo-c/WZSSH_UgdtI/AAAAAAAABEU/c9iNJeUBqnce47HVC1zVql6Lev6W1DtRACLcBGAs/s640/IMG_9394.jpg" width="640" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Manarola: Qualcuno pensa ai trekker <3</td></tr>
</tbody></table>
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Sul sentiero c’è molta gente ed è necessario avere pazienza e lasciare spazio anche gli altri: non si è in gara e qualche sosta vi farà godere maggiormente dei paesaggi sospesi tra terra e mare della Liguria. <br />Se escludete il rientro di corsa, con 4€ potrete tornare a La Spezia Centrale, dove prendere l’autubus per il rientro a Portovenere fuori dalla stazione e acquistando il biglietto a 2,50€ presso l’edicola o la tabaccheria. Se le condizioni del mare lo permettono, suggestivo il rientro in battello per godere di una vista esclusiva su tutto il percorso appena compiuto. Il costo si aggira attorno ai 30€. <br /><br /><br />Un mare che conserva la bellezza sublime della Montagna e una Montagna che si profuma delle fragranze del mare. Questa è la Liguria. <br /><br /><br /><br />Fiaba consigliata durante la vacanza: <a href="http://labaitadivetro.blogspot.it/search/label/Portovenere" target="_blank">Il Villaggio dei Pescatori</a>.</div>
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Tutte le foto sono scattate con uno dei nostri iPhone 5S dall'<a href="https://unaletteraduefoto.wordpress.com/">Alessandro Pelicioli</a> o da me: <a href="https://www.instagram.com/capraorobica/">Capraorobica</a>.</div>
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Tschuessssssss</div>
Anonymoushttp://www.blogger.com/profile/00757936140595998042noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-3046614112719041447.post-16805001857510233992017-08-13T08:16:00.000+02:002017-08-13T08:16:59.296+02:00Ricette di montagna: Risotto al Parüch e ricotta di malga<i>Il nonno Pipù era un personaggio. Calcio, campionato e pettegolezzi non gli interessavano. Ciclismo, vino e affari erano invece la sua grande passione. Nel suo vagare fra le osterie della Valle Brembana, i pascoli erbosi ricchi di erbe spontanee erano poi un forte richiamo per lui: Parüch e Cornagì. La primavera per gli asparagi selvatici - in dialetto Bergamasco Cornagì- e l'estate per gli spianaci selvatici o Erba del Buon Enrico - il Parüch. Il <a href="http://geoportale.caibergamo.it/it/sentiero/104b" target="_blank">trekking da Ceresola verso il Rifugio Grassi</a> e poi il Pizzo dei tre Signori è stata l'occasione per riscoprirlo e raccoglierlo. </i><br />
<br />
<b>Ingredienti</b><br />
- trovate un bel prato grasso e, una volta sul posto tra luglio e settembre, aguzzate la vista per riconoscere il Parüch - Erba del Buon Enrico - che riconoscerete per la polverina che lascerà sulle vostre dita.<br />
- scalogno<br />
- olio evo<br />
- marsala<br />
- brodo vegetale<br />
- riso buono! La vostra varietà preferita, per me <a href="https://acquerello.it/" target="_blank">Riso Acquerello</a>. Una manciata per ogni partecipante.<br />
- ricotta di malga, se non avete idea di quale malga, il Sentiero delle Casere in partenza da Mezzoldo ve ne farà incontrare una bella manciata. Per tutte le info, <a href="http://www.altobrembo.it/" target="_blank">Altobrembo Valle Brembana</a>.<br />
- burro (già che siete lì per la ricotta, comprate anche il burro)<br />
- parmigiano<br />
<br />
<b>Procedimento</b><br />
Dopo aver scaldato l'olio in un tegame dai bordi alti, facciamo i colpi di sole allo scalogno. Buttiamo quindi le nostre preziose foglie 🍃 di Parüch -lavato con bicarbonato - per farlo appassire e prima di tostare il riso per 5' (controllate che sia bello lucido!).<br />
A questo punto una bella sfumata con un bicchierino di Marsala: inebriatevi di questo profumo delizioso!!! Dopo questo felice sfrigolio, cominciate la cottura del risotto, aggiungendo il vostro brodo (senza 🎲!) e facendo riferimento ai tempi indicati sulla confezione del vostro riso. Ok, mia nonna avrebbe detto di regolarvi ad occhio che non sbagliate.<br />
Una volta terminata la cottura, spegnete e, lontano dal fuoco, mantecate con burro e uno spruzzo di parmigiano. Condite con la vostra ricotta di malga e servite con qualche fogliolina fresca di Parüch a guarnire!Anonymoushttp://www.blogger.com/profile/00757936140595998042noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-3046614112719041447.post-42852252307243785432016-11-04T06:38:00.000+01:002016-11-04T06:38:19.485+01:00Ueli - L'uomo che correva contro il ventoC'era una volta il Sig. <a href="http://www.uelisteck.ch/de/" target="_blank">Ueli, l'uomo più veloce del mondo</a> nello scalare le grandi pareti delle vecchie e stanche montagne. Viveva in una piccola casa, con una grande finestra da cui scrutare i crinali e le vette con i suoi occhi color del ghiaccio, pieni di curiosità e voglia di avventura. Da qui, sceglieva le pareti da scalare e, sempre con lo stesso entusiasmo, si lanciava nella sua corsa verso l'alto, tastando le rocce, per trovare gli appigli più sicuri.<br />
<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://2.bp.blogspot.com/-CbrZc7fNJT8/WAUxFaGH9kI/AAAAAAAAA4s/jaWiPduaHiYXfmPJlFDOFv8DZ8U9A6jagCLcB/s1600/IMG_7016.JPG" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" height="240" src="https://2.bp.blogspot.com/-CbrZc7fNJT8/WAUxFaGH9kI/AAAAAAAAA4s/jaWiPduaHiYXfmPJlFDOFv8DZ8U9A6jagCLcB/s320/IMG_7016.JPG" width="320" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Dal sito ufficiale http://www.uelisteck.ch/</td></tr>
</tbody></table>
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Correva, sicuro e preciso in ogni movimento, sfidando il vento che soffiava forte contro la parete, cercando di raggiungere la cima più in fretta delle sue raffiche. Una volta lassù, Ueli e il vento se la ridevano insieme, come vecchi amici. Il vento raccontava vecchie storie di montagna e Ueli lo ascoltava soddisfatto.<br />
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Un giorno, durante una delle sue corse contro il vento, quello si fermò in un <a href="https://it.wikipedia.org/wiki/Diedro_(arrampicata)" target="_blank">diedro</a> e lo interrogò:</div>
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- Piccolo uomo, chi ti ha portato sulle rocce? E' tanto che ti vedo scalar montagne e correre sulle vette - sussurrò il vento in un fischio.</div>
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Ueli si guardò attorno e vide il vento arrotolarsi su se stesso, fra le due pareti di roccia.</div>
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- E' da quando sono bambino che vengo quassù, avevo 12 anni. Un amico di mio padre mi fece conoscere la montagna e da bambini non si pensa molto al perché delle cose: si fa semplicemente ciò che piace. E arrampicare mi piaceva. </div>
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- Perché vieni quassù da solo? Stai scappando dalla tua realtà? - chiese il vento.</div>
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- Che cos'è la realtà? E' ciò che qualcuno sceglie e io scelgo di venire qui. Non sono solo, sono qui con te, infatti stiamo chiacchierando. Mi piace stare in mezzo alla gente, ma quando vengo qui, non mi sento mai solo, anche se non mi accompagna nessuno. La montagna diviene il mio compagno per scalare e non ci devo mai discutere, sai? - disse Ueli con un sorriso. </div>
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- Cerchi avventura? Gloria? - incalzò il vento, sempre diffidente verso gli uomini. </div>
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Ueli sorrise e i suoi occhi di ghiaccio brillarono. - L'avventura è semplicemente ciò che non possiamo prevedere. Non si può cercare. </div>
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<br /></div>
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Ueli e il vento restarono ancora un po' a chiacchierare, poi, il vento si stancò delle parole e se ne andò. Ueli guardò in alto, sorrise. Poi riprese a correre, veloce, verso valle, verso casa. </div>
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L'orco della grande montagna appuntita sorrise e nel silenzio, risuonò piano per Ueli.</div>
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Per scoprire l'Eiger, la montagna-orco, potete organizzare la vostra gita <a href="http://www.myswitzerland.com/it-it/stazione-nel-tunnel-della-parete-dell-eiger.html" target="_blank">qui</a>, senza fare corse contro il vento, ma arrivando direttamente in parete, nella comoda carrozza di un treno!</div>
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Anonymoushttp://www.blogger.com/profile/00757936140595998042noreply@blogger.com0Eiger, 3818 Grindelwald, Svizzera46.577620499999988 8.0053926000000521.055585999999987 -33.303201399999949 72.099654999999984 49.31398660000005tag:blogger.com,1999:blog-3046614112719041447.post-41208265421349081002016-10-12T06:58:00.000+02:002016-10-13T13:10:03.795+02:00IMS16: Nives e Romano, insieme si scala ogni montagna<div class="separator" style="clear: both; text-align: left;">
<i style="-webkit-text-size-adjust: auto; font-family: Calibri, sans-serif; font-size: 11pt;"></i></div>
<div class="separator" style="clear: both;">
<i style="-webkit-text-size-adjust: auto; font-family: Calibri, sans-serif; font-size: 11pt;"><a href="https://lh3.googleusercontent.com/-xMlCBDPVpQ8/V_3AAuZbVwI/AAAAAAAAA4A/jq9MMi9q1MM/s640/blogger-image-1938963026.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" src="https://lh3.googleusercontent.com/-xMlCBDPVpQ8/V_3AAuZbVwI/AAAAAAAAA4A/jq9MMi9q1MM/s640/blogger-image-1938963026.jpg" /></a></i></div>
<i style="-webkit-text-size-adjust: auto; font-family: Calibri, sans-serif; font-size: 11pt;"><br /></i>
<br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<i style="-webkit-text-size-adjust: auto; font-family: Calibri, sans-serif; font-size: 11pt;">C’era una volta una grande montagna candida e tranquilla.</i></div>
<div class="MsoNormal" style="-webkit-text-size-adjust: auto; font-family: Calibri, sans-serif; font-size: 11pt; margin: 0cm 0cm 0.0001pt;">
<div style="text-align: center;">
<i>Se ne stava appollaiata tra il Nepal e l’India e trascorreva la maggior parte del suo tempo, sorseggiando te di Darjeeling. Da lontano, in una piccola casa vicino alle Alpi Giulie, qualcuno sogna di conquistarne la vetta…<o:p></o:p></i></div>
</div>
<div class="MsoNormal" style="-webkit-text-size-adjust: auto; font-family: Calibri, sans-serif; font-size: 11pt; margin: 0cm 0cm 0.0001pt;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="-webkit-text-size-adjust: auto; font-family: Calibri, sans-serif; font-size: 11pt; margin: 0cm 0cm 0.0001pt;">
Inizia così la storia di Nives e Romano, una coppia di alpinisti che non ha perso la loro curiosità infantile diventando grandi.<o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="-webkit-text-size-adjust: auto; font-family: Calibri, sans-serif; font-size: 11pt; margin: 0cm 0cm 0.0001pt;">
Le loro avventure sulle montagne più alte del mondo hanno reso Nives una delle poche donne alla conquista delle 14 vette che superano gli 8000 m sul livello del mare. Le loro ascese sono in <i>stile alpino</i>, cioè senza l’uso di ossigeno – a simili altitudini l’aria è povera di questo componente essenziale al corpo umano, quindi si fa molta più fatica a fare qualsiasi cosa – e senza servirsi di <i>portatori</i>, vale a dire persone del posto, pagate per il trasporto dei materiali e dei bagagli.<o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="-webkit-text-size-adjust: auto; font-family: Calibri, sans-serif; font-size: 11pt; margin: 0cm 0cm 0.0001pt;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="-webkit-text-size-adjust: auto; font-family: Calibri, sans-serif; font-size: 11pt; margin: 0cm 0cm 0.0001pt;">
<div style="text-align: center;">
<i>Si tratta di Nives e Romano, una coppia di alpinisti che, giorno dopo giorno, sognano la vetta della montagna, risparmiando il denaro necessario per il lungo viaggio, i permessi per la salita e tutto il costoso materiale per affrontare una montagna così grande. Il Kangchenjunga resta impassibile, incurante dei piccoli progetti degli umani. Finalmente, Nives e Romano possono fissare la data per la salita e partire per il loro viaggio di scoperta e conquista.<o:p></o:p></i></div>
</div>
<div class="MsoNormal" style="-webkit-text-size-adjust: auto; font-family: Calibri, sans-serif; font-size: 11pt; margin: 0cm 0cm 0.0001pt;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="-webkit-text-size-adjust: auto; font-family: Calibri, sans-serif; font-size: 11pt; margin: 0cm 0cm 0.0001pt;">
Romano, guida alpina, ma soprattutto traino della <i>cordata</i> – il gruppo di alpinisti che affronta insieme un’ascesa – durante la salita è costretto a fermarsi: non si sente bene. Nives, ormai vicina a completare tutte le salite delle montagne più alte come prima donna, decide di rinunciare alla vetta e restare con lui. Nives non rinuncia a una semplice cima, ma a un record e a tutti i benefici che questo potrebbe significare.<o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="-webkit-text-size-adjust: auto; font-family: Calibri, sans-serif; font-size: 11pt; margin: 0cm 0cm 0.0001pt;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="-webkit-text-size-adjust: auto; font-family: Calibri, sans-serif; font-size: 11pt; margin: 0cm 0cm 0.0001pt;">
<div style="text-align: center;">
<i>La storia di Nives e Romano insegna il valore della pazienza, così come dell’amicizia. Più della fama, della gloria, per Nives conta il bene che vuole a Romano. Per lei è più importante salire insieme, piuttosto che salire e basta. Saper aspettare non è facile, ma lei sa che iI </i><i>Kangchenjunga</i><i> resta lì e li attenderà al prossimo tentativo. Tuttavia, essere così vicini alla vetta e rinunciare costa tanta fatica e questa prova, più di tutte le altre scalate, dimostra la forza interiore di questa donna. </i></div>
</div>
<div class="MsoNormal" style="-webkit-text-size-adjust: auto; font-family: Calibri, sans-serif; font-size: 11pt; margin: 0cm 0cm 0.0001pt;">
<div style="text-align: center;">
<i>Nives sa aspettare e rispettare il suo compagno di avventura e questo li ripagherà: torneranno dalla montagna il 17 maggio 2014 e raggiungeranno la vetta insieme, come hanno sempre fatto. <o:p></o:p></i></div>
</div>
<div class="MsoNormal" style="-webkit-text-size-adjust: auto; font-family: Calibri, sans-serif; font-size: 11pt; margin: 0cm 0cm 0.0001pt;">
<i><br /></i></div>
<div class="MsoNormal" style="-webkit-text-size-adjust: auto; font-family: Calibri, sans-serif; font-size: 11pt; margin: 0cm 0cm 0.0001pt;">
<i></i><br />
<div class="separator" style="clear: both;">
<i><a href="https://lh3.googleusercontent.com/-tjKcv-d9PVg/V_3ACMwxPMI/AAAAAAAAA4E/QStZdTbx0_A/s640/blogger-image--414138897.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" src="https://lh3.googleusercontent.com/-tjKcv-d9PVg/V_3ACMwxPMI/AAAAAAAAA4E/QStZdTbx0_A/s640/blogger-image--414138897.jpg" /></a></i></div>
</div>
<div class="MsoNormal" style="-webkit-text-size-adjust: auto; font-family: Calibri, sans-serif; font-size: 11pt; margin: 0cm 0cm 0.0001pt;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="-webkit-text-size-adjust: auto; font-family: Calibri, sans-serif; font-size: 11pt; margin: 0cm 0cm 0.0001pt;">
IMS.Youth.camp ha raccontato questa storia a 1.500 studenti delle scuola primaria e secondaria della zona di Euregio, nel contesto dell’edizione 2016 dell’<a href="http://www.ims.bz/it/specials/ims-youth-camp.html" target="_blank">International Mountain Summit</a>. Il tema di questa edizione affronta il rapporto tra uomo e montagna, intesa anche come montagna interiore. Malattia e rinuncia divengono quindi centrali e motivo di riflessione per i ragazzi coinvolti in questa esperienza e chiamati a confrontarsi sui propri obiettivi e sul superamento dei loro limiti interiori. <o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="-webkit-text-size-adjust: auto; font-family: Calibri, sans-serif; font-size: 11pt; margin: 0cm 0cm 0.0001pt;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="-webkit-text-size-adjust: auto; font-family: Calibri, sans-serif; font-size: 11pt; margin: 0cm 0cm 0.0001pt;">
La storia di Nives e Romano è raccontata nell'appassionante libro di Nives Meroi <i><a href="https://books.google.it/books/about/Non_ti_far%C3%B2_aspettare_Tre_volte_sul_Kan.html?id=QTiVrgEACAAJ&redir_esc=y&hl=it" target="_blank">Non ti farò aspettare</a></i>. </div>
<div class="MsoNormal" style="-webkit-text-size-adjust: auto; font-family: Calibri, sans-serif; font-size: 11pt; margin: 0cm 0cm 0.0001pt;">
<br /></div>
<br />
<div class="MsoNormal" style="-webkit-text-size-adjust: auto; font-family: Calibri, sans-serif; font-size: 11pt; margin: 0cm 0cm 0.0001pt;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="-webkit-text-size-adjust: auto; font-family: Calibri, sans-serif; font-size: 11pt; margin: 0cm 0cm 0.0001pt;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="-webkit-text-size-adjust: auto; font-family: Calibri, sans-serif; font-size: 11pt; margin: 0cm 0cm 0.0001pt;">
<br /></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<br /></div>
Anonymoushttp://www.blogger.com/profile/00757936140595998042noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-3046614112719041447.post-31796891672768015542016-10-07T22:33:00.004+02:002016-10-07T22:33:49.803+02:00Compito: disegna una montagna<div>
<span style="font-family: "helvetica neue light" , , "helvetica" , "arial" , sans-serif;">Un giorno la maestra ci chiese di disegnare una bella MONTAGNA con un paesaggio alpino. </span></div>
<div>
<br /></div>
<div>
Contento, presi carta e matita, ispirato dalla <a href="http://geoportale.caibergamo.it/it/sentiero/578" target="_blank">gita</a> con mamma e papà della domenica prima. Sul sentiero avevo visto tantissimi alberi di forme diverse e sul sentiero era bellissimo affondare i piedi nei mucchi di FOGLIE colorate e scricchiolanti. Per una volta, sapevo benissimo cosa disegnare. </div>
<div>
<br /></div>
<div>
Dopo aver tracciato i profili della mia montagna e qualche ciuffo d'erba annoiato e ingiallito, aggiunsi una bella casetta di pietra grigia e sopra scrissi il nome del <a href="http://www.caivalleimagna.it/index.php?option=com_content&view=article&id=8&Itemid=321" target="_blank">rifugio</a>. </div>
<div>
<br /></div>
<div>
Sulla cima più alta delle 7 vette principali della mia montagna, disegnai un cartello con scritto "1875", l'altezza esatta dove era posta la croce che avevo conquistato con un po' di capricci, ma vi assicuro, anche tanta FATICA. </div>
<div>
<br /></div>
<div>
Cominciai a colorare il mio disegno di arancione, GIALLO, rossiccio e anche marroncino chiaro e nocciola. </div>
<div>
<br /></div>
<div>
Soddisfatto, consegnai il mio disegno alla maestra che mi guardò storto, dietro un paio di occhiali talmente spessi da deFoRMaRe i suoi piccoli occhi marroni. Mi disse di non scherzare e di rifare il disegno. E di usare il verde, perché la natura è di quel colore. </div>
<div>
<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://lh3.googleusercontent.com/-LEHTVFp_v0c/V_gBkZ33UyI/AAAAAAAAA3s/jTBBN0OJo8s/s640/blogger-image--1645170621.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" height="211" src="https://lh3.googleusercontent.com/-LEHTVFp_v0c/V_gBkZ33UyI/AAAAAAAAA3s/jTBBN0OJo8s/s320/blogger-image--1645170621.jpg" width="320" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Il <i>Resegon </i>- grande sega - una grande montagna che <br />divide le valli lecchesi e bergamasche alle sue pendici.</td></tr>
</tbody></table>
<br /></div>
<div>
Io NON SCHERZAVO affatto. Durante l'intervallo restai al mio banco e la maestra ERSILIA, che aveva un grembiule bianco con disegnato sopra un <a href="http://www.grimmstories.com/it/grimm_fiabe/i_musicanti_di_brema" target="_blank">asino</a> che portava in groppa un cane con sopra un gatto con un gallo sul dorso, mi chiese cosa non andasse. Le mostrai il disegno e lei esclamò: "GENIALE!" </div>
<div>
<br /></div>
<div>
Appese il disegno all'ingresso, accanto alla targa della scuola. Qualche giorno dopo, lo mandò persino a un concorso di disegno del CAI. Vinsi il secondo premio e fu uno dei giorni più belli di tutta la scuola! </div>
<div>
<br /></div>
<div>
Morale: mai fidarsi del giudizio di chi ha gli occhi troppo piccoli. Corrispondono ai loro occhi del CUORE. </div>
<div>
<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://lh3.googleusercontent.com/-R7AY_DBcB9c/V_f6NSDVx5I/AAAAAAAAA3U/macvxw4BUvI/s640/blogger-image--1425658190.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" height="150" src="https://lh3.googleusercontent.com/-R7AY_DBcB9c/V_f6NSDVx5I/AAAAAAAAA3U/macvxw4BUvI/s200/blogger-image--1425658190.jpg" width="200" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Premio di Orsetti gommosi per la conquista del Resegone</td></tr>
</tbody></table>
<br /></div>
Anonymoushttp://www.blogger.com/profile/00757936140595998042noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-3046614112719041447.post-10748374910826530922016-10-01T01:06:00.001+02:002016-10-01T01:06:51.086+02:00Le montagne nascono d'inverno<div><span style="-webkit-text-size-adjust: auto; background-color: rgba(255, 255, 255, 0); font-family: 'Helvetica Neue Light', HelveticaNeue-Light, helvetica, arial, sans-serif;"><div class="separator" style="clear: both;"><a href="https://lh3.googleusercontent.com/-dfx10Df7x_c/V-7wCR_vXWI/AAAAAAAAA2Y/dHIEHIFyDU4/s640/blogger-image--1855570534.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" src="https://lh3.googleusercontent.com/-dfx10Df7x_c/V-7wCR_vXWI/AAAAAAAAA2Y/dHIEHIFyDU4/s640/blogger-image--1855570534.jpg"></a></div><div class="separator" style="clear: both;"><br></div>C’era una volta, tanto tempo fa, una grande, immensa, sconfinata terra pianeggiante, coltivata a granoturco. File e file di piantine ordinate se ne stavano come in coda per kilometri, fino a dove lo sguardo poteva immaginare l’orizzonte, il posto in cui il sole se ne andava a dormire ogni sera, dopo aver messo il pigiama. </span></div><div><div class="gmail_default"><p class="MsoNormal"><span style="-webkit-text-size-adjust: auto; background-color: rgba(255, 255, 255, 0);">Quella distesa di terra brulla si nutriva dei caldi raggi del sole, gustandone la luce con pacata lentezza, per non perdere alcun beneficio. Un calmo pasto da consumare per tutto il giorno, fino al tramonto. Tutto quel sole metteva però una gran sete alla terra piatta del campo di granoturco, costringendola a cercare con affanno un po’ di gocce giù e ancor più giù in profondità, sotto le tane buie dei conigli, oltre i depositi di sabbia o argilla, là dove la terra è scura e bagnata. </span></p><p class="MsoNormal"><span style="-webkit-text-size-adjust: auto; background-color: rgba(255, 255, 255, 0);">Poi, a volte, un fresco temporale dissetava tutto il grande campo. La terra piatta si chiedeva spesso da dove arrivasse tutta quell’acqua un po’ salata e così buona, che viaggiava su vagoni di nuvole grigie e stanche. Le instancabili viaggiatrici del cielo arrivavano compatte e basse e la terra sapeva che di lì a poco la sua sete sarebbe stata placata dal generoso regalo delle amiche di lassù, che raccontavano sempre belle storie, di paesi lontani. </span></p><p class="MsoNormal"><span style="-webkit-text-size-adjust: auto; background-color: rgba(255, 255, 255, 0);">Spesso, dopo l’andirivieni delle nuvole, arrivava la coltre umida e spessa della nebbia che si accompagnava al primo, temutissimo gelo. Se fosse arrivato troppo presto, il freddo avrebbe messo a dura prova le povere piantine, congelate dalla sua morsa letale. Se fosse arrivato per tempo, il raccolto sarebbe già stato compiuto e il campo avrebbe potuto addormentarsi tranquillo, sotto una morbida coperta di neve bianca. </span></p><p class="MsoNormal"><span style="-webkit-text-size-adjust: auto; background-color: rgba(255, 255, 255, 0);">La terra piatta poteva allora dormire, riposare e crescere un poco. Perché si sa, le terre piatte sono come i cuccioli che durante il sonno crescono. Così, ogni inverno, la terra piatta del campo cresceva e ogni anno, il suo sguardo poteva arrivare più lontano, vedere le nuvole arrivare dal mare e riposare più a lungo. Mano a mano che si alzava di statura, l’inverno si allungava e nel suo riposo, la terra cresceva compiaciuta. </span></p><p class="MsoNormal"><span style="-webkit-text-size-adjust: auto; background-color: rgba(255, 255, 255, 0);">Durante le tiepidi estati, la terra non soffriva quasi più la sete, ma si divertiva con il solletico delle mucche e degli alpinisti che la scalavano con grande impegno. La sua erba diveniva più buona, il granoturco cresceva ancora e la terra che era piatta diventava a punta, come un grande triangolo che nascondeva il sole mentre si metteva in pigiama.</span></p><p class="MsoNormal"><span style="-webkit-text-size-adjust: auto; background-color: rgba(255, 255, 255, 0);">Un giorno d’inverno, una bambina guarda la montagna davanti alla sua casa, mentre la mamma le pettina i lunghi capelli biondi prima di andare a scuola. </span></p><p class="MsoNormal"><span style="-webkit-text-size-adjust: auto; background-color: rgba(255, 255, 255, 0);">“Mamma guarda! La montagna è cresciuta rispetto allo scorso anno!” E la montagna, già protetta dalla prima e ancor leggera coperta di neve, sorrise. </span></p><p class="MsoNormal"><span style="-webkit-text-size-adjust: auto; background-color: rgba(255, 255, 255, 0);"> </span></p></div><div><br></div></div>Anonymoushttp://www.blogger.com/profile/00757936140595998042noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-3046614112719041447.post-53694043364484888102016-09-02T22:51:00.000+02:002016-09-02T23:18:24.283+02:00Stracciatella e Nanga Parbat<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://2.bp.blogspot.com/-q5YJkU-HTtc/V8nknJjjVbI/AAAAAAAAA0M/EzfQHC7KWKsnhuI_EolqwDRpszS_POa7ACEw/s1600/14087323_10209163395954084_293598341_o.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="320" src="https://2.bp.blogspot.com/-q5YJkU-HTtc/V8nknJjjVbI/AAAAAAAAA0M/EzfQHC7KWKsnhuI_EolqwDRpszS_POa7ACEw/s320/14087323_10209163395954084_293598341_o.jpg" width="213" /></a></div>
<div style="text-align: center;">
<br /></div>
<div style="text-align: center;">
<i>“Sapeva che sarebbe stato sufficiente aprire gli occhi per tornare alla sbiadita realtà senza fantasia degli adulti.”</i></div>
<div style="text-align: center;">
<i>- Lewis Carrol - </i></div>
<div style="text-align: center;">
<span style="background-color: white; color: #444444; font-family: "ubuntu condensed" , sans-serif; font-size: 19px; text-align: justify;"><br /></span></div>
Durante le vacanze, mi piace sedermi a leggere sulle panchine del viale nelle ultime ore del pomeriggio: c’è un bel chiacchiericcio e osservare le persone tra una pagina e l’altra è divertente. E’ stato durante uno di questi appostamenti che un bambino con un gelato grosso quanto il suo viso, già sporco di qualche goccia appiccicosa di stracciatella, ha detto a quella che poteva essere la nonna: “Voglio andare sul Nangiaparpad.” Il <i>Nangiaparpad</i> (Sì, Nanga Parbat, ma la versione del bambino cinquenne mi piace) aveva conquistato anche la sua fantasia, come quella di moltissimi altri, anche più grandini rispetto a lui. E lui l'aveva dichiarato, mangiando un gelato alla stracciatella.<br />
<br />
Dopo questa esternazione, non ho potuto fare a meno di chiedermi se io ci andrei sul <i>Nangiaparpad</i> e, ovviamente, la prima spontanea risposta sarebbe sicuramente sì. In realtà, però, io non ci posso andare su quella montagna, perché non ho la preparazione per farlo. Sarebbe come se, vedendo un intervento a cuore aperto andato a buon fine, decidessi di volerlo ripetere. Non sono un cardio-chirurgo e tanto meno un alpinista. Tuttavia, ho pensato che la stessa sospesa sensazione di avventura, l’ho provata tante volte nelle mie piccole ascese e in diversi casi è successo a pochi passi da casa, in luoghi che nemmeno <span style="text-align: center;">pensavo esistessero. Come quando l’Ettore ci ha portati in Val Pagana a vedere quella frana paleolitica di dolomia, i fossili di bivalvi e, con gli occhi sgranati come quelli dei cinquenni, ci siamo messi a immaginare che cosa potesse succedere tanto tempo fa in quello stesso bosco incantato. Un mondo perduto in un tempo passato si presentava davanti ai nostri sguardi sorpresi, conducendoci a perlustrare, guardare, toccare i muschi, le cortecce umide degli alberi, le fessure profonde della roccia nuda e fredda, odorando i profumi di bosco, terra e cielo.</span><br />
<br />
Guardando la stracciatella che colava su quel bambino sognatore, ho pensato che il mio vagabondare preferito accade quando succede qualcosa che proprio non posso prevedere e non importa il <i>dove</i>. Quando ad esempio, invece di tirare dritta per completare le ripetute, guardando in giro mi accorgo di un sentiero mai visto prima e decido di percorrerlo, anche se la traccia è esile e sconosciuta. Quando mi alzo presto la mattina, per correre prima di andare al lavoro e gustare con una luce diversa i sentieri conosciuti da sempre. Quando decido di vivere d’<i>adventura</i>, cioè semplicemente di <i>ciò che accadrà</i>.Anonymoushttp://www.blogger.com/profile/00757936140595998042noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-3046614112719041447.post-1787843320438738592015-11-25T16:13:00.002+01:002015-11-26T06:09:43.813+01:00Cappuccetto Rosso in Gore Tex<div class="MsoNormal">
<i>A Bruno Munari.</i></div>
<div class="MsoNormal">
<br></div>
<div class="MsoNormal">
C’era una volta, in una valle in cui pioveva sempre, un
piccolo villaggio umido, ai margini del bosco. <o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal">
In una delle ultime case, proprio a ridosso del ruscello che
attraversava la foresta, abitava Cappuccetto Rosso. Come sapete, al di là del
bosco abitava invece la nonna della bambina prodigio, scampata alle mire della
Disney che la vedeva già rivale di Hilary Duff. <o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal">
<br></div>
<div class="MsoNormal">
Cappuccetto aveva già incontrato il Lupo da tempo e grazie
al Cacciatore l’aveva scampata bella. Era tutta acqua passata. La nonna, nel
frattempo era diventata ancora più vecchia, ma riceveva ancora volentieri la
nipote che era ormai iscritta all’Università. <o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal">
<br></div>
<div class="MsoNormal">
Così, in uno dei tanti pomeriggio di pioggia, Cappuccetto
Rosso si avviò per il bosco. Come quando era bambina perse tempo qua e là osservando
funghi e piante, non soltanto per raccoglierli come un tempo, ma per studiarli
e catalogarli. Cappuccetto era laureanda in Scienze Naturali. <o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal">
Mentre era intenta ad osservare un fiore particolare, una
voce la colse di soprassalto: <o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal">
<br></div>
<div class="MsoNormal">
Buongiorno! <o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal">
- OH! Che spavento! Buondì…<o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal">
- Non si preoccupi, non sono il Lupo Cattivo… - aggiunse
sornione il bel tipo sulla trentina, aggiustandosi gli occhiali su un naso
perfettamente appuntito. <o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal">
- Ah guardi, se incontrassi il Lupo mi riterrei molto
fortunata! Ma ormai non se ne vedono più, purtroppo.<o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal">
- Quanto ha ragione! Ma ecco, io la disturbavo perché l’ho
vista passeggiare sotto questa pioggia e si sta bagnando tutta!<o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal">
- Guardi che se vuole vendermi un ombrello non lo compro! Si
rompono tutti! E’ più comodo non averne!<o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal">
<br></div>
<div class="MsoNormal">
Il rappresentante le spiegò che non le voleva vendere nulla,
tantomeno un ombrello. Le proponeva, invece, un test di una giacca rossa formidabile,
a suo dire. Si trattava di un tessuto innovativo, rivoluzionario! Sembrava che
potesse essere traspirante, quanto antivento, caldo quanto impermeabile! Quando
le pose in mano la giacca, Cappuccetto scoppiò a ridere! Era così leggera! Come
avrebbe potuto proteggerla con così pochi grammi di peso?? Accettò comunque di
partecipare al test, ansiosa di verificarne l’insuccesso.<o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal">
<br></div>
<div class="MsoNormal">
Da quel giorno Cappuccetto scorrazzò in lungo e in largo con
la sua nuova giacca e ne rilevò l’effettiva efficacia, tanto che non solo la
propose alla nonna per le sue uscite notturne a salvare i <a href="https://it.wikipedia.org/wiki/Bufo_bufo" target="_blank">Bufo-Bufo</a>, ma anche
al Cacciatore per le sue battute di caccia e persino al Lupo, riavvistato dopo
secoli e ormai vecchissimo e sensibile al freddo. <o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal">
<br></div>
<div class="MsoNormal">
Da allora, Cappuccetto fu ricordata come Cappuccetto Rosso
in Gore Tex.<o:p></o:p></div>
<br>
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<a href="https://lh3.googleusercontent.com/-9HuYHA4q1bg/VlXNTUL4N2I/AAAAAAAAAmc/KGQFOoXpVcU/s640/blogger-image--444122143.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" src="http://lh3.googleusercontent.com/-9HuYHA4q1bg/VlXNTUL4N2I/AAAAAAAAAmc/KGQFOoXpVcU/s640/blogger-image--444122143.jpg"></a></div>
Anonymoushttp://www.blogger.com/profile/00757936140595998042noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-3046614112719041447.post-52661094220015103272015-10-30T09:26:00.001+01:002015-10-30T09:26:24.270+01:00Il parolaio di professioneC'era una volta un parolaio di professione.<br />
Conosceva ogni articolo, ogni preposizione, ogni congiunzione, ogni aggettivo, ogni nome, ogni verbo. I sinonimi non avevano segreti per lui che aveva, ormai, scovato ogni parola dalla sua tana.<br />
<br />
Un giorno, in una delle sue battute di caccia di parole, avvistò una parola che gli sembrava sconosciuta. Ne vide soltanto l'iniziale e, dalla sua punta, dedusse che potesse essere una bella A. Guardò nel suo zaino e passò in rassegna tutta la sua raccolta di parole con la A. Sembrava proprio che non ci fosse, ma non aveva potuto distinguerla e quindi pensò che potesse essere AMICO oppure ALAMBICCO o forse ARCOBALENO! Non sarà stata forse ALBERO?<br />
<br />
Decise di trovare quella parola. Il Signore delle Parole l'avrebbe guidato! Perlustrò la pianura in lungo e in largo. Niente. Salì passi e li ridiscese. Niente. Sorvolò i mari in elicottero. Cercò indicazioni nei cartelli, per trovare il sentiero giusto. Visitò vecchi teatri polverosi e partì per l'Africa convinto, per un per un periodo, che si trattasse di una parola straniera.<br />
<br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="http://2.bp.blogspot.com/-SLpQ_yJpahI/VjMnKbaiPRI/AAAAAAAAAlk/IFYyDWhXtwY/s1600/unnamed.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="240" src="http://2.bp.blogspot.com/-SLpQ_yJpahI/VjMnKbaiPRI/AAAAAAAAAlk/IFYyDWhXtwY/s320/unnamed.jpg" width="320" /></a></div>
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<br /></div>
Poi, in una notte di stelle, ormai disilluso di poter trovare quella parola, si rifugiò in un vecchio cinema. Poltrone rosse, pop corn e chiacchiericcio. Si gustò quella pellicola, felice di trovarvi parole note, già raccolte negli anni. Poi le luci si riaccesero e, inaspettatamente, senza preavviso, eccola. Era lei, era quella parola sfuggente! Era lì, davanti a lui. Non aveva sbagliato, era proprio una bella A. La accolse con un sorriso e lei si avvicinò per essere raccolta e custodita per sempre.<br />
<br />
Fu così che, il parolaio di professione conquistò l'ultima parola della sua collezione: AMORE.<br />
<br />Anonymoushttp://www.blogger.com/profile/00757936140595998042noreply@blogger.com2tag:blogger.com,1999:blog-3046614112719041447.post-31217220515567455732015-09-11T16:15:00.000+02:002015-11-26T06:09:29.703+01:00La fata della neve<a href="https://siviaggia.files.wordpress.com/2015/05/01_rifugio_roda_di-vael_uff_st.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="217" src="https://siviaggia.files.wordpress.com/2015/05/01_rifugio_roda_di-vael_uff_st.jpg" width="320"></a>C'era una volta, tanto tempo fa, una landa di terra piatta ed erbosa di proprietà del Padrone delle Terre. Sfortunatamente, un giorno, giocando a UNO con il Padrone delle Acque suo fratello, perse e dovette cedergli quella vasta e rigogliosa pianura erbosa. Così, un caldo oceano invase la pianura e sul suo fondale si formarono grandi vulcani, simili ad immensi camini infuocati. Nemmeno quell'oceano blu cobalto era però destinato a durare. I Cavalieri d'Africa del Padrone delle Terre litigarono a proposito della ripartizione delle zebre con i loro rivali, i Cavalieri d'Europa. Tutto ciò fece scontrare le loro terre e queste si piegarono con tale forza da innalzare dal fondale marino i vulcani e la terra circostante, fino a divenire una lunga e possente catena di montagne, che oggi conosciamo come Dolomiti.<br>
<br>
E' su queste cime, che si ergono da boschi incantati per svettare ai confini con il cielo, che inizia la nostra storia. Dopo la ripida salita, seguendo il sentiero a mezzacosta, fra i pascoli che in estate rifocillano le grasse mucche pezzate e dove d'inverno gli sciatori sfrecciano in coloratissimi giubbotti e sciarpe, è possibile raggiungere il vecchio rifugio. Possenti pietre ricavate dalla roccia dei monti sono state posate come base di questa struttura e per alzarne i muri indistruttibili. Lunghi tronchi robusti sono stati sapientemente rifiniti per sorreggere un tetto, che potesse proteggere da tutte le intemperie e lavorati finemente per realizzare mobili duraturi e massicci. Brillanti stelle del cielo sono state raccolte nella notte, perché illuminassero le stanze di questa casa, con una luce pura e rispettosa. Così è nato il Rifugio, sotto lo sguardo imperscrutabile delle montagne maestose.<br>
<br>
Si racconta che questi lavori siano iniziati in una notte d'estate senza luna, tanto tempo fa. Si dice che una Fata della neve avesse voluto creare un luogo di ristoro lungo la via per le montagne. Si sussurra che questa fata sia ancora presso il rifugio e conceda, talvolta, qualche parola ai suoi ospiti. Si pensa che incontrare uno dei suoi sorrisi sia un dono di pura felicità. Ogni Fata della Neve conosce la vera Felicità e sa quanto sia difficile da conquistare. Le Fate sanno quanto la gente non comprenda il sapore della Felicità benché sia così intenso e piacevole! Un pranzo in famiglia, la risata di un bimbo, le parole di un amico, le coccole di una mamma...<br>
Se la Fata della Neve dovesse dispensarvi di questa gioia, non trascuratela, si tratta di un regalo prezioso che accompagnerà il vostro cammino per sempre.Anonymoushttp://www.blogger.com/profile/00757936140595998042noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-3046614112719041447.post-51870962584122475892015-07-29T16:26:00.000+02:002015-07-30T09:54:54.253+02:00La rivincita del 35 - come conquistare un ballo (e un principe) sbaragliando le stangoneC'era una volta, in una bottega di una viuzza del centro, una bella scatola nera, rivestita di una carta lucida rosso lacca al suo interno. Sul coperchio era stampato il nome di un famosissimo stilista, celebre per le sue splendide creazioni. La confezione se ne stava ordinatamente impilata con altre scatole, ma spiccava fra le tante in semplice cartone bianco, perché custodiva un modello prezioso, unico. Era qualcosa di assolutamente speciale, pensato per un avvenimento importantissimo. Nessuno ancora si poteva immaginare quale...<br />
<br />
Ditemi voi, se IO, un modello unico al mondo, dovessi stare stipata in uno scaffale tra proletari e scadenti articoli da bancarella! Ditemelo! IO, ho sempre saputo che il mio destino sarebbe stato quello di diventare indimenticabile, ma al tempo del negozio non potevo proprio immaginare come avrei fatto a realizzarlo. Quante volte ho pensato di girare sui miei splendenti tacchi glitterati e di andarmene! In quel minuscolo paese ai confini della civiltà, mi sembrava così difficile trovare una ragazza degna della mia eleganza e soprattutto con un piede abbastanza aggraziato da calzare un numero così piccolo. Ero davvero sull'orlo di una crisi di nervi. Il modello accanto a me, una specie di ciabatta raso-terra, cercava di consolarmi parlandomi del Palazzo e dei Banchetti che vi venivano allestiti: Happy-Hour in total white, Brunch vegani, DJ-set con musica lounge, Runway con spettacoli live... Cosa avrei dato per potervi partecipare!! A volte mi chiedevo perché il mio designer mi avesse spedita in quella bottega così provinciale, IO, che ero fatta per la vita cittadina, per l'opera, per una prima, per il teatro! Perché mai affidare un modello come ME a quel negozio? Scelta così irragionevole e incomprensibile che mi faceva perdere i tacchi ogni volta che ci pensavo.<br />
Un giorno, però, accadde qualcosa di diverso. Dalla fessura della mia scatola, vidi entrare un tizio sulla trentina, com'era glamour! Portava una barbetta scura, così perfettamente incolta! I suoi occhiali da sole in osso erano così ricercati e il mocassino in pelle verde bosco era sicuramente fatto a mano. Che classe! Questo signore spiegò al negoziante che presto sarebbe arrivata in città una personal-shopper mitica, anzi, magica! Usò proprio questo termine. Stava cercando dei pezzi unici e irripetibili per comporre l'outfit per un'importantissima serata a Palazzo di una delle sue clienti e stava passando a tappeto ogni bottega, per trovare qualcosa che nessun altro sulla faccia della Terra avrebbe potuto trovare. Il tizio prese nota sul suo iPad del nome e dell'indirizzo del negozio e se ne andò, salutando con un gesto così meravigliosamente francese, lasciando una fragranza ambrata che permase nell'aria, rendendo, per un attimo, quel loculo un posto ameno! Era il mio momento!! Stavo già sognando la notte a Palazzo, la mia entrata trionfale, il mio conquistare la scena, quando quell'idiota del negoziante prese un'altra scatola, con delle décolleté a mezzo tacco, color topo morto avvelenato e con un'orrenda spilla anni '80 dai riflessi terribilmente verdeggianti. Erano un incrocio tra una scarpa ortopedica e un modello da balera di valzer e mazurca. MA CHE GLI SALTAVA IN QUELLA ZUCCA VUOTA?! Quale pazza avrebbe mai scelto un outfit verde per una serata così importante?? Lo sanno tutti che è un colore così sfacciatamente presuntuoso! Ma cosa poteva saperne lui? Lui che le avrebbe persino abbinate a un abito beige o rosso fuoco... che immensa tristezza e inquietudine! Pose la scatola su un pouf bianco e si rimise a leggere il suo volume di Dickens. Avrebbe dovuto fare il libraio! Almeno per la letteratura aveva buon gusto. Ero disperata, rovinata, atterrita e ferita nel mio orgoglio di 12 cm di puro stiletto.<br />
Il giorno seguente, la serranda si aprì alla solita ora e quello zuccone del negoziante entrò con i suoi soliti due minuti di anticipo, con la sua solita faccia slavata, con la sua solita svogliatezza e senza stile come sempre. Stava ancora accendendo le luci quando entrarono loro. Pump neri di Bottega Veneta allacciati alla caviglia, con una punta squisitamente tonda e un classico e rassicurante tubino nero, indubbiamente di Dolce e Gabbana con un paio di occhiali neri di Karen Walker e un foulard con dettagli azzurro turchino, indiscutibilmente di Hermes. Caschetto e una manicure nature impeccabile. Fantastica. Era lei, Azzura Magictour, la migliore personal-shopper del mondo! Chiese, con estrema gentilezza, di poter curiosare... Oh, che stile! Chi mai avrebbe potuto voler <i>curiosare </i>in quel postaccio! Aprì qualche scatola e notai una lieve piegatura del suo perfetto sopracciglio che spuntava dai Karen Walker e compresi la sua disapprovazione (ovviamente per il negoziante rimase imperturbabile) e quando le venne chiesto se ci fosse qualcosa di suo gradimento, lei risposte: - So che lei ha un modello molto ricercato, con dei cristalli Swarovski. - Non stavo più nella scatola!!!! - Vorrei vederlo, se fosse possibile - riprese. Quello stoccafisso sotto sale rimase impalato. Con un filo di voce, le rispose che quel modello (IO) era disponibile solo in un numero molto piccolo e che per di più era molto costoso. Sciocco. Dannatamente e infinitamente sciocco. Mi sarei voluta sotterrare per lui. Lei, bellissima, disse, con eleganza, che non c'era problema. Finalmente quel salame prese la sua scaletta e raggiunse l'unica scatola, in tutto il suo inutile negozio, degna di essere aperta dalle mani di Azzurra: la mia. Che emozione quando il coperchio venne tolto e la luce m'illuminò dopo tanto tempo. Quando il fruscio della carta velina lasciò presagire che presto lei, con grazia, mi avrebbe presa in mano per verificare che non mancasse nemmeno un cristallo. Quando la sua pelle toccò la mia, entrambe sentimmo la nostra magia. Ero in buone mani, che mi avrebbero affidato a buoni piedi. Disse che ero perfetta. Nonostante già lo sapessi, sussultai in punta! Chiuse l'acquisto senza nemmeno chiedere il prezzo (che signora) e io lasciai il negozio per raggiungere il mio destino. Il mio passato però non voleva mollarmi, perché dopo qualche passo, ricomparve il negoziante che agitando un calzascarpe, raggiunse la divina Azzurra. <br />
- Si-si-signora, aveva dimenticato questo - balbettò il senza-stile.<br />
- Che gentilezza d'altri tempi, rincorrermi sino a qui, vuole prendere con me un caffè? - (Ma era impazzita anche lei? Farsi vedere in giro con quel tale!)<br />
Scelse lei, ovviamente il locale più cool della città. Caffè macchiato per lui (perdente) nero ed espresso per lei (così stilosa!) e chiacchierarono di libri (avevo detto che avrebbe dovuto fare il libraio!). Poi lei scappò via e IO con lei, mentre lui ci salutava con un gesto così infantile < mi permetto di aggiungere, anche se in questa storia non sono narratrice, ma solo per onor del vero, che il gesto di saluto era lo stesso del tizio <i>molto glamour </i>entrato nel negozio il giorno prima>.<br />
Il giorno della grande serata arrivò. Ero stata abbinata a uno stupendo abito di Elie Saab presentato a Parigi lo scorso Gennaio. Un avorio segretamente sensuale, per un abito con leggere maniche a farfalla, arricchite da preziosi inserti in pizzo di tulipani, per ricamare l'incarnato, lasciando la schiena nuda e una vaporosa e impalpabile gonna fino a ME, il tocco di luce. Finalmente ero nel mio mondo: una cabina armadio grande quanto il negozio, piena di abiti da sogno realizzati nei tessuti più pregiati e con preziose rifiniture, composte da mani sapienti. C'erano altre scarpe, ma io me ne stavo al centro, su un cubo in pelle di struzzo tutto mio, di fronte allo specchio. Ero raggiante. Nel pomeriggio, arrivarono finalmente i miei piedi, ehm, voglio dire, arrivò la ragazza che mi avrebbe indossato la sera stessa. Devo ammettere che ne rimasi un po' delusa, In effetti era semplice, con un jeans e un'insulsa maglietta bianca. Per dirla tutta, era un po' bassettina, ma non potevo aspettarmi che una stangona potesse calzare il mio numero . I suoi lunghi capelli biondi e ricci sembravano luminescenti e i suoi occhi color nocciola erano penetranti. Dovevo riconoscerle che era bella, molto bella e con un sorriso pieno, semplice e solare. Quando provò l'oufit scelto da Azzurra le si gettò al collo felice, dicendole che IO ero fantastica. Già lo sapevo, ma insomma, fa sempre piacere sentirselo dire. Dopo ore di trucco e parrucco, eravamo pronte: la nostra serata era tutta per noi.<br />
Arrivammo con quel tanto di ritardo che basta per essere notate, ma senza apparire maleducate. Eravamo raggianti. Tutti gli occhi puntati addosso, la piccola si muoveva con una leggiadria affascinante e raffinata e io la seguivo nei suoi passi perfettamente allineati. In molti si complimentarono con lei per la sua eleganza e in molte si appartarono con facce invidiose e sguardi fulminanti di rabbia. Arrivò anche l'ultimo ospite, si diceva fosse il figlio della splendida direttrice del più noto e patinato giornale di moda. Lei dettava la legge della moda, ovviamente dopo essersi confrontata con Azzurra Magictour, sua intimissima amica. Si presentò appunto con la madre, ma fu tale la folla attorno a loro che proprio non mi fu possibile scorgere nulla di quei due, se non fino a quando venne in nostro soccorso Azzura, bellissima come sempre, in un abito color cipria. Disse di seguirla, avremmo avuto l'onore di conoscere la regina della moda e suo figlio. Capii che la mia piccola amica cominciava ad agitarsi dal suo passo, reso frenetico dell'eccitazione di quel momento. Da quanto intesi, sognava di diventare una giornalista di moda. Superata la folla, apparvero loro: lei in un elegantissimo abito lungo blu notte e accanto un ragazzo magro in un abito Armani, semplicemente perfetto. Quando si voltarono rimasi di stucco. Non potevo credere alle mie punte. Accanto alla più influente giornalista di moda, se ne stava il mio negoziante, con la sua aria trasognata! Mentre Azzurra intercedeva per la ragazza, lo stoccafisso rimase magnetizzato dagli occhi della mia giovane amica e per fortuna, questa iniziò un discorso e lui ebbe la <i>brillantissima </i>idea di offrirle da bere. Ancora non potevo crederci, ma cominciai a capire come mai fossi in quel negozio, anche se rimaneva un mistero il perché il figlio di un mito della moda gestisse un provinciale negozio di calzature femminili.<br />
Quella notte il negoziante non mollò un minuto la mia giovane e piccola amica, ciò che accadde poi, non mi fu dato sapere se non quando, un anno dopo, venni raccolta ancora una volta dalla mia preziosa scatola nera, per essere indossata come portafortuna. Era un altro gran giorno: un principesco abito bianco, accanto a un smoking impeccabile per coronare quel lieto finale che tutti ben conosciamo: e vissero per sempre, felici e contenti (e stilosi!).<br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="http://www.leiweb.it/immagini/accessori/large/stuart-weitzman-pe12-scarpe-8.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" src="http://www.leiweb.it/immagini/accessori/large/stuart-weitzman-pe12-scarpe-8.jpg" height="320" width="265" /></a></div>
<br />Anonymoushttp://www.blogger.com/profile/00757936140595998042noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-3046614112719041447.post-28891480670671717702015-05-11T15:30:00.000+02:002015-06-12T09:45:00.410+02:00La signora Vasca e i tre faggi<div class="separator" style="clear: both;">
<a href="https://lh3.googleusercontent.com/-5fbBxRw9Lxo/VUeMrQRLY0I/AAAAAAAAAgM/4xIkl7g-gEk/s640/blogger-image-237594172.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="425" src="http://lh3.googleusercontent.com/-5fbBxRw9Lxo/VUeMrQRLY0I/AAAAAAAAAgM/4xIkl7g-gEk/s640/blogger-image-237594172.jpg" width="640" /></a></div>
C'era una volta una V<span style="font-family: 'Helvetica Neue Light', HelveticaNeue-Light, helvetica, arial, sans-serif;">asca da bagno in ghisa, smaltata di bianco ed esterno verniciato bianco latte. Aveva quattro zampe leonine in ottone lucido e se ne stava accucciata in un vecchio bagno piastrellato di verde. Sopra di lei, le piastrelle erano state dipinte e un grande bosco lussureggiante allietava gli ospiti della signora Vasca da bagno.</span><br />
<div>
<span style="font-family: 'Helvetica Neue Light', HelveticaNeue-Light, helvetica, arial, sans-serif;">Gli ospiti erano diversi: un bambino rosa e piccolissimo, che entrava da lei in compagnia di un'anitra galleggiante. Una bambina dai boccoli di rame e dalla pelle bianca quanto lo smalto della signora Vasca. Un vecchio barbuto e bruno, pieno di rughe e pieno di motivi di cui lamentarsi. Una donna robusta che lavava se stessa e il bambino, oltre alla signora Vasca che, per questo, le era molto grata. Un bambino sempre sporco di terra, erba e patacche di marmellata rinsecchita. </span></div>
<div>
<span style="font-family: 'Helvetica Neue Light', HelveticaNeue-Light, helvetica, arial, sans-serif;">La signora Vasca era stanca e demotivata. Non le bastava più ascoltare le canzoni dei suoi ospiti, i monologhi che tenevano fingendo le situazioni più Assurde. Lei voleva andarsene. Una mattina mentre la donna robusta spazzava il pavimento realizzò un qualcosa di fenomenale: lei aveva i piedi. Subito stiracchiò le sue zampette in ottone, si pompò di coraggio e bolle e proclamò solennemente: io partirò! </span></div>
<div>
<span style="font-family: 'Helvetica Neue Light', HelveticaNeue-Light, helvetica, arial, sans-serif;">La signora Vasca si mise in viaggio e attraversò dapprima il corridoio, quindi le scale ed infine la strada. Era nel mondo. Davanti a lei una stradina portava a un bosco proprio come quello delle piastrelle! Si mise in cammino e per giorni vide alberi, salutò ruscelli, incontrò animali e ne portò qualcuno con sé. Una volpe dalla coda lunga e voluminosa fece un tratto di strada con lei e, con la scusa di guidarla verso il bosco delle piastrelle, scroccò un passaggio gratis al suo interno. </span><br />
<div class="separator" style="clear: both;">
<span style="font-family: 'Helvetica Neue Light', HelveticaNeue-Light, helvetica, arial, sans-serif;"><a href="https://lh3.googleusercontent.com/-qz_yk0a_nRY/VUeMwtazRrI/AAAAAAAAAgU/l_Ekwz1f1Wk/s640/blogger-image--1133037429.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="480" src="http://lh3.googleusercontent.com/-qz_yk0a_nRY/VUeMwtazRrI/AAAAAAAAAgU/l_Ekwz1f1Wk/s640/blogger-image--1133037429.jpg" width="640" /></a></span></div>
</div>
<div>
<span style="font-family: 'Helvetica Neue Light', HelveticaNeue-Light, helvetica, arial, sans-serif;">Dopo giorni di cammino la signora Vasca era esausta e decise di fermarsi. Era giunta su una collina dove, tre imponenti alberi la fissavano ombrosi. Il primo, quello a sinistra, le guardava i piedi. Il secondo stava cantando e non sembrava non aver fatto caso a lei. Il terzo le chiese chi fosse. </span><br />
<span style="font-family: 'Helvetica Neue Light', HelveticaNeue-Light, helvetica, arial, sans-serif;">- Buongiorno, io sono Vasca, voi chi siete? - sussurrò timida.</span><br />
<span style="font-family: 'Helvetica Neue Light', HelveticaNeue-Light, helvetica, arial, sans-serif;">- Noi siamo i tre Faggi - rispose il terzo - Che ci fai qui? - continuò.</span><br />
<span style="font-family: 'Helvetica Neue Light', HelveticaNeue-Light, helvetica, arial, sans-serif;">- Sono partita per un viaggio, per trovare un bosco che era dipinto a casa mia e che mi sembrava bellissimo, poi una volpe...</span><br />
<span style="font-family: 'Helvetica Neue Light', HelveticaNeue-Light, helvetica, arial, sans-serif;">- Non puoi stare qui. C'è spazio solo per noi. - Disse il primo Faggio, quello che le aveva guardato i piedi.</span><br />
La Vasca guardò la collina: non era poi tanto piccola. Il primo Faggio sembrò capire i suoi pensieri e si fece minaccioso, gracchiando che non poteva restare in quel luogo e che senza un permesso avrebbe dovuto sloggiare. Lei guardò implorante gli altri due, ma uno se ne stava intento a cantare e l'altro distolse lo sguardo. La Vasca non sapeva dove andare. Si trovava in un luogo lontano da casa, c'era un'aria di pioggia e cominciava ad avere paura. Era sola. Decise di tornare un pochino indietro sul sentiero, forse nel bosco avrebbe trovato riparo. Iniziò a piovere e le venne da piangere, ma tirò su con il suo tubo/naso e trattenne le lacrime. Aveva voluto partire e doveva sapere che qualcosa poteva andare storto! Non poteva e non voleva piangere, lei era una vasca adulta. In quel momento, qualcosa di un azzurro indescrivibile brillò fra gli alberi. Ancora accecata da quel bagliore, quando riuscì a vedere qualcosa, non poté credere ai suoi rubinetti: era un Elfo dell'ordine stellare di Wlonc. Era bellissimo. Una figura snella e alta, indossava un abito azzurrissimo con rifinitura dorate e il suo incarnato perfetto sembrava risplendere nella notte. I suoi occhi erano ancora più azzurri dell'azzurro e davvero erano luminosi! La Vasca restò impietrita e l'Elfo la accarezzò, dicendo:<br />
- Non temere amica. Qui nel bosco la vita è dura e i suoi abitanti temono ciò che non conoscono. Ecco perché non hanno saputo accoglierti. Ho qui il permesso per restare sulla collina, se è quello il posto che ti piace, potresti lavorare come abbeveratoio per i miei pony e avresti le serate libere per cacciare le stelle e i sogni. Cosa ne pensi? -<br />
La Vasca non stava più nella sua vernice e accettò la proposta felice come una doccia all'aperto! Come il sapone che scivola sul pavimento, come le bolle che scappano nell'aria! Aveva un suo posto e aveva un lavoro. Poteva guadagnarsi da vivere e inseguire le sue passioni quando era libera. Dopo qualche tempo, persino i tre Faggi diventarono suoi amici e molti furono i pomeriggi trascorsi a chiacchierare delle grandi Domande con loro. Oggi la Vasca è ripartita per un nuovo viaggio e di lei si sono perse le tracce. Per ricordarla, i Pony eressero un monumento attorno al suo posto, che ancora oggi domina la collina dei tre Faggi.</div>
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<a href="https://lh3.googleusercontent.com/-5UMAOSQm9bk/VUeMzJPmkgI/AAAAAAAAAgc/BkIxLDZ0oXw/s640/blogger-image--570575898.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="480" src="http://lh3.googleusercontent.com/-5UMAOSQm9bk/VUeMzJPmkgI/AAAAAAAAAgc/BkIxLDZ0oXw/s640/blogger-image--570575898.jpg" width="640" /></a></div>
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<span style="font-family: 'Helvetica Neue Light', HelveticaNeue-Light, helvetica, arial, sans-serif;"><br /></span></div>
Anonymoushttp://www.blogger.com/profile/00757936140595998042noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-3046614112719041447.post-73750198121014241422015-05-04T09:03:00.000+02:002015-05-04T09:05:28.698+02:00La bambina tempestaC'era una volta, in una verde vallata, un super eroe creatore. Si chiamava SuperPipú. SuperPipú era il creatore della corrente elettrica, perché volando, installava tutti i pali della corrente lungo le coste delle montagne, garantendo a tutta la Valle la luce, anche fino a tarda notte, per leggere tutti i libri del mondo.<br>
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Un giorno SuperPipú volava sopra uno dei villaggi e vide qualcosa che lo attirò subito: una pasticceria. Dovete sapere che SuperPipú era molto goloso perciò, senza esitare, volò a terra e quando stava per atterrare, finì addosso a qualcuno. Bum! Era andato a sbattere contro laFata del Burro. La Fata del Burro lavorava nella Pasticceria e consegnava i dolci in bici da corsa: servizio espresso in tutta la valle! Fu amore a prima vista. </div>
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SuperPipú e la fata del Burro si sposarono e continuarono a vivere felici nella valle. Fecero tre bellissimi bambini pestiferi e una bellissima bambina che aveva poteri magici come SuperPipú: era la bambina tempesta.<br>
La bimba era buona e bellissima, ma farla arrabbiare poteva essere pericoloso perché le sue lacrime miste al l'elettricità di SuperPipú facevano scoppiare i temporali! Quelli estivi che fanno un sacco di tuoni e lampi. La bambina tempesta aveva paura dei suoi temporali e si nascondeva per giorni o almeno fino a quando fosse stata sicura che i tuoni fossero finiti. Un giorno la bambina tempesta se ne stava tranquilla in giardino, quando i suoi fratelli le fecero uno scherzo. Oltre che dei temporali, la bambina tempesta temeva i MAGGIOLINI. Quei teppistelli dei suoi fratelli, legarono una famiglia di maggiolini lucenti con del filo da pesca e cominciarono a farli svolazzare addosso alla bambina tempesta. Questa pianse e poi si arrabbiò scatenando un temporale nero come la notte, con tuoni fragorosi come una mandria di bufali in corsa e con lampi brillanti e lucenti. Questa volta anche i suoi fratelli si spaventarono, tanto da smetterla di farla arrabbiare.<br>
Da quel giorno la bambina tempesta controllò la sua rabbia e scatenò solo qualche leggero piovasco e solo raramente qualche temporale. Almeno fino a quando anche lei diventò mamma della bambina che corre.<br>
Ma questa, è un'altra storia.<br>
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PS- Buon compleanno Mamma! </div>
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<br><div class="separator" style="clear: both;"><a href="https://lh3.googleusercontent.com/-o0sDvx97YUM/VUcaBPyqcOI/AAAAAAAAAf4/_6GXsYDDUVg/s640/blogger-image--1933238974.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" src="https://lh3.googleusercontent.com/-o0sDvx97YUM/VUcaBPyqcOI/AAAAAAAAAf4/_6GXsYDDUVg/s640/blogger-image--1933238974.jpg"></a></div>Anonymoushttp://www.blogger.com/profile/00757936140595998042noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-3046614112719041447.post-30418753919482596482015-04-30T16:50:00.000+02:002015-05-01T02:38:41.542+02:00La ballerina venuta dal cielo<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="http://4.bp.blogspot.com/-wGvWataZtpI/VUI9yGYszFI/AAAAAAAAAfg/YlBClnjHbxc/s1600/image%2B(2).jpeg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" src="http://4.bp.blogspot.com/-wGvWataZtpI/VUI9yGYszFI/AAAAAAAAAfg/YlBClnjHbxc/s1600/image%2B(2).jpeg" height="300" width="400"></a></div>
Il vecchio Museo se ne stava chiuso già da un po', addormentato sotto la polvere dei lavori di restauro, sotto la neve di due inverni o più e sotto i pensieri della gente, che ormai l'aveva dimenticato. Qualche anno prima, infatti, la direttrice aveva deciso di rinnovare tutto il Museo: riverniciatura delle persiane, sostituzione dei coppi ammaccati, restauro degli affreschi, pulizia dei marmi, ecc. ecc. Da allora il Museo era stato chiuso.<br>
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La divina direttrice. La super direttrice. La sua parola era legge, persino il Sindaco non osava contraddirla. Il Rottweiler, così la chiamavano tutti segretamente, era una donna di mezza età, robusta e altera. Fitti capelli corvini le inquadravano il viso in un caschetto preciso e dei sottili occhiali dorati le incorniciavano gli occhi piccoli e vispi. Conosceva ogni tela e ogni altra opera del suo Museo o, più precisamente, conosceva tutte le opere del mondo! Vestiva sempre di nero e si avvolgeva in grandi sciarpe di tessuti pregiati dai colori intensi, che venivano da mondi lontani. Si portava sempre appresso una borsona a tracolla piena di documenti segretissimi e non parlava mai con nessuno. Impartiva ordini, a tutti. </div>
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Fra i suoi collaboratori, la sua esile segretaria era quella che più doveva sopportare, capire, eseguire e correre di qua e di là per fare, in fretta e furia, tutto ciò che il Rottweiler abbaiava di fare. Emhhhh! Non abbaiava, diceva! Lucina era sottile come un insetto stecco, un viso lungo e lisci capelli color castagna. La sua figura snella sembrava fatta apposta per scattare agli ordini della direttrice e il suo temperamento delicato e paziente era il solo che potesse sopportare lo sbraitare asciutto e severo della direttrice. Quando veniva ripresa per qualcosa (e questo includeva ritardi di un solo minuto, dimenticanze della stessa direttrice e altre cose assurde) Lucina arrossiva, abbassando lo sguardo a terra, sistemandosi i capelli dietro le orecchie e aggiungendo infine: "Mi scusi signora, non accadrà mai più". </div>
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Un giorno, mentre sul cantiere regnava il gelo più assoluto per la visita del Rottweiler seguita a ruota da Lucina, si presentò per un colloquio un tale che cercava lavoro. In realtà non si stava cercando proprio nessuno e questa comparsata infastidì molto la direttrice, seccata dall'interruzione così inopportuna di Lucina che l'avvisava di questo tizio. </div>
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- Chi diavolo è? Sai bene che non avevo appuntamenti in agenda, dammi quindi una buona ragione per cui dovrei incontrare questo <i>arrivista</i>. </div>
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<i>Arrivista</i>. Ora, signori bambini, <i>arrivista </i>è sicuramente una parola difficile e qui usata senza motivo. </div>
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<span style="font-size: x-small;">> Un arrivista è colui che venderebbe la propria mamma per raggiungere il successo e i suoi obiettivi, una persona che vede nella propria realizzazione e nella propria felicità la sua unica ragione di vita. Un <i>arrivista </i>è in realtà una persona molto sola. Abbiatene compassione, signori bambini e scusate l'interruzione. <</span></div>
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<span style="font-size: x-small;"><br></span></div>
- Signora mi scusi, l'arrivista, ehm, volevo dire, il signore che è venuto per incontrarla dice di chiamarsi Gianni.<br>
- Lucina sono perplessa e inorridisco davanti al tuo pressapochismo. Come puoi essere così poco precisa nel presentarmi un inutile arrivista che viene a disturbarmi?? Come potrei mai sapere chi sia un Gianni senza un cognome? Per tutte le cornici, tutti hanno un cognome! Qual è il suo?!<br>
- Si signora, mi scusi. Ecco, il cognome di questo Sig. Gianni è... - Lucina non sapeva come pronunciare quel nome, senza scatenare l'ira del Rottweiler - Ecco, dice di chiamarsi Sig. Arlecchino!<br>
- Fallo entrare.<br>
- Scusi?<br>
- Sei sorda? Fal-lo en-tra-re - abbaiò il Rottweiler scandendo ogni sillaba.<br>
Il Sig. Gianni Arlecchino era un individuo strano. Portava un berretto nero, stretti jeans un po' strappati e una giacca a quadretti color verde-bruco e bordeaux-scialle-della-nonna. Aveva uno strano modo di camminare, come se molleggiasse e una parlata beffarda, sorniona che sembrava prendere in giro chiunque. Lucina arrossì, abbassò lo sguardo e sistemò le ciocche di capelli fuggiasche dietro le orecchie, facendo strada a quel signore fino all'ufficio della direttrice. Lo lasciò sulla porta e lei gli disse di entrare. Nessuno seppe mai cosa si dissero.<br>
Il giorno seguente, il cantiere attaccò a sbuffare di mattina presto. Arlecchino si presentò alle 10, con stuzzicadenti in bocca e un libro con mille orecchie in una delle tasche sformate della giacca. Era un manuale di vita, così lo definì lui. Gli altri leggevano soltanto "POESIE" di chi, non se ne interessò nessuno. Arlecchino svolazzava qua e là per il cantiere, appiccicando nastri colorati con del biadesivo e canticchiando, scattava fotografie con il suo telefonino, prendeva misure con un metro-scimmia estendibile e sorrideva compiaciuto. Un giorno si presentò con un soffiatore, a cui fissò un sacchetto di coriandoli bianchi e ridacchiando ne gettò ovunque.<br>
I giorni trascorsero, la neve si sciolse, l'erba crebbe e poi seccò. Le foglie caddero stanche e fragili, cullate da un vento sempre più sottile e pungente. La neve coprì ancora ogni cosa e infine, l'erba tornò perché questo era il volere del Tempo.<br>
La fine dell'inverno segnò una svolta decisiva nei lavori al cantiere del Museo. I giornali e le tv si accalcarono ai cancelli per rubare un'intervista o una semplice abbaiata alla direttrice, ma questa escogitò un percorso alternativo, nessuno seppe mai quale, per entrare nel Museo senza essere disturbata da microfoni e fotocamere indiscrete. La riapertura del Museo era vicina. La direttrice era sempre più nervosa, aveva rimproveri per tutti. Tranne uno. Cominciarono ad arrivare grandi casse bianche, trasportate su furgoni blindati. Una sfilata di cubi che se ne andavano dalla piazza fino alle porte del Museo, in un lento susseguirsi di passi. Erano le opere che tornavano a casa. Dentro alle casse, i quadri non stavano più nelle loro cornici! Finalmente a casa, finalmente ancora nelle sale, ben illuminate, ma soprattutto, ammirate. Che bello era avere tutti quegli occhi addosso! L'emozione più bella dopo quella provata quando vennero disegnate, scolpite, spennellate e rifinite dai loro padri: gli artisti. Tutti quegli occhi lì per loro, ancora una volta. Che gran festa per il Museo! E così doveva essere, Una grande festa per celebrare la riapertura, il risveglio del Museo dopo anni di sonno profondo. Nessuno però immaginava che la festa potesse essere così. Né che qualcosa di straordinario potesse accadere proprio in città...<br>
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<a href="http://4.bp.blogspot.com/-4ACzUqkN_2Y/VUI9NT2Hj8I/AAAAAAAAAfQ/QrG4GWmrfjw/s1600/image.jpeg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" src="http://4.bp.blogspot.com/-4ACzUqkN_2Y/VUI9NT2Hj8I/AAAAAAAAAfQ/QrG4GWmrfjw/s1600/image.jpeg" height="400" width="400"></a></div>
Il giorno della riapertura cadde in una tiepida giornata di Aprile. Gli alberi della piazza erano carichi di foglie, l'aria tiepida portava con sé profumi di pane, dal forno in fondo alla strada, di pasticcini fragranti e anche un aroma intenso di caffè, quello del bar sull'angolo. Il Sig. Ortivivi aveva esposto le sue piante più belle fuori dal suo negozio di fiori e le gallerie d'arte avevano preparato stuzzichini per tutti i curiosi. La via era bella, viva, piena di musica e parole. La gente cominciò ad arrivare da ogni direzione: bambini, famiglie, nonni e maestre dagli occhiali a farfalla, giovani coppie ingenuamente innamorate, appassionati, giornalisti, fotografi e passanti. Tutti gli occhi erano puntati sulla facciata ripulita del Museo, dove spiccava il grande orologio. Nel cortile d'ingresso, impettiti, se ne stavano il Sindaco, il Rottweiler e altre personalità pompose e irrigidite nelle loro uniformi, divenute un po' troppo strette. Una musica attirò l'attenzione e tutti restarono in silenzio, da una finestra apparve lui: Arlecchino. Aveva un bellissimo costume e una maschera scura gli copriva il viso. Accoglieva la gente e invitava tutti nella Casa dei Quadri urlando in un megafono! Le altre finestre si aprirono e come giocolieri, altri arlecchini si calarono con le corde colorate, continuando a muoversi come marionette. Era come assistere a un grande spettacolo di burattini. Gli occhi erano sgranati e ad ogni azione le bocche si spalancavano di stupore. A un tratto, una foresta di grandissimi palloncini si alzò davanti alla facciata, danzando su e giu a ritmo di musica. Una bellissima melodia di archi a scandire il loro lento e fluido movimento. Era quasi il momento del grande spettacolo, quello che aveva stupito e convinto il Rottweiler quando Arlecchino si era presentato per proporle di seguire l'organizzazione della festa. Ma mentre tutti godevano dello spettacolo, all'interno del Museo qualcosa non stava funzionando...<br>
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- Come sarebbe, <i>si è rotta una caviglia</i>?? I-m-p-o-s-s-i-b-i-l-e! - ruggì la direttrice.<br>
- Signora, vede, il suo numero era in effetti molto pericoloso e sembra che nella prima fase di vol..<br>
- Non è possibile! Non qui! Devi aggiustarle la caviglia!<br>
Lucina azzardò una risposta, ma il Rottweiler divenne una furia. Non poteva controllarsi e tanta rabbia era dovuta al non sapere come risolvere quella situazione. Arlecchino aveva puntato tutto su quel numero, avrebbe lasciato tutti di stucco: altro che sala delle statue! Ma ora l'artista che avrebbe dovuto interpretare il ruolo principale se ne stava sdraiata e sdolorante in attesa dell'ambulanza. Arlecchino era tranquillo e quando, nel trambusto generale, fischiò con decisione tutti si voltarono ammutoliti.<br>
- Non c'è nessun problema - proferì ancora con la maschera sul volto.<br>
Si avvicinò a Lucina, le prese la mano e con un inchino la baciò. Quella divenne paonazza e il rossore giunse fino alle orecchie dove, inutilmente, cercava di far restare le sue solite ciocche di capelli castani.<br>
- Sarai tu la ballerina. - Disse la maschera.<br>
Nessuno aggiunse niente. Nessuno.<br>
Così, nel cortile, senza che nessuno si potesse accorgere di nulla, lo spettacolo continuò. Quando gli artisti vestiti da bianche statue di marmo si aggrapparono alla cancellata del Museo e quando la musica si fece più intensa, tutti sollevarono lo sguardo perché un grande, grandissimo grappolo di palloncini bianchi volava sui tetti delle case vecchie sorreggendo la figura esile di una ballerina. Le braccia sottili della figura disegnavano danze nel cielo nero. Leggera giunse sopra la cancellata e salutò il suo Arlecchino, davanti agli occhi increduli della città meravigliata. Una notte di stelle chiuse il sipario sul cielo e aprì le porte del Museo... Ogni opera risplendeva nella sua cornice, grazie ai colori ritrovati, ogni sala profumava di nuovo e una bella luce illuminava tutto come mai prima. I ritratti ordinati osservavano i primi visitatori curiosi, dai loro scranni preziosi e bellissime Madonne rivolgevano i loro dolci sorrisi ai più attenti. Una fiumana di gente, passi e occhi invase ogni sala, osservò ogni cambiamento e apprezzò ogni lavoro. Lo spettacolo era compiuto. In una notte di Primavera, il Museo era tornato alla sua città, alla sua gente. La casa dei quadri era stata riaperta per accogliere tutti i visitatori, invitandoli a scrutare nelle tele, a scoprirne i segreti creando quel dialogo nel tempo che lega ogni pittore ai suoi spettatori di ora e di sempre. Signori bambini, riapre il Museo, che la magia abbia inizio.<br>
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<a href="http://3.bp.blogspot.com/-Po1YgXsrhOg/VUI9m4GSDaI/AAAAAAAAAfY/Xq6dBoxNcZg/s1600/image%2B(1).jpeg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" src="http://3.bp.blogspot.com/-Po1YgXsrhOg/VUI9m4GSDaI/AAAAAAAAAfY/Xq6dBoxNcZg/s1600/image%2B(1).jpeg" height="400" width="400"></a></div>
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Che ne sarà stato dei nostri amici? Beh, Arlecchino se ne ripartì subito con il suo fagotto e con il suo libro di POESIA, verso chissà quale meta seguendo chissà quale rotta. Il Rottweiler divenne ancora più potente e influente in città, ma non si sa bene per quale motivo, iniziò persino a rivolgere qualche saluto e qualche parola alla gente, evitando, ma solo a volte, di abbaiargli contro. E Lucina? Potremmo pensare che sia partita con il romantico Arlecchino? Oppure che sia rimasta al suo posto, accanto alla magnifica direttrice? O ancora, che sia diventata una famosa ballerina?<br>
Signori Bambini, la storia non ha fine, ma accende una nuova storia. A voi la scelta.<br>
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Anonymoushttp://www.blogger.com/profile/00757936140595998042noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-3046614112719041447.post-6353550263568665442014-11-27T16:27:00.001+01:002014-11-27T16:27:43.381+01:00I sogni di Agostino - La buca degli angeliDopo la scuola, Agostino si avviò verso casa da solo, mangiucchiando qualche fetta di mela essiccata. Era l'unica frutta che riuscisse a mangiare. Mentre camminava con un piede davanti all'altro lungo il filare di pioppi che lo conduceva al borgo, qualcosa distrasse i suoi pensieri. C'era una figura rossa che attraversava i campi di granoturco. Era uno svolazzare nel vento del pomeriggio, un movimento fluido e regolare, non troppo veloce. Sgranando gli occhi, Agostino riconobbe lei: Alice.
Ora, un bambino della sua età non avrebbe MAI potuto ammettere nemmeno a se stesso di avere un debole per una femmina. Le femmine sono fiocchi e stupidaggini, passano il tempo a ridacchiare in gruppo e Agostino proprio non le capiva. Però lei era strana, aveva qualcosa che le altre bambine non avevano. Però i maschi si interessavano di lucertole e rane, biciclette e motori, battaglie e fortini. Mica di femmine. Stava correndo verso il borgo, ma non stava sulla strada, lei attraversava il campo. Ogni tanto si fermava, chissà a fare cosa. Era tutto intento a guardarla, che non si accorse di aver lasciato la strada e aver preso a camminare sulla terra morbida e riversa del campo. La osservava: aveva una mantellina rossa, una di quelle che non se ne vedono più in giro. Portava dei calzoncini corti in jeans e delle scarpe da ginnastica di tela. Una camicia bianca con dei piccolissimi fiori rossi annodata sul ventre, i capelli biondi spettinati, raccolti in una coda che ne lasciava scappare la maggior parte sul viso. Era bella. Molto bella. Alice. Forse avrebbe potuto fare una corsa e raggiungerla, ma si! Avrebbero fatto insieme la strada verso casaaaaaaaaaahhhhhhhhhh!!!
Dove era finito?
Agostino si tocco la testa, le braccia. Era tutto intero. Si guardò intorno e non vide nulla. Buio. Lo prese il panico, forse era finito in un pozzo, ma in quel momento alzò lo sguardo e una luce rassicurante gli colpì gli occhi, costretti a chiudersi per riabituarsi a quell'energia positiva. Quando li riaprì, un cielo turchino lo sovrastava e delle grosse, spumose nuvole bianche come panna attraversavano quello cerchio di cielo che riusciva a scorgere. Era come se fosse caduto in una buca, la cui cima era ornata da un'elegantissima balaustra di marmo bianco, con decori scuri e intagli raffinati. Sforzandosi di vedere meglio, notò che su quella balconata circolare c'era qualcuno. Agostino guardò meglio, ma gli occhi non lo tradivano: sul bordo del balcone, un pavone se ne stava appollaiato tranquillamente, mentre dei bambini gli ridacchiavano attorno, facendo capolino fra i marmi lucidi e lisci. Notò soltanto in un secondo momento che quei bambini erano nudi e... avevano le ali! Erano angioletti giocherelloni, ma con loro c'era anche una donna. Era bellissima. Portava i capelli raccolti sulla nuca, proprio come la principessa del drago e il suo sorriso delicato sembrava irradiare tutta la luce che giungeva fino a lui, in fondo alla buca. Attorno a lei, c'erano le sue damigelle che ridevano scioccamente. Le stava accanto una donna nera e impassibile, che sembrava proteggerla da qualsiasi cosa le fosse intorno. Ad un tratto, la dama gettò lo sguardo su Agostino, che arrossì senza motivo e abbassò la testa nel buio. La dama sembrò preoccuparsi molto e prese a strattonare la donna al suo fianco che, senza scomporsi, scomparve e ricomparì con una corda che calò nella buca. Agostino vi si aggrappò e si sentì trascinare dolcemente verso l'alto, verso la luce.
Aprì gli occhi e vide suo padre che lo fissava preoccupato, attorniato da un sacco di altra gente. Gli spiegarono che era inciampato in un vecchio pioppo caduto la notte precedente, a causa del forte vento, e che probabilmente aveva picchiato la testa e perso i sensi. Già. Ma era già la seconda volta quel giorno...<br />
Il suo babbo lo prese per mano e lo riaccompagnò a casa. Mentre camminavano, la mente del babbo si affollò di pensieri... chissà se lo stava crescendo bene, se avesse tutto quello di cui aveva bisogno. L'affetto della sua mamma sicuramente gli mancava e lui non poteva proprio farci nulla. Agostino, come se leggesse i suoi pensieri, lo guardò e gli disse: - Ti voglio bene papà - .<br />
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<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="http://media-1.web.britannica.com/eb-media//27/99427-050-6E134B40.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" src="http://media-1.web.britannica.com/eb-media//27/99427-050-6E134B40.jpg" height="264" width="320" /></a></div>
Anonymoushttp://www.blogger.com/profile/00757936140595998042noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-3046614112719041447.post-29028469969649499822014-10-31T12:11:00.000+01:002014-10-31T12:18:47.663+01:00I sogni di Agostino - Il drago e la principessaQuella mattina, nel libro di storia, Agostino notò un dipinto.
Si trattava di una strana rappresentazione, in cui compariva una principessa, un drago e un cavaliere con una lunga lancia. Agostino sentiva la maestra spiegare, ma era come se le sue parole non avessero più significato, era troppo intento a guardare quell'immagine..
Accidenti. Gli era successo di nuovo, si era addormentato in classe. Quando si risveglio, sembrava che nessuno si fosse accorto della sua disattenzione, anche se.. Era come se tutti fossero così.. Lontani. Cercò il suo libro per riprendere il segno e ascoltare almeno un po' della lezione, ma non lo trovò. Persino il banco era sparito! Agostino si guardò attorno e realizzò che attorno a sé c'era una fitta coltre di nubi vaporose, bianche, soffici. Ma dove diavolo si era addormentato?? Mentre si chiedeva tutto questo, sentì un pianto leggerò arrivare al di là delle nuvole. Era una ragazza. Quando le nubi si alzarono, Agostino scorse davanti a sé l'imponente figura del drago. Una spessa e coriacea corazza verde scintillante lo avvolgeva tutto, proteggendolo. Dalle sue narici scure, sbuffava del fumo e i suoi occhi vigili si spostavano in fretta. Agostino si nascose dietro le rocce, ma proprio quando stava studiando una via di fuga, la vide. I suoi capelli ricci e dorati raccolti sul capo. Il profilo esile e delicato, le vesti pregiate, il suo pianto educato, tutto faceva intendere che era una principessa. Non poteva abbandonarla. Agostino afferrò un lungo bastone appuntito e fece per avvicinarsi alla bestia quando, come se uscisse dal nulla, gli si fece accanto un possente cavallo bianco, bardato di rosso. Montò in sella e senza sapere che fare, lo lanciò al galoppo. Il drago li vide e cercò di colpirli con la sua coda. L'abilità del cavaliere e l'agilità del cavallo schivarono il colpo. Proprio quando il drago stava per sferrare un secondo colpo, Agostino gli si avvicinò tanto da poter sentire il fetore del suo alito mortale. Fu allora che, impugnata saldamente la lancia, il cavaliere si abbatté sul mostro, ferendolo mortalmente al centro del suo muso diabolico.
"Agostino!" - esclamò la maestra con disappunto. Il bambino si rizzò dritto con sguardo interessato. Sulla sua guancia era rimasto appiccicato il foglio per gli appunti e tutta la classe scoppiò in una fragorosa risata.
Lui, accettò il rimprovero e lo scherno dei compagni. Lui aveva sconfitto il drago e loro non potevano saperlo...<br><div class="separator" style="clear: both;"><a href="https://lh4.googleusercontent.com/-rTaoVvbPPaw/VFNwFYzDM-I/AAAAAAAAAdw/fvzbizeciW8/s640/blogger-image-261769654.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" src="https://lh4.googleusercontent.com/-rTaoVvbPPaw/VFNwFYzDM-I/AAAAAAAAAdw/fvzbizeciW8/s640/blogger-image-261769654.jpg"></a></div>Anonymoushttp://www.blogger.com/profile/00757936140595998042noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-3046614112719041447.post-48928722998192653302014-08-07T16:24:00.002+02:002014-08-07T16:24:38.953+02:00Nuovo appuntamento Merenda con l'autore!<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="http://2.bp.blogspot.com/-0_H_mTaHyTs/U-OL1Md3L0I/AAAAAAAAAck/PFz8QATpWgM/s1600/riciclo_calzini.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" src="http://2.bp.blogspot.com/-0_H_mTaHyTs/U-OL1Md3L0I/AAAAAAAAAck/PFz8QATpWgM/s400/riciclo_calzini.jpg" /></a></div>
Ciao a tutti!
Un saluto particolare ai bambini di Introbio che sono venuti ad ascoltare la fiaba a Luglio!
Per voi ci sarà una fiaba tutta nuova! Mi raccomando, attenti ai calzini!
Vi aspettiamo sabato 23 agosto, speriamo sotto i rami del grande faggio!
A presto e buona lettura! Anonymoushttp://www.blogger.com/profile/00757936140595998042noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-3046614112719041447.post-24602589809685526872014-08-07T16:15:00.000+02:002014-08-25T16:51:41.478+02:00Il Folletto dei CalziniC’era una volta, all’ombra del Resegone, un piccolo paesino adagiato in una conca verde e fiorita. Le montagne proteggevano la cittadina da tempo: prima dalle scorribande dei popoli del nord, sempre alla ricerca di guai, poi dalle truppe del sultano, avido di potere e desideroso di nuove conquiste. Inoltre, si raccontava che le montagne fossero una protezione magica del Grande Essere Obrun, la divinità degli antichi popoli del posto, contro l’Uragano Zino, uno fra i tanti tentativi del cattivissimo, crudele, spietato Bigione, il potente e malefico mago della Grigna. La lotta tra il Grande Essere Obrun e Bigione era una leggenda che ancora si narrava nelle lunghe sere d’inverno. I nonni raccontano che da piccoli la ascoltavano attorno al fuoco, oppure nelle stalle dove il calore degli animali li riscaldava dal gelo della neve e della tormenta. Oggi capita sempre meno di ascoltare queste storie vecchie, ma alcuni bambini si divertono ancora a sentirle narrare dai propri nonni o animate dai personaggi del teatrino delle marionette. Ad ogni modo, la protezione che le montagne avevano da sempre garantito faceva sì che la gente gli fosse affezionata e ne prendesse cura, pulendone i sentieri, rispettandone l’ambiente , evitandone il degrado e l’abbandono. Gli abitanti del paesino vivevano di ciò che quella terra gli offriva: prati verdi e ricchi di nutrimento per le loro bestie, da cui ricavare un latte buonissimo e fresco ogni giorno, adatto per preparare ottimi formaggi; boschi ricchi di grandi alberi per fabbricare mobili pregiati; una sorgente zampillante con proprietà benefiche da imbottigliare e vendere anche in pianura. Una terra ricca e tranquilla, in cui la vita trascorreva in maniera semplice e i bambini giocavano per le strade in un vociare allegro. Non c’erano pericoli e le battaglie di guardie e ladri venivano disputate vicino alla cascata della Troggia, il prezioso e ambito premio destinato ai vincitori. Ogni bambino del paesello sognava di conquistare la Troggia almeno una volta. Il piccolo Riccardo non era da meno.
Riccardo era un bimbo gracile, esile, più piccolo dei suoi compagni. Aveva grandi occhi azzurri e un viso coperto da lentiggini color nocciola. I suoi capelli erano ramati e liscissimi, sottili come fili da cucito. Riccardo portava il nome di un grande re conosciuto per il suo immenso coraggio: Riccardo cuor di leone. La sua mamma aveva scelto questo nome perché il suo cuore era piccino e debole così sperava che potesse diventare forte e robusto, permettendo al piccolo Riccardo di dare prova di tutto il suo coraggio! Date le sue condizioni, Riccardo non poteva uscire a giocare spesso quanto i suoi compagni. I pochi pomeriggi di sole, quando il bosco risultava meno umido del solito, Riccardo aveva il permesso di raggiungere gli altri bambini che, non si dimostravano mai troppo entusiasti di farlo entrare in una squadra. Riccardino, così lo chiamavano tutti, non era troppo veloce nella corsa, si stancava in fretta e risultava perciò un compagno troppo debole. Lui se ne accorgeva e ci provava in tutti i modi a correre più forte che poteva a resistere per fingere di non fare fatica, ma proprio non gli riusciva. Un giorno come tanti altri, Riccardino e compagni si erano ritrovati in paese, per una partecipare al torneo dei rioni che coinvolgeva bambini e adulti in avvincenti e appassionanti partite di calcio. Riccardino era in panchina, ma non aveva mancato per un solo minuto di incitare i suoi compagni, facendo un tifo appassionato. [ L’orologio del campanile segnava già la fine del primo tempo e l’arbitro fischiò la fine. Forse ci sarebbe stato tempo per lui nel secondo tempo della partita. Scesero negli spogliatoi festosamente dato che Emilio, un bambino in villeggiatura con i nonni, aveva segnato il gol del vantaggio. Emilio era forte, atletico, veloce… era proprio tutto quello che Riccardino avrebbe voluto essere. Dopo l’intervallo, ritornarono in campo, anche se il cielo prometteva pioggia a catinelle, viste le grosse nubi dense che si stavano raccogliendo sopra il paesino. Qualche curioso che si era fermato ai bordi del campo per vedere giocare i monelli, si scoraggiò e se ne tornò verso casa prima che quelle nubi scaricassero tutto il loro contenuto. La partita continuò e l’altra squadra cercava in tutti i modi il gol del pareggio, erano ben determinati a segnare e alla fine ci riuscirono. Sembrava una partita del campionato. L’arbitro, un ragazzino, si affannava qua e là per il campo, cercando ogni tanto di dare un morso a una delle merendine che si era infilato nelle tasche. Anche lui non era quel che si dice un bambino agile. Riccardino stava in piedi, ai bordi del campo, senza perdere di vista l’orologio del campanile e cercando di incontrare lo sguardo di Emilio, sperando che lo facesse entrare. Quello se ne stava in mezzo al campo, con una faccia tesa e lo sguardo fisso sul pallone. Non si sarebbe mai sognato di farlo entrare in un momento così delicato. ] Le lancette dell’orologio del campanile fecero il loro giro e scoccò l’ultimo minuto del secondo tempo: 1-1. Le due squadre tornarono negli spogliatoi abbattute e tristi. Il torneo era a scontri diretti, perciò si passava prima ai supplementari e poi ai rigori. Emilio spronò i compagni a darsi da fare, ma nemmeno i supplementari cambiarono la situazione. Si andava ai rigori. Riccardino, nel suo piccolo cuore malconcio, nutriva una speranza. Emilio la frantumò quando nominò i ragazzi che avrebbero calciato i rigori, ma questo non abbatté Riccardino che tifò fino alla fine i suoi compagni, che vinsero e si aggiudicarono così la finale… la finale! Non stavano nella pelle, cominciarono a correre per tutto il campo, abbracciandosi e ridacchiando, buttandosi a terra senza sentire la pioggia battente che aveva iniziato a cadere e usando le pozzanghere per saltarci a piè pari e ridere ancor più a crepapelle. Quando si ritrovarono tutti nello spogliatoio, le docce fumanti riempirono la stanza di vapore e il te caldo servito dall’organizzazione addensò quella nebbiolina, profumandola di limone. Al momento di rivestirsi però, avvenne qualcosa di inaspettato… tutti i calzettoni dei ragazzi erano stati tagliati! Sia sulle punte che sui talloni! Ma che scherzo era questo?? Riccardino, frugando nella sua borsa, notò che il suo paio di calze era intonso. Cercò di nasconderlo, ma Paolone, l’arbitro mangione, quasi soffocandosi mentre trangugiava un pangocciolo, si mise a urlare per far notare che le calze di Riccardino fossero state risparmiate dal taglio! Tutti lo squadrarono con sguardo accusatorio e per contro il piccolo rispose che sarebbe stato sciocco fare quello scherzo evitando le proprie calze, dato che sarebbe stato subito riconosciuto come colpevole. I compagni si accontentarono di quella spiegazione, ma Emilio non sembrava convinto. Tornando a casa, Riccardino incontrò Paolone e sua sorella. Paolone chiese scusa per aver fatto la spia, ma ovviamente la cosa era risultata molto strana e al momento, pensava fosse proprio colpa di Riccardino. Emma, la sorella più piccola di Paolone, ascoltando il discorso dei due bambini concluse che doveva per forza trattarsi del folletto. I due la guardarono increduli. Emma era una bambina intelligentissima e studiosa, non era da lei parlare di assurdità come folletti o altre diavolerie. Eppure, i suoi grandi occhi blu fissarono convinti lo sguardo degli altri due, Emma era perfettamente consapevole di quello che stava dicendo. Propose a Paolone e a Riccardino di avviarsi verso il parco, avrebbe raccontato loro tutta la storia all’ombra del grande Faggio e magari, mangiandosi un bel ghiacciolo al limone. I tre si avviarono verso il chiosco dei gelati e si sedettero sotto i rami del possente albero. Emma si mise davanti a loro. Riccardino arrossì, gli era sempre piaciuta quella bambina. Emma aveva una lunga coda bionda, portata con la riga al centro della sua testolina rotonda. Indossava dei grandi occhiali tondi, che rendevano i suoi occhi blu ancora più grandi e il suo sguardo vispo ancora più attento e vigile. Bravissima a scuola, sapeva sempre tutto ed era una tipa tosta, che sapeva farsi rispettare. Riccardino riuscì a lasciare i suoi pensieri proprio quando Emma stava iniziando a raccontare la storia del folletto.
Sembrava che nel tempo ci fossero state diverse manifestazioni della presenza di un essere dispettoso e magico in paese. Non si trattava di sole voci, ma c’erano anche atti ufficiali di denuncia alla guardia, trascrizioni nei registri del parroco e uno o due articoli de Il Giornale di Lecco che trasformava qualche racconto perplesso di alcuni concittadini in un caso di Mistero, coinvolgendo maghi e sensitivi vari. Quello che sembrava accadere da un bel po’, erano episodi come quello dello spogliatoio: erano diverse le famiglie che si ritrovavano con calzini, canotte, sottane tagliuzzate in lungo e in largo. Emma raccontò che questi episodi si ripetevano da anni, anzi, da secoli e tutti venivano spiegati con la presenza di un folletto all’interno della torre del paese. La torre, un’imponente costruzione in piedi da 900 anni, rappresentava un luogo misterioso, nessuno ci entrava volentieri da solo. La torre aveva vegliato sulla cittadina e dopo tanti anni, tutte quelle avventure pesavano sulle sue mura, arricchendole di storie, fantasticherie e leggende. Il folletto, così come veniva descritto, doveva essere alto poco più di una cinquantina di cm; esile e scattante, con capelli verderame, occhi verdi e pupille grandi e scure. Orecchie appuntite e naso all’insù, capace di ogni trucco, dall’invisibilità alla trasformazione in animali. Erano creature create dal Grande Essere Obrun per spiare le cattiverie e i malefici del mago della Grigna. Emma aggiunse che i folletti erano esseri permalosi e bisognava stare molto attenti con loro! i tre amici decisero di dare la caccia a questo folletto e si accordarono per incontrarsi la sera stessa dopo cena, per entrare nella torre. Emma compilò una lista di oggetti utili e diede l’ordine di ritrovarsi allo stesso punto due ore più tardi. E così fu.
Era una fresca serata di fine estate, le giornate avevano già preso ad accorciarsi e dopo poco avrebbe fatto buio. Riccardino aveva tribolato non poco per avere il permesso da sua madre per uscire. Mentre stavano raggiungendo i piedi della torre e Paolone sgranocchiava rumorosamente un pacchetto di cracker integrali, Emilio li scorse e sbeffeggiandosi di Riccardino-taglia-calzini per farsi grande con Emma, li seguì cercando di ficcare il naso nei loro programmi. Cercando ancora di attirare l’attenzione di Emma, Emilio fece presente che a Milano frequentava il gruppo scout ed era quindi la persona più adatta per fare da guida, ovunque stessero andando. Emma rispose con tono stizzito che aveva già organizzato il gruppo di spedizione e se lui avesse voluto fare qualcosa, avrebbe potuto fare da apripista, ma solo seguendo le sue indicazioni. Non gli restava che accettare. Aprirono un varco attraverso una finestra a nord, era la più bassa e la più accessibile. All’interno l’aria era umida e fredda e il pavimento era ricoperto da uno strato bagnato e scivoloso, come notò Paolone pochi secondi dall’ingresso, scivolando rovinosamente. I tre bambini avevano torce e lampade frontali per ovviare all’oscurità, come aveva suggerito Emma il pomeriggio, Emilio si costruì una torcia con un vecchio straccio trovato fuori dalla torre, ma nonostante il calore emanato dalla torcia, aveva i brividi! Camminavano in fila indiana uno appiccicato all’altro ed Emma li guidò fino alla stanza del Consiglio in cui, secondo la leggenda, doveva trovarsi il rifugio del folletto. Per attirare la sua attenzione, Emma aveva portato con sé qualche barattolo di pesche sciroppate, sembrava che i folletti ne andassero matti. Giunti alla sala del consiglio, fecero un po’ di luce. Posizionarono i barattoli aperti tutto attorno e infine uno al centro. Poco dopo, una folata di vento spense la torcia di Emilio e inspiegabilmente anche tutti i frontali degli altri. I bambini si raggrupparono e Riccardino subito gridò per puntare lo sguardo di tutti alla loro destra. Incredibile, il folletto esisteva. Quando gli altri cominciavano appena ad abituare i loro occhi al buio, Riccardino si sposò a sinistra per seguire la rotta del goloso folletto, ma questo scomparve. Gli altri bambini non vedevano nulla e quando Riccardino fece notare che il folletto fosse sparito, lo guardarono senza capire. Soltanto lui poteva vederlo. Improvvisamente le lampade si riaccesero e con loro persino la torcia di Emilio riprese a bruciare… ma come era possibile? Emilio era ancora inebetito quando gli altri scoppiarono a ridere: era rimasto in mutande! Emma aggiunse subito che la sua teoria sui tagli degli abiti era corretta e il folletto non mancava di colpire i più maleducati con i suoi dispetti. Per calmare la sua voglia era necessario, oltre a una fornitura di pesche sciroppate, eliminare la causa del suo malumore. E la causa si chiamava Emilio. I folletti sono esseri molto permalosi, ma anche sensibili. Non tollerano le ingiustizie e non sopportano che ci si approfitti delle debolezze altrui, per farsi belli e grandi agli occhi degli altri. Emilio rappresentava tutto questo alla massima potenza. Emma propose di ritrovarsi il giorno dopo, alle 4 in punto ora della merenda, sempre alla torre. Emilio avrebbe dovuto chiedere pubblica ammenda dal punto più alto della torre, in modo che tutti lo sentissero. Solo così il folletto si sarebbe calmato. Lasciarono ancora qualche barattolo e mentre se ne andavano, Riccardino scorse il folletto in un angolo, con la bocca impiastricciata dallo sciroppo che gli fece l’occhiolino con fare compiacente.
La mattina successiva, gli amici distribuirono i volantini preparati da Emma in modo da radunare una folla numerosa all’incontro. Riccardino non era il solo ad essere preso in giro da Emilio, lo stesso Paolone era una delle sue vittime. Con loro altri bambini accolsero volentieri l’invito delle scuse ufficiali. Prima delle 4, attorno alla scacchiera gigante sotto la torre c’era già un bel vociare e questo avrebbe già bendisposto il folletto. Emilio rientrò nella torre da solo e mentre raggiungeva la loggia, lasciò qualche barattolo di pesche. Una volta in cima, si affacciò e a voce alta urlò la filastrocca che Emma gli aveva scritto:
Buongiorno a tutti, ma soprattutto al folletto
A cui chiedo scusa, per evitare lo scherzetto.
Lui taglia calzini, canotte e pantaloni
Ma le mie prese in giro creano tristi emozioni.
A lui e a tutti voi chiedo ammenda
Sperando che si risolva la faccenda
Dichiaro a tutti di essere pentito
E spero pertanto di esser capito.
Chiedo al folletto un po’ di rispetto.
In cambio pesche con lo sciroppo prometto.
Grazie a tutti di avermi ascoltato
Adesso per tutti un grande gelato!
Il folletto da quel giorno ebbe una fornitura garantita delle sue amate pesche sciroppate ed Emilio i vestiti integri. Tutta la storia servì da lezione ai bambini sbruffoncelli e prepotenti, tanto che ancora oggi le mamme li sgridano ricordando lo scherzetto del folletto dei calzini.
<br><div class="separator" style="clear: both;"><a href="https://lh5.googleusercontent.com/-E_nHjO4b0qk/U_tNeiorwMI/AAAAAAAAAc4/LkDGPYfCcmo/s640/blogger-image--2001689298.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" src="https://lh5.googleusercontent.com/-E_nHjO4b0qk/U_tNeiorwMI/AAAAAAAAAc4/LkDGPYfCcmo/s640/blogger-image--2001689298.jpg"></a></div>Anonymoushttp://www.blogger.com/profile/00757936140595998042noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-3046614112719041447.post-17040786015314004782014-03-17T21:09:00.000+01:002014-03-17T21:09:00.218+01:00I sogni di Agostino - La mamma e il lanciatore di coltelli<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="http://2.bp.blogspot.com/-yY1DG3pzl2o/UydWAIJvIqI/AAAAAAAAAag/MiyYtiZZ5Rg/s1600/9999002440-l.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" src="http://2.bp.blogspot.com/-yY1DG3pzl2o/UydWAIJvIqI/AAAAAAAAAag/MiyYtiZZ5Rg/s320/9999002440-l.jpg" /></a></div>
In un paesino disperso fra le dolci colline toscane, abitava Agostino, un bambino di 8 anni vivace e con due grandi occhi verdi che spiccavano sul suo incarnato bruno e olivastro. Il suo papà lavorava come sagrestano nella Parrocchiale del paesino e si occupava anche delle altre 6 chiese, delle 15 cappelline e delle stazioni decorate delle due vie-crucis che il comune di nemmeno 1000 anime vantava. Ovviamente c'era poi il santuario. La mamma di Agostino, invece, era partita già da qualche anno per inseguire il suo sogno: diventare la donna del lanciatore di coltelli, per provare quell'ebrezza adrenalinica che solo la paura può garantire. Le chiacchiere in paese raccontavano altro, ma questa è un'altra storia. Dopo la partenza di Ortensia, questo era il nome della mamma, il papà di Agostino dovette rinunciare al suo sogno e cercare di guadagnarsi da vivere per permettere a lui e al bambino di avere un'esistenza dignitosa. Questo però non era sufficiente per quell'omino laborioso e instancabile, perché in cuor suo restava un desiderio grande: far studiare il suo figliolo e garantirgli un avvenire roseo e di successo, quello che lui non aveva potuto nemmeno rincorrere. La Ortensia gli rubò il cuore quando ancora erano due ragazzini e l'annuncio dell'arrivo di Agostino affrettò i preparativi delle nozze di quei due bambinetti o poco più. Gia' allora la sua attività di pittore passò in secondo piano, perché era necessario un lavoro più redditizio per mantenere la nuova famigliola e così il babbo iniziò a lavorare nella fabbrica di guanti di pelle giù in città. Ogni mattina se ne partiva con la sua bicicletta un po' scassata, con lo zaino in spalla, dove custodiva il suo pranzo e uno dei suoi quaderni per fissare uno dei fiori del cortile, un passero attratto dalle briciole del suo panino o qualsiasi altra scena che colpendo il suo sguardo, avesse potuto tracciare a colpi di carboncino. Il lavoro era pesante, ma non si lamentava mai e quando tornava a casa, aveva sempre un sorriso per la sua Ortensia e energie per i giochi con il suo Agostino. Quando lei se ne andò, la casa e il bambino necessitavano la sua presenza e il lavoro in città lo teneva via troppo tempo. Così, liberatosi il posto di sagrestano, lo accettò con umiltà e riconoscenza. Le sue mansioni erano le più svariate: spazzare, lustrare, raccogliere le offerte, allestire la chiesa a festa, disallestire la chiesa, parare a lutto, portar fiori e ciotole da una cappella all'altra, contar particole, suonar le campane, riporre i lumini, cantare alla Messa ecc... C'era sempre da fare, ma ogni tanto, nella tranquillità delle prime ore della mattina, quando ancora la notte non se n'era andata del tutto, c'era una cosa che il sagrestano amava del suo lavoro. A quell'ora, quando fuori ancora era buio, si concedeva un piccolo lusso che il prevosto non avrebbe mai approvato: sgattaiolando in sagrestia, dal pannello elettrico accendeva le sole luci che illuminavano le grandi pale d'altare, solo quelle, lasciando nel buio completo il resto della Parrocchiale. Tornando in chiesa lo spettacolo era maestoso: le grandi e imponenti tavole dei maestri del '400 risplendevano sotto la luce che ne valorizzava la perfezione e l'uso sapiente del colore. Che delizia per gli occhi di quel povero pittore mancato! Grandi opere tutte per lui. Ogni tanto, quando il parroco era via per qualche pellegrinaggio o in città per le visite in Curia, anche Agostino era invitato a quello spettacolo privato. Lo andava a svegliare da quel suo sonno sereno, quello che solo i bambini possono dormire, per poi caricarselo sulle spalle ancora mezzo addormentato e portalo in chiesa, dove gli svelava i segreti della prospettiva, delle sfumature o i significati delle allegorie. Agostino non ci capiva un granché e non capiva come mai si dovesse andare tanto presto a vedere quelle pitture che se ne stavano tutto il giorno appese al loro posto, senza muovere un passo. Anonymoushttp://www.blogger.com/profile/00757936140595998042noreply@blogger.com0