Scrivere è sempre nascondere qualcosa, in modo che poi venga scoperto.

- Italo Calvino -

Pagine

30.7.11

L'hotel - 3. Torce e mantelle da pioggia

I titoli di coda si accompagnarono alle prime gocce di pioggia. Un venticello fresco aveva invaso il paese rubando qualche foglia verde ai rami degli alberi nel giardino della fonte. La nonna stava già estraendo dalla sua borsa l'ombrellino pieghevole per sè e uno per il nipotino e per avviarsi con lui nella pioggia sempre più fitta, disperdendosi velocemente nel buio di quella sera d'estate. Quando giunsero all'inizio della salita, videro Mila seduta sul muretto della grande fontana al centro della piazza con Chicca, la sua amica. Subito la ragazzina corse incontro ai due e con un grande sorriso smielato, chiese alla nonna il permesso di restare a dormire da Chicca. Pensando di regalare alla nipote una serata con l'amica del cuore, la nonna accodiscese senza troppe storie. Ovviamente il programma riservava delle sorprese...
Chicca chiamò a casa dal suo cellulare rivestito di swarowsky rosa e avvisò che sarebbe andata da Mila per la notte, la madre le stava chiedendo se non tornasse a prendere le sue cose, ma Chicca aveva già riattaccato e saltellava di gioia con Mila, entrambe eccitate per la loro serata da brivido. Chiaramente c'era un complice in tutta questa faccenda e si chiamava Jules per tutti, ma all'anagrafe rispondeva al nome di Giulio Riccotri, il fratello di Federica Riccotri, meglio conosciuta come Chicca. Jules aveva qualche anno in più della sorella e qualche permesso in più, anche se i loro genitori non potevano definirsi severi. Se i genitori di Mila viziavano lei e il marmocchio per il loro frequente "assenteismo", quelli dei fratelli Riccotri li viziavano e basta, senza chiedersi il perché. Erano una famiglia agiata e potevano permettersi molti sfizi, che spesso apparivano assurdi anche a Mila che, di certo, non veniva da una famiglia in miseria. Jules aveva un suo appartamento al paesino e da tempo, vi trascorreva buona parte delle vacanze estive insieme ad amici e conoscenti vari. Quella sera toccò a sua sorella e amica. Dopo la loro missione, avrebbero potuto continuare la loro avventura, come ospiti di Jules, restando alzate fino all'alba. Sapendo che i genitori di Chicca uscivano spesso fuori a bere qualcosa fino alle 23.00, le due amiche decisero di tardare la loro uscita e di attendere i momento propizio da Jules.
L'appartamento si trovava in un grazioso complesso residenziale di recente ristrutturazione, in cui il signor Riccotri aveva svolto alcuni lavori ottenendo, oltre al suo compenso, un piccolo appartamento. Si trovava dall'altra parte del fiume rispetto alla casa della nonna di Mila, sul viale degli Ippocastani. Era una casa molto particolare: travi a vista, ma iper-moderna, soppalco adibito a spazio notte. La lunga finestra del soggiorno incorniciava il vecchio hotel alla perfezione e questo si ergeva imponente, sopra i rami degli ippocastani. Il piano era il seguente:
- aspettare le 23.00, in modo che i parents fossero già rincasati;
- uscire con mantelle anti-pioggia e torcia (le mantelle erano a casa della nonna, quindi niente da fare!)
- scavalcare la recinzione del parco e avvicinarsi all'hotel;
- eventualmente trovare un via d'accesso alla struttura e finalmente... vederci chiaro!
Le due amiche stavano discutendo sul da farsi accovacciate sul lettone e Jules se ne stava sdraiato sull'altro letto, con un sottofondo di musica ambient, che non gli impedì di origliare la conversazione e incuriosirsi. Non che fosse particolarmente interessato ai giochi della sorellina, ma in quel caso riguardava il vecchio hotel e... da sempre anche lui ne era estremamente affascinato.  Interrompendo i programmi delle due adolescenti, Jules si propose di accompagnarle con un amico, offerta che fu accolta con entusiasmo, vista la fifa che le due avevano a malapena nascosto l'una all'altra. La cosa si faceva interessante. Jules si dimostrò fin da subito appassionato alla storia di Mila e raccontò qualcosa che Mila ancora non sapeva:

Il signor Putti era un vecchio prozio dei signori Riccotri. Un tipo estroso e schivo, non amava mescolarsi con i suoi compaesani, forse anche perché di origini Pavesi, non si era mai realmente integrato nella piccola comunità montana e quindi un po' chiusa. Aveva molte passioni e il giardinaggio di certo era una di queste. Proprio grazie alla sua capacità nel generare ibridi di fiori ebbe l'ingaggio al Grand Hotel, un lavoro che lo accompagnò per gran parte della sua vita. Il signor Putti non dava confidenza a nessuno, nemmeno ai colleghi o agli ospiti dell'hotel, trascorreva le sue giornate dedicandosi alla cura delle piante e alla serra, per poi ritirarsi nella sua casa, in cima alla salita di via Belvedere.
Quando l'hotel era già divenuto vetusto per la sua clientela esigente e snob, si presentò la necessità di sistemare alcune camere al quarto piano dove l'umidità aveva arrecato parecchi danni. Fu in quell'occasione che il signor Putti, per la prima volta, entrò in confidenza con qualcuno... il nonno di Mila. I due erano uomini pratici, di poche parole e profondamente innamorati della natura ancora intatta del piccolo paese di montagna. Queste poche e semplici basi comuni li resero buoni amici.
Quando l'hotel chiuse, il signor Putti cominciò a trovare inutile la sua permanenza nella grande casa in via Belvedere, anche perché il suo nuovo compito di custode lo richiamava spesso, anche alle ore più tarde, al suo lavoro, giù all'hotel. Così, confrontandosi con Piero, pattuirono la vendita della casa, ancora di proprietà della famiglia Salaroli, i vecchi gestori dell'albergo, ormai rovinati dal fallimento e straziati dal dolore per la perdita della loro cara figliola Maria. In paese si bisbigliava che fosse una ragazza lunatica, dalle strane abitudini, in realtà doveva trattarsi semplicemente di una fanciulla timida e riservata.

Le due ragazze ascoltavano da sotto la coperta e continuavano a fare domande per capire, per collegare, ma Jules, prendendosi un pochino gioco di loro, le lasciava con il fiato sospeso...

L'hotel non funzionava da tempo. Il paesino aveva perso la sua attrattività e i villeggianti erano ormai divenuti una categoria turistica superata. I ben più moderni turisti viaggiavano in aereo, verso mete lontane e più esotiche e chi desiderava un soggiorno relax alle terme, si affidava alle cure e all'ospitalità di zone più al passo con i tempi. Ben presto, furono chiuse intere ale della grande struttura, per cercare di contenere i crescenti costi e soprattutto tutelando i pochi ospiti da eventuali pareti pericolanti o soffitti sull'orlo del collasso per le gravi perdite al sistema idraulico. Un vero e proprio inferno, ben lontano dalle immagine in bianco e nero che restituivano ambienti di lusso, arredati con mobili pregiati e affollati da eleganti figure di donne agghindate a festa e uomini lustri e tirati a puntino. Nonostante i numerosi e frequenti interventi di manutenzione, le cose non miglioravano e soprattutto nulla impedì che avvenisse la tragedia... Maria, l'unica amata figlia dei signori proprietari, volendo raggiungere il salone delle feste per il grande banchetto di Capodanno dell'anno 1950 e sua effettiva entrata in società, si servì dell'ascensore dell'ala est, rovinando per più di quattro piani, nella tromba di questo. Il suo corpo esanime fu trovato proprio dal signor Putti, che mai riuscì a darsi pace per quanto accaduto, ritenendosi direttamente responsabile del mancato funzionamento della macchina. Quel tanto moderno aggeggio, che i suoi genitori avevano così insistentemente voluto all'interno del loro lussuoso albergo, aveva ammazzato la loro unica figlia e gettato l'intera famiglia nella più completa e fosca disperazione. 
Da allora tutti sostenevano che il fantasma della giovane girovagasse nelle stanze e nelle sale vuote del vecchio edificio, piangendo la perdita della sua esile vita e del suo splendido hotel. Ciò che più stupì, fu la scomparsa del Signor Putti, il quale, ormai ricoverato nell'ospizio locale, morì nelle stesse circostanze della figlia dei suoi padroni. Inspiegabilmente, anche il nonno di Mila, ormai molto anziano e con una salute ormai precaria, passò a miglior vita in condizioni simili, a un anno di distanza dall'amico, nella casa che ancora oggi abitava la sua dolce compagna. Sembrava che un lungo filo rosso attraversasse gli anni e ricollegasse una serie di fatti e... persone. 

Un brivido percorse la schiena di Mila che, gettando uno sguardo all'amica, trovò un viso impallidito, nascosto dal bordo della coperta di cotone. Paura o no, era ora di andare. Jules fece uno squillo a Balù, un ragazzotto con cui usciva in paese e che conosceva da una vita e che tanto ricordava l'orso della Disney. Balù rispose con un sms, il trillo fece trasalire Chicca che rovesciò la Coca che stava versando in una gigante tazza da tea:

"Sono qua sotto, frà."

Uscirono verso le 23.30, per essere certi che eventuali parenti non fossero in zona. Avevano una torcia ciascuno e per star più tranquilli, Balù portò anche le luci da pesca usate da suo nonno per la pesca in notturna al lago. Si avviarono lungo una brillante strada nera, illuminata dalle luci dei lampioni, deserta e fredda.

Giunti all'hotel, decisero di entrare dal retro, dal lato che costeggiava il percorso ciclabile, sarebbe stato più sicuro, nonostante fosse più pauroso... non si vedeva quasi nulla. Mila scavalcò per prima, seguita da Jules, quindi da Chicca. Balù si fece attendere un pochino, la sua stazza non gli permetteva di essere troppo agile e veloce e le due amiche ridacchiarono sotto i baffi. Il parco era buio e umido. Le esili luci dei vecchi lampioni della ex-ferrovia riuscivano a malapena ad illuminare il perimetro, più in là era il buio completo. Per non attirare l'attenzione, decisero di procedere fino all'interno senza accendere le torce. Calpestandosi a vicenda e inciampando nelle grosse radici, raggiunsero il lato dell'hotel che presentava una piccola apertura, una bocca di lupo delle cantine, da dove Balù non sarebbe mai riuscito a passare. Dovevano dividersi. Chicca, così schifiltosa, vedendo qualche ragnatela sul bordo del passaggio, lasciò proseguire Mila con il fratello e decise di aspettare con Balù, che gli altri due forzassero qualche porta o alzassero una persiana dell'ingresso. Da buon cavaliere, Jules scivolò per primo nell'angusta feritoia e fu subito ingoiato da un buio ancora più fitto di quello che già accerchiava i quattro avventurieri. Da sotto arrivò la sua voce rassicurante e un fascio di luce, smorzato dal cappellino. Mila si fece coraggio e sedendosi sul bordo, si sentì prendere da Jules e si lasciò cadere. Erano dentro. La puzza di muffa e umidità era fortissima. Un fitto strato di polvere e ragnatele rivestiva ogni cosa: vecchi tavoli accatastanti, poltroncine coperte da pesanti teli damascati, damigiane vuote, addirittura un piccolo calesse. Tutto appariva color seppia, giallastro per il cono di luce della torcia, così sottile rispetto a quell'ambiente enorme. Avanzarono nella sala, alla ricerca delle scale per accedere al piano terra. Si muovevano vicini e dopo qualche passo, Jules prese la mano di Mila. Finalmente trovarono le scale, anguste e ripide. Lo scricchiolio di un gradino fece stringere le loro mani ancora più forte. Sbucarono al piano terra, anche se il passaggio era ricoperto da un pesante arazzo, probabilmente uno dei rimasugli dellle aste che fino a qualche anno prima si tenevano all'interno dell'hotel, per sbarazzarsi della chincaglieria che era rimasta, cercando di racimolare qualche soldo. Si trovarono in un lungo e ampio corridoio, su cui si affacciavano... innumerevoli porte in vetro e legno. Puntando le torce in avanti, il riflesso sui vetri dava l'impressione che ci fosse qualcuno in quelle sale, nascoste dietro le porte. I due ragazzi procedevano lentamente, guardandosi più volte le spalle. Fuori Chicca continuava a sbuffare, chiacchierando continuamente, per riempire quel vuoto che era così spaventosamente fermo, incolore e privo di vita. Dopo qualche minuto, Jules notò che la stanza si apriva e un po' di luce filtrava dall'alto, attraverso alcune vetrate, su cui ancora era leggibile l'insegna del vecchio hotel. Erano nel salone di ingresso. Un immenso scalone in marmo bianco si ergeva alle loro spalle, intrecciandosi in due imponenti rampe di scale, che continuavano a salire verso i piani più alti, dove risiedevano i proprietari. Jules cercò di sollevare una delle tapparelle, ma dopo qualche centimetro, la vecchia corda si sfilacciò facendo ricadere con un pesante tonfo la tapparella. Balù sobbalzò, risvegliandosi dal torpore in cui era caduto con le chiacchiere di Chicca. Corsero entrambi in direzione del rumore e sentirono che gli amici si trovavano dall'altra parte della finestra. Balù recuperò una sedia in ferro dalla veranda, mentre Jules tentò la fortuna con la tapparella di fianco alla prima. Una volta che fu sollevata di mezzo metro, Balù piazzò sotto la sedia, così da garantirsi una via di fuga, quando sarebbero usciti.
Si trovavano al centro dell'hotel, sopra di loro un grande, grandissimo lampadario in ferro battuto ricadeva dal soffitto. Un tempo doveva essere stato un luogo... maestoso. Il solo lampadario non sarebbe entrato nell'appartamento di Jules! Davanti a loro, la serie di gradini bianchi. Decisero di portarsi nell'ala est, dovevano trovare l'ascensore.


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La parola di oggi:

Vetusto - Vecchio, antico, superato, datato.

26.7.11

I tesori raccolti

Dopo la nostra caccia della scorsa settimana, io e Sbirro siamo partiti per nuove avventure.
Attratti dai colori e dai profumi della bella stagione, abbiamo continuato le nostre passeggiate, portandoci un bel cestino da pic-nic per non rimanere privi di energie... mmm! Quanto siamo golosi! Volete sapere la nostra bevanda preferita? Il latte naturalmente!
Comunque, durante la nostra escursione di ieri, abbiamo raccolto nuovi piccoli tesori...
Ecco il primo:


E' solo un soffio
veloce, fresco e bricconcello.
In un battibaleno diventa un tornado
ma subito torna a farsi più rado
Il birbante porta arruffio
si chiama Venticello

Il secondo tesoro, è un bene prezioso:


Scorre, gorgoglia e spruzza
gelida, salata e anche gassata.
Quella di cui racconto non è aranciata!
Signore e signori è l'acqua la nostra nominata!
Risorsa e amica
aiuto essenziale nella fatica
Nutre e lava, produce e non si sa fermare
Per tutte queste ragioni... non la devi sprecare!!

Cari bimbi, io e Sbirro abbiamo raccolto questi tesori, a cui abbiamo dedicato due allegre filastrocche. Ricordate di non sottovalutare le energie pulite, perchè non sono di certo inferiori a tutte le bislacche invenzioni umane, che benchè molto utili, non hanno fatto altro che inquinare e rovinare la nostra bella Terra...

Immagine da google, cliccate per risalire alla fonte
Augurando a tutti voi una splendida settimana, vi invito a ripassare ne La Casa di Vetro, per la terza parte del racconto L'Hotel... chissà che cosa scoprirà Mila?!
Un Mao da Sbirro.

21.7.11

Diario di un folletto senza lavoro

Caro diario,
oggi non ce la faccio proprio più!
Una volta c'erano principesse con lunghi capelli biondi, setosi e lucenti, in grado di ammaliare anche i cattivi peggiori con la loro dolcezza e con uno dei loro sorrisi. Oggi non è più così.
Una volta le fiabe inziavano con c'era una volta, ma oggi, già l'altro ieri è passato remoto dimenticato e sepolto.
Una volta i principi erano azzurri, portavano piume sul cappello e cavalcavano bianchi destrieri. Oggi hanno occhiali scuri, non si lavano e montano in sella a moto elaborate e aerografate.
Una volta i cattivi vestivano di nero, avevano i capelli mesciati di verde e labbra viola, oggi si chiamano cantanti e hanno milioni di spettatori.
Il mondo non è più quello di una volta e per un folletto la vita è davvero difficile. Non ti senti al passo con i tempi e non sai se potrai ancora interessare ai bambini, che non credono più a nulla se non lo vedono sui loro canali satellitari o dentro al game-boy advanced. La scorsa settimana sono stato invitato in un asilo e quando mi sono presentato al mio pubblico, indossando il mio abito dell'Alto Ordine dei Folletti Magici da Soffitta... sono stato deriso da tutti i bambini presenti! Le scarpe con la punta arrotolata non vanno più di moda, come del resto, i cappelli a punta!
Inoltre, le principesse sono insopportabili. Una volta eravamo i loro compagni di giochi, passavamo intere giornate a pettinare i pony e a rincorrere i nani nella foresta, ma ora... Non fanno altro che fotografarsi in pose assurde, per il loror profilo su facebook e colorarsi le unghie di nero! Antipatiche...
Non si capisce più niente, le streghe sono idoli e le principesse diventano brutte e piene di brufoli, le regine soffrono di crisi di panico e i re annegano le proprie sofferenze nella birra, imitando Homer Simpson. Per noi folletti è frustrante.
Non avevo altra scelta che affidare i miei pensieri a te, caro diario, raccontandoti quante stranezze sia costretto a vedere ogni giorno, nella mia vita di folletto senza lavoro, io, un disoccupato.... da non credere! Costretto ad accettare i lavori più disastrosi, come fare da preda alle gare di Agility Dog! Che tristezza! E quegli usurai dei gufi che non mi permettono più un danaro di dilazione dal mio prestito per pagare il mio piccolo nido da folletto... sgangherato e umido, quasi quasi sarebbe meglio trasferirsi da Shreck nel suo putrido laghetto da orco!

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La parola di oggi

Agility Dog - 


A caccia di gnomi



Questa mattina io e Sbirro siamo usciti prestissimo, perchè avevamo un'importante missione: trovare gli gnomi da vaso.
Sbirro indossava la sua pettorina, io il mio cappello da cacciatrice di gnomi e scarpe anti-impronta e anti-rumore. Eravamo ben equipaggiati.

Abbiamo iniziato a cercare nei vasi dei ciclamini, per vedere solo qualche gnomo scappare via a gambe levate.




Li abbiamo inseguiti nel prato, fidandoci dell'olfatto infallibile di Sbirro. Senza risultati. Qualli scappavano in ogni direzione, era tutto un brulichio di cappellini a punta! Sbirro impazziva!













Dato la grande fatica, ci è venuto un certo appetito, così Sbirro si è gustato un buon filetto di pesce e io un cestino di succosi lamponi... conditi con confetti colorati e gelato al fiordilatte!
Alla fine della giornata, ci siamo ritrovati esausti sul nostro divano, nella Casa di Vetro... con un minuscolo libricino rivestito di seta rossa, chiuso da una margherita. Ma eravamo così stanchi da non riuscire nemmeno ad aprirlo...
In un batter d'occhio Sbirro era già caduto nel mondo dei sogni...
...e io con lui.

Vi aspettiamo domani sera per la pubblicazione inedita del manoscritto di seta rossa, chiuso da una margherita! Scopriremo insieme di che si tratta! Mi raccomando, ricordate i pop-corn!


19.7.11

L'hotel - 2. Un pomeriggio in bibicletta

L'indomani, fu la quiete dopo la tempesta. Un sole deciso e giallo illuminava le foglie appiccicate sul manto della strada e filtrava nelle persiane della casa della nonna. Era mercoledì, perciò la nonna si era alzata presto per sbrigare le faccende di casa e uscire a fare la spesa al mercato. Mila si stava vestendo in camera, mentre la nonna e il fratello erano già pronti per uscire. Si era svegliata più stanca della sera prima e ogni gesto le costava molta più fatica del solito. Si avviarono insieme lungo il vialetto di casa, chiacchierando delle famiglie della via, che da lì a qualche giorno avrebbero fatto ritorno dalle loro vacanze al lago e al mare. In fondo alla strada, svoltarono nella ex-ferrovia, il tracciato ora divenuto un percorso ciclabile e pedonale, che si snodava praticamente lungo tutta la valle. La nonna propose ai nipoti di andare a farsi un giro in bicicletta nel pomeriggio, per ingannare il tempo e arrivare a cena con un po' più di appettito... il marmocchio non era una buona forchetta, avrebbe mangiato soltato panini imbottiti e patatine di plastica.
Il mercato era un caos. Ogni banchetto era fornito di tende parasole per proteggere la merce esposta alla bell'e meglio, mentre i venditori strillavano per attirare le signore. Le clienti passeggiavano qua e là, con pesanti borse di plastica issate sulle braccia, contenenti frutta, verdura, pesce e ogni altra bontà, osservando con interesse le bancarelle di abbigliamento e di merceria, ormai una rarità fra i prodotti scadenti cinesi. Qualche gruppetto di signore coglieva l'occasione per fare quattro chiacchiere con le amiche e si formava una fiumana di gente lungo tutto il percorso, interrotta da qualche ragazzino in sella alla propria bici e qualche cane al guinzaglio in preda a un attacco euforico, davanti al banchetto dei polli arrosto. Erano soprattutto i fruttivendoli ad essere urlatori accaniti, in grado di strappare un sorriso (e un chilo di pesche) a molte signore, compiaciute dai festori complimenti sbandierati ai quattro venti. Non era il caso della nonna. Il suo modo di scegliere la merce non veniva influenzato da simpatie o abitudini, nè tantomeno dalle urla dei venditori, ma semplicemente dai suoi sensi. Gentilmente, chiedeva di poter tastare una pesca, ovviamente con un fazzoletto di lino, ricamato, oppure di poter odorare il profumo dei meloni, di battere dolcemente i cocomeri. Solo così era certa di comprare i prodotti migliori. Avevano ormai terminato il loro giro, mancava soltanto il banchetto del pesce, quando la nonna si accorse di aver perso di vista la nipote. Strinse il bambino a sè e si guardò in giro trafelata, quando vide i capelli rossi della nipote fra la folla, diretti verso la via di casa. Si affrettò a fare il suo ordine e si avviò verso di lei, ma subito la perse, nuovamente, di vista. Mila era in mezzo alla folla, si sentiva frastornata da quei rumori, da quel vociare, il caldo le stava dando alla testa, aveva bisogno di appartarsi da quel marasma. Si stava sedendo sul muricciolo all'inizio del percorso ciclabile, quando vide qualcosa, o meglio, qualcuno. Aveva la testa china per rallentare i capogiri e fissava l'asfalto, quando poco distante dal suo piede strusciò l'orlo di un lungo abito scuro, bordato di perline in tinta, tintinnanti e sfaccettate. Chi mai era vestito in quel modo, in quella stagione e di mattina?? Fu solo per un secondo. Mila vide l'abito intrufolarsi fra la gente, che lo inghiottì senza accorgersi di alcuna stranezza. Cercò di farsi strada, per vedere di chi si trattasse, chi fosse, ma niente. Una donna la guardò sdegnata, commentando quanto fossero maleducati i ragazzini moderni. Chi mai poteva essere? Perché era vestita in quel modo? Di certo si trattava di una donna, con un abito lungo, da sera. Era ancora persa nei suoi pensieri, quando qualcuno la ritrasportò alla realtà con un brusco richiamo. La nonna aveva la faccia paonazza e suo fratello aveva un sorrisetto sarcastico stampato sulle labbra, soddisfatto che, per una volta, fosse stata lei a creare disagio. Mila ascoltò la ramanzina in silenzio, con la mente presa da altre questioni, poi chiese scusa e la nonna l'abbracciò a sè. Il marmocchio sbofonchiò qualcosa sotto voce, indispettito che la cosa si fosse già risolta. Una volta a casa, ci fu giusto il tempo di apparecchiare il tavolo della veranda e mettere sul fuoco qualcosa, per pranzare alle 12.30 come ogni altro giorno. Dopo il pasto, rimasero tutti seduti, sorseggiando il fresco te freddo preparato in casa dalla nonna, dissetante e rigenerante dopo il caldo della mattinanata. In veranda si stava benissimo, le vecchie piante del giardino riparavano quell'angolo dalla canicola del mezzogiorno ed era piacevole indugiare seduti nelle comode poltrone da giardino, rivestite di cuscini verde smeraldo. Nelle giornate tranquille si potevano sentire i colpi dei giocatori, dai vicini campi da tennis. Un rumore sordo, compatto e profondo.
Mila prese la bici della nonna, il marmocchio inforcò una vecchia mountain-bike. Si diressero a nord, in direzione dell'alta valla. L'aria era fresca, ma le salite richiedevano un po' di sforzo e qualche goccia di sudore imperlava le fronti dei due fratelli. Il tracciato era abbastanza facile e si incontravano ciclisti professionisti, come bambini alle prime armi senza rotelle. Di tanto in tanto, la pista si inoltrava in una delle antiche gallerie della ferrovia, che si illuminavano grazie a una fotocellula posta all'ingresso del tunnel. Dalle pareti gocciolava dell'acqua, gelida come l'aria all'interno dei passaggi. In quei tratti i due fratelli sfrecciavano ancora più veloci, forsi un po' impauriti da quei luoghi così antichi e suggestivi. Giunti alla fine del percorso, si mangiarono un gelato in una piazzola allestita con panche e tavoli, oltre a qualche gioco per i bambini. Mila non voleva tornare troppo tardi, sapeva che la sera l'arietta si sarebbe fatta più fresca e in bici l'avrebbero sentita ancora più fredda. Si rimisero in marcia per fare ritorno, sfidandosi per arrivare primi. Ad ogni pedalata acquistavano velocità, ma Mila era comunque in vantaggio, la bici della nonna era più nuova e aveva anche un ottimo cambio, senza contare che lei era più preparata fisicamente del fratello, un vero e proprio poltrone! Erano a metà percorso, quando Mila perse l'equilibrio per ... qualcosa... che le attraversò la strada, proprio in una delle gallerie. Mila toccò i freni, ma il suolo, bagnato dall'umidità della galleria, non le permise di rimanere in equilibrio e cadde, sbucciandosi un ginocchio. Il marmocchio l'aveva appena superata e frenò, facendo stridere i vecchi cuscinetti arrugginiti. Solo allora si resero conto di essere al buio. La fotocellula non era scattata e le luci non si erano attivate. Forse era solo suggestione, forse non era stato un bel niente a farla ruzzolare, solo un sasso o un ramo in mezzo alla strada. Forse. Si tranquillizzarono a vicenda e Mila si rimise in piedi, quando, osservando l'altro capo del tunnel rabbrividì di colpo. Qualcosa di chiaro fluttuava al centro dell'arco del tunnel, proprio in fondo, sopra l'uscita. Senza lasciarsi prendere dal panico, attivò la dimo e suggerì al fratello di fare lo stesso, in modo da non brancolare nel buio totale. Anche lui aveva visto quella...  cosa, lo capì dal tono della sua voce. Canticchiando e fischiando avanzarono a testa china, per non guardare la cosa, che comunque rimaneva là dove l'avevano vista. Solo giunti alla fine, si resero conto che si trattava di un vecchio celophane strappato, rimasto impigliato in una delle luci. Entrambi trassero un silenzioso respiro di sollievo e fecero finta di nulla, continuando a pedalare, forse con più foga rispetto all'andata. In un batter d'occhio raggiunsero il paese e in fondo alla via della nonna, proprio dietro l'hotel, Mila incontrò un'amica che non vedeva dall'estate precedente. Il fratello le disse che sarebbe andato ad avvisare la nonna del loro ritorno e di rimanere pure con Chicca. Le due ragazzine si abbracciarono e cominciarono a raccontarsi un anno di scuola, di pallavolo e di equitazione e tutto ciò che non si erano potute scrivere tramite e-mail. Poi i genirtori di Chicca la chiamarono, salutando Mila da lontano. Le due si diedero appuntamento per la sera stessa, dopo cena, in modo da recuperare il tempo perduto. Mila prese la bici e la spinse su per la salita che conduceva alla casa della nonna. Arrivata al tornante, alzò distrattamente lo sguardo verso l'hotel, ma qualcosa attirò la sua attenzione: in tutta la facciata a nord, solo una finestra aveva le persiane aperte. Non aveva mai notato se fossero sempre state così o no, ma notò in quel momento, che in quella finestre erano spalancate. Scansò i pensieri foschi, per quel giorno ne aveva abbastanza. Affrettò il passo e chiuse il cancellino dietro di sè, sentendosi finalmente al sicuro.
Quella sera, la cena fu consumata velocemente, la nonna doveva andare in piazza per il cinema d'essay e il marmocchio l'avrebbe accompagnata, senza troppa voglia e Mila aveva appuntamento con Chicca, non stava più nella pelle. L'aria della sera era fresca e il cielo luminoso si offuscò a causa di qualche nube da ovest. L'indomani forse sarebbe tornata la pioggia, ma le due amiche avevano troppo da condividere per notare i cambiamenti metereologici; i segreti furono sussurrati al chiarore di una luna spettrale, che faceva capolino da una lunga nuvola scura, presagio di nuovi temporali e misteri da svelare.
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La parola di oggi
Canicola - Calura, caldo, solleone, definisce un periodo dell'estate, in cui il caldo è molto intenso e soffocante. In questo caso si intende un caldo insopportabile.

15.7.11

Sbirro e le pulizie

Ieri mattina è scoppiato un altro temporale, ma senza lampi o tuoni. L'altra sera, invece!! Il cielo è diventato giallo, un vento fortissimo ha trascinato cose, rami, foglie dappertutto e una pioggia scrosciante si è riversata su tutto il paese. Sbirro era a casa da solo, è stato molto coraggioso! E' strano, proprio il giorno prima vi ho raccontato la prima parte della storia di Mila, in cui è scoppiato un tremendo temporale. Chissà che cosa succederà nella seconda? E succederà ancora anche a noi? Bah...
Il canguro meditabondo è in cerca di una risposta...

Comunque, visto il tempaccio mi sono data alle pulizie di casa (voi aiutate la mamma?) e Sbirro mi ha dato una mano...
  • Prima ha infilato le sue zampe con cuscinetti morbidi nel secchio, schizzando acqua tutto intorno.
  • Poi è passato, con aria indifferente, sul parquet appena lavato.
  • Si è intrufolato nell'armadio e non voleva saperne di uscire! Ma, a volte, avere la coda può essere svantaggioso ;o)
  • Infine, visto che avevo cambiato le lenzuola e il lettone profumava di pulito, ha pensato bene di andarvi a fare i suoi comodi, guardate qua:

Avrei potuto punirlo?? Naaaa!


Che birbaccione! L'unico piccolo castigo è stato quello di pettinarlo, però quante storie! Diventa molto brontolone quando viene spazzolato, anche se sul testone gli piace moltissimo! Voi fate i capricci quando la mamma vi disfa tutti i nodi? Ricordate che le principesse delle fiabe pettinano la loro chioma ogni ora, per farla diventare lucente e morbidissima!

Vi aspetto la prossima settimana per continuare l'avventura di Mila! Spero di poter regalare anche una nuova storia ai più piccoli!
Sbirro insiste per dire la sua: mao, mao maaao. Mao!

13.7.11

L'hotel - 1. Una pizza per cena e te al bergamotto

La tazza di latte era già pronta in tavola, con la scatola di biscotti e la mela, tagliata a fettine sottili, spruzzata di limone e succo di pompelmo. Dalla cucina arrivavano, attutiti, rumori di stoviglie, borbottio di pentole piene di verdure e bontà. Le persiane lasciavano entrare un'aria fresca del mattino e qualche raggio di un sole ancora tiepido. Nel corridoio la pendola rintoccava ogni minuto. Mila amava svegliarsi a casa della nonna, perché era una casa viva, piena di suoni, colori e profumi. La sua casa era asettica e monocromatica. Stroppiciandosi gli occhi, diede un'occhiata al cellulare per accorgersi che il suo corpo era ancora abituato alla sveglia della scuola. Erano solo le 7.15, ma tanto valeva alzarsi, sapeva che non sarebbe riuscita a prendere sonno. Mila scese in cucina, dove trovò la nonna già indaffarata e suo fratello già davanti alla tv. Diede un bacio con schiocco alla nonna che ricambiò con un sorriso ancora sdentato (la dentiera riposava in bagno, probabilmente, dentro a un bicchiere di acqua frizzante, che la teneva pulita secondo la donna). Suo fratello alzò distrattamente la mano, dopo il saluto della sorella. Era bellissimo potersi sedere con calma e gustare la colazione già pronta, scambiando quattro chiacchiere con la nonna; a casa non succedeva mai. La mamma era sempre di fretta e prendeva una tazza di caffè nero in piedi, mandando un'e-mail e parlando al cellulare con l'ufficio e papà usciva molto prima di quando loro si svegliavano. Mila doveva prepararsi qualcosa da sola e fare lo stesso per il marmocchio.
Era una strana giornata di metà giugno. Quell'anno l'estate sembrava non arrivare mai, ogni giorno una pioggia fitta inumidiva i prati e rendeva scintillante l'asfalto sulle strade. Delle nubi basse restavano in sospeso sui lunghi pomeriggi senza sole e le frequenti piogge provocavano ancora malanni di stagione. Il marmocchio c'era già ricaduto, la sua salute era davvero cagionevole e bastava un colpo di vento per fargli venire mal di gola, tosse e raffreddore. Quel giorno non c'erano programmi. Tutti i ragazzi con cui i due fratelli avevano fatto comunella erano partiti per le vacanze e non sarebbero rientrati fino alla settimana successiva. Non era giorno di mercato. Così, Mila si mise sul terrazzo della cucina, all'ombra della Passiflora della nonna, una bellissima pianta dai fiori rigogliosi e violacei, con uno dei suoi amati libri sulle ginocchia. Suo fratello era invece stravaccato sul'ottomana all'interno, dove la nonna lavorava ai ferri un filo di cotone lucido e scarlatto. Non si staccava mai da quel aggeggio, la pla-qualcosa... il dramma era che ora aveva anche la versione portatile. I loro genitori cercavano di compensare la loro assenza con generosi regali, spesso totalmente sbagliati, soprattutto nel caso di Mila. Borse e altri oggetti fashion non facevano per lei, ma sua madre sembrava non aver ancora afferrato il concetto. Il discorso non valeva certo per la nonna, che conosceva i due nipoti come le sue tasche, del resto, li aveva vresciuti lei. Infatti, quando Mila e il marmocchio erano ancora piccoli anche loro vivevano nel paesino della nonna, anche se non possedevano alcun ricordo di quel periodo. La nonna aveva raccontato a Mila che il papà non era ancora proprietario della sua azienda e il denaro scarseggiava. Dopo tanti sacrifici, però, la famiglia si era trasferita in città, un luogo più comodo per glia affari e certamente più mondano. I loro genitori non facevano che sottolineare quanto fosse stato vantaggioso il loro trasferimento: ottime scuole, riduzione degli spostamenti in auto, tempo guadagnato, maggiori opportunità erano espressioni frequenti del loro vocabolario di genitori-imprenditori. Mila non la pensava esattamente nello stesso modo, mentre suo fratello, semplicemente, non si poneva il problema. Mila era presa dalla lettura, ma cominciò a sentire qualche brivido sulla pelle, forse le maniche corte non erano adatte a quella giornata poco estiva. Entrò in casa per prendere una felpa e trovò la nonna a ravanare in un vecchio scatolone in camera sua, con il marmocchio che le ciondolava intorno, con aria di attesa. Stavano cercando una vecchia foto della nonna, di quando era soltanto una ragazza  e già era a servizio presso una famiglia facoltosa che si trasferiva in paese in villeggiatura durante l'estate. In effetti era molto strano che suo fratello si interessasse a qualcosa di diverso e che, soprattutto, non avesse a che fare con computer e videogame. Nel baule era racchiusa un'intera vita: scatole accuratamente riposte conservavano i ritagli della vita della nonna e del nonno, in altre erano custoditi i ricordi più importanti, come il cappello da alpino del nonno, il bouquet della nonna o la coperta in cui era stata avvolta la mamma appena nata. Mila adorava sedersi sul tappeto davanti al grande letto in ferro battuto a cercare in quello scatolone, quando era piccola si travestiva con le cose della nonna e si faceva fotografare in posa da modella. La nonna era seduta su un piccolo pouf rivestito di velluto color crema e ad ogni oggetto accompagnava una breve descrizione e un aneddoto legato a quelle cinafrusaglie di tanto tempo prima. I ragazzi si persero in quei racconti e ne furono così rapiti da non  accorgersi che fuori era scoppiato un forte temporale. Ad un tratto, una persiana sbattè sul serramento della finestra facendo tremare i vecchi vetri e la nonna corse a chiuderle, chiedendo ai nipoti di fare lo stesso nelle altre camere: più che un temporale sembrava un vero uragano! Dalla finestra della cucina si poteva scrutare quel finimondo. La pioggia scendeva fitta, continua e veloce, picchiettando contro i vetri fino a tramutarsi in grandi e pesanti chicchi di grandine. Sembrava avesse nevicato. Un guizzo luminoso squarciò il cielo e subito un fragoroso tuono irruppe nello scrosciare di acqua e vento. La corrente saltò all'interno della casa, così come all'esterno, dove i lampioni si erano accesi per il buio plumbeo, nonostante fossero soltanto le 17.55. La nonna accese qualche candela e invitò i nipoti a sedersi accanto a lei, per recitare una preghiera mentre si accingeva a bruciare qualche foglia di ulivo della Domenica delle Palme. Entrambi, forse perchè spaventati, ubbidirono. La preghiera fu effettivamente ascoltata, perchè il vento prese a calmarsi e anche la pioggia rallentò la sua discesa incessante, fino a smettere del tutto. La luce non tornò e i nuvoloni scuri non facevano filtrare alcun raggio di sole. La nonna riprese le sue normali attività pomeridiane, alla luce dei lumi tremolanti, sotto gli occhi vigili dei suoi nipoti. Niente corrente, niente tv e niete videogame! Il marmocchio si era dimenticato di caricarlo e il dispositivo giaceva inerte sul divano, abbandonato e stanco. La nonna propose di preparare la pasta della pizza, perchè anche se non fosse tornata la corrente, si poteva sempre far cuocere nel camino! I ragazzi si lasciarono coinvolgere dalla proposta e indossati due grembiuli a quadretti cominciarono il loro lavoro. La nonna aveva sempre tutto, nel suo frigorifero c'erano verdure, carni congelate, preparati per pasta, pizza, formaggi, dolci! La sua dispensa era sempre attrezzata per preparare qualcosa di buono e gustoso... non esattamente come i mille armadietti della cucina hi-tech di mamma e papà... un deserto. Mentre erano tutti indaffarati nella preparazione della pizza, la nonna sembrava turbata, senza il suo solito sorriso dolce e delicato stampato sulle labbra, ma con una profonda ruga sopra le sue sopracciglia ingrigite dagli anni. C'era qualcosa che non la lasciava tranquilla, ovviamente se ne accorse soltanto Mila, il marmocchio era troppo preso dalla decorazione del suo angolo di teglia. Mentre Mila e la nonna riassettavano la tavola per apparecchiare, il marmocchio si affacciò alla finestra, scoprendo i disastri provocati dal maltempo: lungo il ciglio della strada scorreva ancora una ruscello di acqua e foglie, che avevano tappato tutti i tombini; alcuni rami del viale giacevano a terra spezzati; non si vedeva nessuno in giro e il fiume gorgogliava in lontananza. Il vento doveva essere stato fortissimo. Improvvisamente tornò la luce, per lasciare la casa nel buio qualche secondo dopo. In quel momento Mila era davanti alla finestra con il fratello e osservava il lato est del gigantesco edificio che si trovava in fondo alla loro strada... si era accesa la luce in una stanza, ne era sicura. Si ritrasse indietro spaventata, senza dire una parola, mentre suo fratello aveva già sulle labbra una risata di schernimento. La nonna e la nipote si scambiarono uno sguardo intenso, ma nessuna disse nulla.

Quella sera, cenarono in cucina, anche se la nonna aveva insistito per preparare comunque la tavola nel soggiorno, dove era solita accogliere i suoi ospiti che fosse uno o dieci non faceva differenza.I due fratelli preferirono restare in cucina, dove il camino aveva creato un certo tepore, che si sentiva volentieri, visto il drastico calo di temperatura  dopo il temporale del pomeriggio. La pizza era fragrante e gustosa, tanto che si cenò in silenzio, sgranocchiando fetta dopo fetta. Il trancio del marmocchio avrebbe dovuto mantenere il suo disegno di un pallone realizzato i wurstel a rondelle, ma tutto si era squagliato, mischiandosi con la fontina filante. Era quella di Mila ad avere un disegno, che però lei non aveva previsto. La nonna, offrendole il piatto, lo ritrasse dopo averlo guardato e Mila chiedendo spiegazioni, ottenne un'altra porzione. La nonna tagliò la pasta velocemente, rovistando sulle guarnizioni con la forchetta, come se dovesse cancellare qualcosa. La sua ruga era ancora più evidente. Ormai terminata la cena, tornò finalmente la corrente, che illuminò tutta la casa, riportando un clima meno cupo e tetro. Anche l'ultimo piano del grande edificio prese a brillare, come ogni altra sera, illuminando indirittamente la vecchia e scassata insegna: "Grand Hotel".  Mila dava una mano alla nonna con i piatti e suo fratello se ne stava stravaccato sul tavolo, leggendo la sezione sportiva del quotidiano locale. Erano tutti in cucina, quando la tv nel salotto si accese nel buio della sera. Il volume assordante fece sussultare tutti e Mila tirò lo strofinaccio addosso al fratello, convinta che fosse il responsabile dello scherzo. Il canale provinciale dava un programma di storia e cultura locale e stavano mandando un servizio proprio sul paese e sul vecchio hotel. La nonna staccò la presa dell'apparecchio e propose ai nipoti di uscire per prendere un gelato o una cioccolata calda, visto il clima. Era molto turbata, ma non disse nulla. Giunti in fondo alla strada, la nonna affrettò il passo, per attraversare quella che un tempo era la piazza della stazione e raggiungere presto il ponte, che portava nel centro del piccolo paesino. In giro c'era soltato qualche faccia stanza, obbligata a uscire per le incombenze di qualche amico a quattro zampe. Un lampione del ponte era stato danneggiato dal temporale e la sua luce funzionava ad intermittenza. Sotto, le acque del fiume erano scure e il livello alto faceva quasi tremare i pilastri della struttura. Si sedettero ai tavolini del caffè sotto il portico, quello sull'angolo, sorseggiando te al bergamotto e sgranocchiando qualche bacio di dama, i preferiti di tutti in famiglia, tranne della mamma, ovviamente. Dopo aver pagato il conto, ritornarono a casa, superando l'edificio dell'hotel con lo stesso passo frettoloso, scatenando le lamentele del marmocchio. La casa era illuminata dalla luce di un lampione. Il vecchio cancello cigolò alla spinta della nonna, che osservò le foglie sparpagliate ovunque sul prato e sul vialetto. La casa era silenziosa e tranquilla, come il resto della via. La nonna viveva in una zona tranquilla, un quartiere residenziale dove il nonno, con non pochi sforzi era riuscito a comprare una grande villa. Negli anni, la coppia aveva fatto diversi sacrifici per riuscire a sistemare e mantenere la casa, ma sempre con la gioia di avere la loro dimora dei sogni. Si trattava di una villa Liberty, come molte altre in paese ed era appartenuta al custode dell'hotel, nonchè giardiniere, manutentore... e tante altre cose. Il nonno l'aveva conosciuto quando fece alcuni lavori di manutenzione al quarto piano dell'hotel, con la sua impresa e da allora restarono sempre buoni amici fino alla loro scomparsa, avvenuta esattamente lo stesso giorno, a distanza di un anno l'uno dall'altro, in situazioni pressochè simili. Quando si incontrarono, l'uomo era già molto anziano e la casa era divenuta troppo grande per lui, così aveva deciso di venderla e trasferirsi negli alloggi all'interno dell'hotel, in disuso dopo la chiusura definitiva della struttura. Nonostante l'hotel fosse chiuso, il sig. Putti continuò a dedicarsi all'attività di custode, finanziato dai vecchi proprietari, scappati chissà dove dopo il tracollo e la disgrazia... Ma quella sera non ci fu più tempo per i ricordi, il temporale aveva spazzato via quello strano e nostalgico pomeriggio ed era ormai ora di riposarsi e dormire. Dopo qualche minuto, la luce del bagno al secondo piano si spense, per lasciare spazio a quella della cameretta, che lasciò la casa nel buio dopo il rito della lettura e le preghiere della sera con la nonna.

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La parola di oggi
Cagionevole - Esile, fragile.

11.7.11

Sbirro è tornato!

Stampami e colorami! Sono Sbirro!

Come promesso alla piccola Elena, ecco un disegno del mio gattone! Divertitevi e lasciatevi trasportare dalla vostra fantasia... chissà che gattoni multicolor!

Se avete bisogno di qualche informazione più specifica su questa bellissima razza (e magari sapere dove acquistare il vostro cucciolo!) vi suggerisco il sito dell'allevamento a cui mi sono rivolta per adottare il mio Lord Byron:

www.gattibengala.it

Nella sezione cucciolate potrete vedere il mio mostricciatolo, quando era soltanto un minuscolo gattino... ora non riesco più a tenerlo in braccio o_O !

QUALCHE NOTIZIA SUL GATTO BENGALA
Il gatto Bengala è un affascinante felino ancora poco diffuso in Italia e per questo sempre guardato ad occhi sgranati da chi lo vede per la prima volta. Si tratta di un ibrido, ottenuto dall'incrocio fra un gatto domestico e un gatto leopardo asiatico. Esistono molte variazioni del suo mantello e diverse tonalità di colore, ma in tutte le varianti rimane bellissimo e selvaggio!
Personalmente posso assicurare che il Bengala sia un gatto docile, dolce e giocherellone. Il suo aspetto felino e non-domestico non corrisponde a un comportamento aggressivo o pericoloso, anzi, la sua soglia del dolore altissima lo rende tollerante ai giochi con i più piccoli. Per fare in modo che sfoghi tutte le sue energie, consiglio di comprare fin da subito un tiragraffi della grandezza adeguata (con quelli piccoli risolverete gran poco), anche se, le mie sedie possono testimoniare, potrebbe non essere sufficiente. E' un gatto attivo e ha sempre voglia di giocare, per tanto dovrete coinvolgerlo in tutto ciò che fate, anche perché dovrà venire a sbirciare e capire se possa essere d'aiuto o meno.
Non ha un mantello impegnativo, anche se pettinandolo ogni giorno vi eviterà di ritrovarvi coperti dai suoi peli, soprattutto nel periodo della muta. Inoltre, se ben curato e ben nutrito, il manto del Bengala diventerà... lucente! Ciò che più conta è che il Bengala sia soprattutto un gatto sano, per questo un amico che crescerà insieme agli altri cuccioli di casa, accompagnandoli a lungo nelle loro scoperte!
Che cosa mangia? Qui viene il bello... e il gattone non smentisce il suo nome! Il Bengala adora la carne, provvista di ossa e tutto il resto e gli fa anche molto bene come, del resto, ad ogni altro gatto! Io ho scelto un'alimentazione mista: crocchette e acqua sempre a disposizione e una volta al giorno un piattino di carne (quaglie, pollo, tacchino...), molto più economica delle più diffuse bustine di cibo umido.  Ad ogni modo, chiedete all'allevatore, saprà consigliarvi la scelta migliore!
Sul sito e navigando in rete troverete molte informazioni che sapranno soddisfare la vostra curiosità!

Infine, non pensate che abbia dimenticato il nostro appuntamento con il mistero... la prima puntata è già pronta, sto raccogliendo qualche scatto per renderla ancora più... spaventooosaa! ;)