Scrivere è sempre nascondere qualcosa, in modo che poi venga scoperto.

- Italo Calvino -

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30.7.11

L'hotel - 3. Torce e mantelle da pioggia

I titoli di coda si accompagnarono alle prime gocce di pioggia. Un venticello fresco aveva invaso il paese rubando qualche foglia verde ai rami degli alberi nel giardino della fonte. La nonna stava già estraendo dalla sua borsa l'ombrellino pieghevole per sè e uno per il nipotino e per avviarsi con lui nella pioggia sempre più fitta, disperdendosi velocemente nel buio di quella sera d'estate. Quando giunsero all'inizio della salita, videro Mila seduta sul muretto della grande fontana al centro della piazza con Chicca, la sua amica. Subito la ragazzina corse incontro ai due e con un grande sorriso smielato, chiese alla nonna il permesso di restare a dormire da Chicca. Pensando di regalare alla nipote una serata con l'amica del cuore, la nonna accodiscese senza troppe storie. Ovviamente il programma riservava delle sorprese...
Chicca chiamò a casa dal suo cellulare rivestito di swarowsky rosa e avvisò che sarebbe andata da Mila per la notte, la madre le stava chiedendo se non tornasse a prendere le sue cose, ma Chicca aveva già riattaccato e saltellava di gioia con Mila, entrambe eccitate per la loro serata da brivido. Chiaramente c'era un complice in tutta questa faccenda e si chiamava Jules per tutti, ma all'anagrafe rispondeva al nome di Giulio Riccotri, il fratello di Federica Riccotri, meglio conosciuta come Chicca. Jules aveva qualche anno in più della sorella e qualche permesso in più, anche se i loro genitori non potevano definirsi severi. Se i genitori di Mila viziavano lei e il marmocchio per il loro frequente "assenteismo", quelli dei fratelli Riccotri li viziavano e basta, senza chiedersi il perché. Erano una famiglia agiata e potevano permettersi molti sfizi, che spesso apparivano assurdi anche a Mila che, di certo, non veniva da una famiglia in miseria. Jules aveva un suo appartamento al paesino e da tempo, vi trascorreva buona parte delle vacanze estive insieme ad amici e conoscenti vari. Quella sera toccò a sua sorella e amica. Dopo la loro missione, avrebbero potuto continuare la loro avventura, come ospiti di Jules, restando alzate fino all'alba. Sapendo che i genitori di Chicca uscivano spesso fuori a bere qualcosa fino alle 23.00, le due amiche decisero di tardare la loro uscita e di attendere i momento propizio da Jules.
L'appartamento si trovava in un grazioso complesso residenziale di recente ristrutturazione, in cui il signor Riccotri aveva svolto alcuni lavori ottenendo, oltre al suo compenso, un piccolo appartamento. Si trovava dall'altra parte del fiume rispetto alla casa della nonna di Mila, sul viale degli Ippocastani. Era una casa molto particolare: travi a vista, ma iper-moderna, soppalco adibito a spazio notte. La lunga finestra del soggiorno incorniciava il vecchio hotel alla perfezione e questo si ergeva imponente, sopra i rami degli ippocastani. Il piano era il seguente:
- aspettare le 23.00, in modo che i parents fossero già rincasati;
- uscire con mantelle anti-pioggia e torcia (le mantelle erano a casa della nonna, quindi niente da fare!)
- scavalcare la recinzione del parco e avvicinarsi all'hotel;
- eventualmente trovare un via d'accesso alla struttura e finalmente... vederci chiaro!
Le due amiche stavano discutendo sul da farsi accovacciate sul lettone e Jules se ne stava sdraiato sull'altro letto, con un sottofondo di musica ambient, che non gli impedì di origliare la conversazione e incuriosirsi. Non che fosse particolarmente interessato ai giochi della sorellina, ma in quel caso riguardava il vecchio hotel e... da sempre anche lui ne era estremamente affascinato.  Interrompendo i programmi delle due adolescenti, Jules si propose di accompagnarle con un amico, offerta che fu accolta con entusiasmo, vista la fifa che le due avevano a malapena nascosto l'una all'altra. La cosa si faceva interessante. Jules si dimostrò fin da subito appassionato alla storia di Mila e raccontò qualcosa che Mila ancora non sapeva:

Il signor Putti era un vecchio prozio dei signori Riccotri. Un tipo estroso e schivo, non amava mescolarsi con i suoi compaesani, forse anche perché di origini Pavesi, non si era mai realmente integrato nella piccola comunità montana e quindi un po' chiusa. Aveva molte passioni e il giardinaggio di certo era una di queste. Proprio grazie alla sua capacità nel generare ibridi di fiori ebbe l'ingaggio al Grand Hotel, un lavoro che lo accompagnò per gran parte della sua vita. Il signor Putti non dava confidenza a nessuno, nemmeno ai colleghi o agli ospiti dell'hotel, trascorreva le sue giornate dedicandosi alla cura delle piante e alla serra, per poi ritirarsi nella sua casa, in cima alla salita di via Belvedere.
Quando l'hotel era già divenuto vetusto per la sua clientela esigente e snob, si presentò la necessità di sistemare alcune camere al quarto piano dove l'umidità aveva arrecato parecchi danni. Fu in quell'occasione che il signor Putti, per la prima volta, entrò in confidenza con qualcuno... il nonno di Mila. I due erano uomini pratici, di poche parole e profondamente innamorati della natura ancora intatta del piccolo paese di montagna. Queste poche e semplici basi comuni li resero buoni amici.
Quando l'hotel chiuse, il signor Putti cominciò a trovare inutile la sua permanenza nella grande casa in via Belvedere, anche perché il suo nuovo compito di custode lo richiamava spesso, anche alle ore più tarde, al suo lavoro, giù all'hotel. Così, confrontandosi con Piero, pattuirono la vendita della casa, ancora di proprietà della famiglia Salaroli, i vecchi gestori dell'albergo, ormai rovinati dal fallimento e straziati dal dolore per la perdita della loro cara figliola Maria. In paese si bisbigliava che fosse una ragazza lunatica, dalle strane abitudini, in realtà doveva trattarsi semplicemente di una fanciulla timida e riservata.

Le due ragazze ascoltavano da sotto la coperta e continuavano a fare domande per capire, per collegare, ma Jules, prendendosi un pochino gioco di loro, le lasciava con il fiato sospeso...

L'hotel non funzionava da tempo. Il paesino aveva perso la sua attrattività e i villeggianti erano ormai divenuti una categoria turistica superata. I ben più moderni turisti viaggiavano in aereo, verso mete lontane e più esotiche e chi desiderava un soggiorno relax alle terme, si affidava alle cure e all'ospitalità di zone più al passo con i tempi. Ben presto, furono chiuse intere ale della grande struttura, per cercare di contenere i crescenti costi e soprattutto tutelando i pochi ospiti da eventuali pareti pericolanti o soffitti sull'orlo del collasso per le gravi perdite al sistema idraulico. Un vero e proprio inferno, ben lontano dalle immagine in bianco e nero che restituivano ambienti di lusso, arredati con mobili pregiati e affollati da eleganti figure di donne agghindate a festa e uomini lustri e tirati a puntino. Nonostante i numerosi e frequenti interventi di manutenzione, le cose non miglioravano e soprattutto nulla impedì che avvenisse la tragedia... Maria, l'unica amata figlia dei signori proprietari, volendo raggiungere il salone delle feste per il grande banchetto di Capodanno dell'anno 1950 e sua effettiva entrata in società, si servì dell'ascensore dell'ala est, rovinando per più di quattro piani, nella tromba di questo. Il suo corpo esanime fu trovato proprio dal signor Putti, che mai riuscì a darsi pace per quanto accaduto, ritenendosi direttamente responsabile del mancato funzionamento della macchina. Quel tanto moderno aggeggio, che i suoi genitori avevano così insistentemente voluto all'interno del loro lussuoso albergo, aveva ammazzato la loro unica figlia e gettato l'intera famiglia nella più completa e fosca disperazione. 
Da allora tutti sostenevano che il fantasma della giovane girovagasse nelle stanze e nelle sale vuote del vecchio edificio, piangendo la perdita della sua esile vita e del suo splendido hotel. Ciò che più stupì, fu la scomparsa del Signor Putti, il quale, ormai ricoverato nell'ospizio locale, morì nelle stesse circostanze della figlia dei suoi padroni. Inspiegabilmente, anche il nonno di Mila, ormai molto anziano e con una salute ormai precaria, passò a miglior vita in condizioni simili, a un anno di distanza dall'amico, nella casa che ancora oggi abitava la sua dolce compagna. Sembrava che un lungo filo rosso attraversasse gli anni e ricollegasse una serie di fatti e... persone. 

Un brivido percorse la schiena di Mila che, gettando uno sguardo all'amica, trovò un viso impallidito, nascosto dal bordo della coperta di cotone. Paura o no, era ora di andare. Jules fece uno squillo a Balù, un ragazzotto con cui usciva in paese e che conosceva da una vita e che tanto ricordava l'orso della Disney. Balù rispose con un sms, il trillo fece trasalire Chicca che rovesciò la Coca che stava versando in una gigante tazza da tea:

"Sono qua sotto, frà."

Uscirono verso le 23.30, per essere certi che eventuali parenti non fossero in zona. Avevano una torcia ciascuno e per star più tranquilli, Balù portò anche le luci da pesca usate da suo nonno per la pesca in notturna al lago. Si avviarono lungo una brillante strada nera, illuminata dalle luci dei lampioni, deserta e fredda.

Giunti all'hotel, decisero di entrare dal retro, dal lato che costeggiava il percorso ciclabile, sarebbe stato più sicuro, nonostante fosse più pauroso... non si vedeva quasi nulla. Mila scavalcò per prima, seguita da Jules, quindi da Chicca. Balù si fece attendere un pochino, la sua stazza non gli permetteva di essere troppo agile e veloce e le due amiche ridacchiarono sotto i baffi. Il parco era buio e umido. Le esili luci dei vecchi lampioni della ex-ferrovia riuscivano a malapena ad illuminare il perimetro, più in là era il buio completo. Per non attirare l'attenzione, decisero di procedere fino all'interno senza accendere le torce. Calpestandosi a vicenda e inciampando nelle grosse radici, raggiunsero il lato dell'hotel che presentava una piccola apertura, una bocca di lupo delle cantine, da dove Balù non sarebbe mai riuscito a passare. Dovevano dividersi. Chicca, così schifiltosa, vedendo qualche ragnatela sul bordo del passaggio, lasciò proseguire Mila con il fratello e decise di aspettare con Balù, che gli altri due forzassero qualche porta o alzassero una persiana dell'ingresso. Da buon cavaliere, Jules scivolò per primo nell'angusta feritoia e fu subito ingoiato da un buio ancora più fitto di quello che già accerchiava i quattro avventurieri. Da sotto arrivò la sua voce rassicurante e un fascio di luce, smorzato dal cappellino. Mila si fece coraggio e sedendosi sul bordo, si sentì prendere da Jules e si lasciò cadere. Erano dentro. La puzza di muffa e umidità era fortissima. Un fitto strato di polvere e ragnatele rivestiva ogni cosa: vecchi tavoli accatastanti, poltroncine coperte da pesanti teli damascati, damigiane vuote, addirittura un piccolo calesse. Tutto appariva color seppia, giallastro per il cono di luce della torcia, così sottile rispetto a quell'ambiente enorme. Avanzarono nella sala, alla ricerca delle scale per accedere al piano terra. Si muovevano vicini e dopo qualche passo, Jules prese la mano di Mila. Finalmente trovarono le scale, anguste e ripide. Lo scricchiolio di un gradino fece stringere le loro mani ancora più forte. Sbucarono al piano terra, anche se il passaggio era ricoperto da un pesante arazzo, probabilmente uno dei rimasugli dellle aste che fino a qualche anno prima si tenevano all'interno dell'hotel, per sbarazzarsi della chincaglieria che era rimasta, cercando di racimolare qualche soldo. Si trovarono in un lungo e ampio corridoio, su cui si affacciavano... innumerevoli porte in vetro e legno. Puntando le torce in avanti, il riflesso sui vetri dava l'impressione che ci fosse qualcuno in quelle sale, nascoste dietro le porte. I due ragazzi procedevano lentamente, guardandosi più volte le spalle. Fuori Chicca continuava a sbuffare, chiacchierando continuamente, per riempire quel vuoto che era così spaventosamente fermo, incolore e privo di vita. Dopo qualche minuto, Jules notò che la stanza si apriva e un po' di luce filtrava dall'alto, attraverso alcune vetrate, su cui ancora era leggibile l'insegna del vecchio hotel. Erano nel salone di ingresso. Un immenso scalone in marmo bianco si ergeva alle loro spalle, intrecciandosi in due imponenti rampe di scale, che continuavano a salire verso i piani più alti, dove risiedevano i proprietari. Jules cercò di sollevare una delle tapparelle, ma dopo qualche centimetro, la vecchia corda si sfilacciò facendo ricadere con un pesante tonfo la tapparella. Balù sobbalzò, risvegliandosi dal torpore in cui era caduto con le chiacchiere di Chicca. Corsero entrambi in direzione del rumore e sentirono che gli amici si trovavano dall'altra parte della finestra. Balù recuperò una sedia in ferro dalla veranda, mentre Jules tentò la fortuna con la tapparella di fianco alla prima. Una volta che fu sollevata di mezzo metro, Balù piazzò sotto la sedia, così da garantirsi una via di fuga, quando sarebbero usciti.
Si trovavano al centro dell'hotel, sopra di loro un grande, grandissimo lampadario in ferro battuto ricadeva dal soffitto. Un tempo doveva essere stato un luogo... maestoso. Il solo lampadario non sarebbe entrato nell'appartamento di Jules! Davanti a loro, la serie di gradini bianchi. Decisero di portarsi nell'ala est, dovevano trovare l'ascensore.


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La parola di oggi:

Vetusto - Vecchio, antico, superato, datato.

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