Scrivere è sempre nascondere qualcosa, in modo che poi venga scoperto.

- Italo Calvino -

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17.3.11

Buon compleanno...

La notte e il suo manto nero erano scesi già da qualche ora sulla città. I palazzi imponenti se ne stavano al loro posto, fissando dall'alto le strade, le piazze e i vagabondi in cerca di riparo dal gelo di fine inverno. Una pioggerella fitta e sottile batteva sui tetti delle case, tintinnava sui vetri delle finestre e faceva luccicare l'asfalto dei viali. La luna e le sue stelle, quella notte, se ne erano andate altrove, su e ancora più su, sopra le nuvole scure. Qualche colombo si rintanava sui cornicioni, speluccando le briciole di Piazza Duomo, controllando guardinghi i propri compagni. Nessun rumore, solo qualche risata in lontananza, forse da Brera e dai suoi caffè e i cartomanti misteriosi. La notte.
Beppe dorme nella sua stanza. Le persiane sono socchiuse e tracciano linee oblique sul parquet di rovere chiaro. I giocattoli riposano nei grandi contenitori in plastica trasparente dell'Ikea, con i loro occhi neri sbarrati sul mondo. Ad un tratto un colpo di vento muove la persiana e la luce del lampione raggiunge il viso addormentato di Beppe. Un sussulto e il bimbo si sveglia impaurito, restando seduto nel buio. Stroppicciando gli occhietti verdi, sbadiglia ancora assonnato e abituando gli occhi al nero della notte, comincia a scorgere qualcosa attorno a lui. Sotto ai suoi piedini avvolti dalle babucce della Disney, sente un freddo insolito, pungente e intenso. Davanti a lui, un grande tubo colorato si infila nel pavimento e... risbuca sotto di lui. Senza ancora capire, Beppe è a cavalcioni sopra il grande filo metallico, che tumultuoso si libera del suo grande ago e comincia a correre nell'aria fredda e umida della notte. Incredulo e muto, Beppe non sa che fare. Il filo si alza e corre sempre più veloce: attraversa tutto il parco e gira attorno alla Torre, sopra il Castello fino al Teatro. Sopra la piazza, dove si ferma e Beppe saluta il grande Maestro, che... risponde al saluto inclinando il capo. Gli occhi di Beppe sono sgranati sulla statua, ma ecco che il filo riprende vita e corre ancora sopra la città. Il Duomo, le guglie, la piccola Madonnina e via nel vento. E' troppo veloce e gli occhi di Beppe si stringono in una piccola lacrima, che con un rintocco cade sopra il grande cimitero addormentato. Beppe sente un po' di calore, riapre i suoi occhi e vede un grande pegaso, immobile davanti a lui. Beppe guarda in basso e vede la grande piazza del Duca, con spavento abbraccia il pegaso, che strizzando uno dei suoi occhi freddi, prende il volo, sfrecciando all'interno della grande stazione. Dentro tutto tace, ma d'improvviso si alza il canto tricolore di un uomo con le guance arrossate da un buon vinello. Beppe sorride e canticchia senza voce il canto maestoso, imparato a scuola per Storia. Il pegaso scompare e il bimbo si trova seduto sopra una delle immense porte della stazione. Da lontano un grande trambusto, arrivano i treni? Dai binari si scorge qualcosa con i primi spiragli di sole. Nel chiarore di un'alba fragile e gelata, uno stuoio di mille suonatori intonano il grande inno, che da un eco lontano si fa un rombo sicuro, tonante e preciso. La stazione si riempie di note, colori e bandiere. Beppe vede tutta la scuola, la gente, i compagni e pendolari. Tutti cantano in coro e chiudono gli occhi in un sogno, che oggi si chiama Italia...

2 commenti:

Gabriel ha detto...

Buona storia! E 'chiaro che hai letto molto e si dispone di una fantasia incredibile.
Non è facile scrivere per i bambini, ma è facile quando si tiene il bambino dentro di voi.
Saluti!

Unknown ha detto...

Gracias Gabriel, después de haber conocido a su amor por la "belleza" en el arte, la música y la literatura me hace sentir muy orgullosa de tu comentario!
Nos vemos pronto!