Scrivere è sempre nascondere qualcosa, in modo che poi venga scoperto.

- Italo Calvino -

Pagine

25.4.11

Il suono della pace

C'era una volta una città guerriera, in cui gli abitanti continuavano a combattere. Non c'era bisogno di un vero e fondato motivo, la guerra contro i paesi confinanti o contro quelli molto lontani, era da fare, era da portare avanti ed era da vincere.
Nessuno degli abitanti della città guerriera aveva una casa, perché sapeva che presto o tardi, questa sarebbe stata distrutta dai fuochi di qualche battaglia. Nessuna scuola esisteva nella città guerriera, nessun campo, nessuna strada. C'erano soltanto rovine, macerie di una città vecchia, passata, di cui non restava quasi più traccia. Il fumo dei cannoni e degli spari restava per giorni nella città guerriera, oscurando i raggi del tiepido sole che cercava di fare capolino sui monti. Non c'era musica, perché nessuno aveva voglia di ballare, cantare o semplicemente ascoltare. Le orecchie fischiavano anche nel sonno, perché il rumore assordante della guerra lasciava nell'aria il suo frastuono, cancellando anche il silenzio della placida notte.
Se vi state chiedendo se ci fossero bambini nella città guerriera, la risposta è sì. Purtroppo sì. Nella città guerriera c'erano ancora tanti bambini, quante le dita di una mano. Piccoli, sporchi e poveri si nascondevano sulla collina Miravalle, un luogo appartato, lontano dai campi di battaglia e dalle brutte e orribili scene dei grandi. Soltanto uno dei grande aveva deciso di stare con loro, perché lui la guerra proprio non la capiva. Così, il piccolo gruppo di pace viveva ai margini di quella città guerriera, cercando la serena tranquillità del bosco e della natura.
Non era facile però. Il rombo dei missili troncava qualsiasi dialogo o canto, il bagliore delle bombe rompeva il buio del riposo e il dolore per i propri cari non dava tregua ai piccoli bambini e al loro custode. Un giorno, Antonio, il custode dei cinque bambini, decise che così non si poteva continuare. Lo decise in un pomeriggio di fumo, grigio di polvere e spari, pieno di boati spaventosi e pianto di bambini. Basta a quelle atrocità, basta a quel continuo guerreggiare. Antonio stette sveglio tutta la notte a pensare, il suo pensiero continuò a lavorare instancabilmente, le sue mani disegnarono, scrissero e appallottolarono quelle bozze di idee, fino a quando, d'improvviso, il suo pensare raggiunse l'idea giusta. Antonio svegliò tutti i bambini, li fece vestire e li preparò per mettersi in cammino. Nel cuore della notte, al lampeggiare degli spari, i cinque bambini, cinque asinelli e Antonio loro custode si misero in cammino, nel freddo del bosco e degli sbadigli, ma riscaldati da un piccola e forte speranza, riposta nel cuore.
Giunti a valle, i piccoli portatori di pace disciolsero il loro gruppo e raggiunsero gli angoli della loro città guerriera, dove erano appostati gli eserciti nemici. Antonio s'incamminò invece nel cuore della città, alla ricerca del campo dei soldati della sua città. Come prestabilito, ognuno avrebbe sottratto uno dei cannoni, con l'aiuto dei piccoli asini grigi. Nel rimbombo degli scoppi, i bambini e il loro custode agirono indisturbati, rincontrandosi un'ora dopo all'inizio della mulattiera che li avrebbe ricondotti alla loro collina. I primi, timidi, sorridi sbocciarono su quei visini impauriti. Non era ancora finita. A passo svelto, presero il sentiero e camminando uno dopo l'altro trascinarono i pesanti cannoni fino a colle Miravalle, dove il fuoco li avrebbe fusi in un unico, potente strumento di pace. Lavorarono con impegno a lungo, riscaldati dal fuoco e dal loro grande desiderio. Ogni ora il metallo si faceva più denso, fino a divenire un liquido incandescente nel freddo di quella notte di primavera. Antonio raccolse tutto il metallo fuso in un grande stampo e i bambini, dopo aver gettato nello stampo cinque bellissimi fiori di campo, si addormentarono esausti. Quando ancora tutti i bambini e i loro asini grigi dormivano, Antonio controllò il loro operato e scoprì che fu cosa buona e ben fatta. Il metallo guerriero dei cannoni era stato sciolto e purificato per creare uno strumento in grado di sconfiggere tutte le armi della città: una bellissima campana magica, che avrebbe dovuto diffondere la pace ad ogni suo rintocco. E così fu.
La grande campana fu forgiata in quella stessa notte e al successivo albeggiare, fu posta sull'estremità del colle, dove s'imponeva maestosa sulla città guerriera. I cinque bambini e il loro custode si riunirono intorno alla grande campana, chiedendo che il suo rintocco divenisse strumento di pace, in grado di porre fine agli orrori della guerra. Le preghiere dei piccoli e di Antonio si raccolsero sotto la campana, rilasciando una forte energia.
Al tramonto, i piccoli asini grigi misero in moto il meccanismo della campana. Lentamente, il suo ondeggiare provocò il primo maestoso rintocco: dooooOOOOoooOOONNN! I bambini sorrisero, piansero e si abbracciarono in un grande girotondo e arrivò il secondo rintocco: dooooOOOOoooOOONNN! Ad ogni rintocco, si spegnevano i fuochi nella città guerriera, perché le armi si dissolvevano nel suono ritmato della grande campana: dooooOOOOoooOOONNN! La campana aveva ascoltato le loro preghiere, perché la città era ormai visibile e il fumo grigio degli spari già lontano nel vento della sera. Dopo l'ultimo rintocco, il piccolo gruppo scese nuovamente lungo il sentiero e raggiunse la città. C'era ancora tanto dolore, ma le battaglie, le armi e la polvere non esistevano più. Tutti gli accampamenti nemici si erano messi in viaggio, liberando gli antichi campi di frumento, di avena e di mais. Le donne facevano capolino fra le macerie e i soldati facevano ritorno alle loro case.
Da quella sera, ogni rintocco della grande campana portò nella città fiori, scuole, nuove case, ponti e strade, ma soprattutto la pace nel cuore di tutti i suoi abitanti.

Nessun commento: